Le due comete di nome Matteo: un libro sul potere politico e le sue illusioni

Pietrangelo Buttafuoco

Renzi, Salvini, Draghi: Annalisa Chirico mappa i leader italiani in “Stelle cadenti, perché i leader di oggi sono meteore”

Tante sono le stelle che stanno a guardare – e ad attendere – nel firmamento della politica politicante. Ma sono comete o sono meteore? Annalisa Chirico – una star che si aggiudica nel dibattito il ruolo di stella fissa – ha scritto per Piemme un saggio il cui titolo è già un editoriale sul perché del transeunte nei processi di decisione. Appunto, il tutto scorre dell’agorà: “Stelle cadenti, perché i leader di oggi sono meteore”.

 

Viviamo in una democrazia istantanea in cui il leader si comporta come una pop star, di lui vediamo come mangia, come dorme, con chi si bacia e se da un lato questo sbraco è positivo – avvicina i leader, lo rende intimo ai suoi seguaci che diventano follower – dall’altra parte è negativo, perché i politici diventano controllabili. E vulnerabili. Basta una foto sbagliata, una parolina fuori luogo e ogni inciampo diventa una letale buccia di banana.

 

Hyper Leader sono i capi delle tribù politiche contemporanee, destinatari di un’istantaneità usa e getta, pronti e cotti da mangiare sul momento. Di ogni leader descritto nel libro, Chirico individua il momento di caduta. Nella parabola di ognuno di questi c’è l’avvio verso la discesa: per Bettino Craxi, per esempio, comincia quando invita a non votare per il referendum sull’uninominale. Il momento d’inciampo Chirico lo scorge in Matteo Renzi, in Luigi Di Maio e nel M5s. Il Movimento fondato da Beppe Grillo è il bersaglio principale dell’autrice – che i lettori conoscono bene – e poiché il linguaggio giammai è innocente quel “cadere delle stelle” del titolo ne coglie perfettamente, come concetto e come contesto, il declino.

  

L’argomento forte è quello del ricatto eretto a metodo di gestione interna ed esterna delle cose, come una specificità nel caso del grillismo, un metodo ordinario di gestione dei conflitti interni ed esterni. Di Renzi se ne parla come di un demolition man. Ed è, infatti, un Re Mida che non fa oro di ogni cosa che tocca, bensì macerie. Sull’altro Matteo, invece, il Salvini 2.0, Chirico che si adopera “chirichizzandolo” – lo tiene sotto tutela – ne elenca i cambiamenti da lei più attesi: la svolta sull’euro, ormai una valuta irrinunciabile, quindi i rapporti con l’Europa “che ascrivo anche ai miei consigli”, ci dice, e poi ancora avere raffreddato i rapporti con la Russia, scaldato vieppiù l’atlantismo e, infine, il rapporto con Israele il cui acme è stato il convegno di Firenze con l’ambasciatore di Tel Aviv, con Marco Carrai ospite, e lei stessa a far da madrina.

 

L’altro punto complicato della leadership di Salvini, sebbene nel suo step 2.0, è il tentativo di riaccreditamento presso le gerarchie ecclesiastiche. Chirico è una domina severissima, la famosa citofonata di Bologna l’ha criticata duramente e la sua tesi è presto detta: l’Italia è il paese del ceto medio e Salvini – dopo il völkisch anti Ue – una volta averlo conquistato, deve fare il passo ulteriore, possibilmente in giacca e cravatta (e non più con la felpa).

 

La popolazione è delusa da questa Europa, e se le élite chiamano populiste tutte le politiche che a loro non piacciono – marchiando con spregio ciò che a loro non piace, ma che ha il sostegno popolare – l’opposizione a essa a maggior ragione deve essere fatta dal di dentro, giammai restandosene fuori, come ad abbaiare alla luna. L’Europa, che non è più quella dei Trattati di Roma, è diventata una enorme macchina burocratica. Doveva federare i cuori e ha federato solo i portafogli. La critica a Bruxelles è sacrosanta, ma Chirico prende le distanze dalle facili bucce di banana “da No euro” e fa sentire a Salvini il suo totale disaccordo, sintonizzandosi piuttosto “con i consigli saggi di Giancarlo Giorgetti”.

 

C’è una parte, anche all’interno della Lega e del centrodestra in genere, che esalta Mario Draghi. È l’uomo che ha salvato l’euro e, siccome nello schema chiricheo in politica servono le leadership politiche, Draghi – che pure è Draghi – manca di “politicità”. Ma in politica si deve credere in qualcosa per saperlo trasformare in azione. Nell’armonia delle stelle fisse, Draghi è comunque un buon esempio di un uomo che crede in qualcosa. L’importanza di una leadership, nel ragionamento tutto machiavellico di Chirico, s’invera nella capacità di credere certamente in qualcosa, ma anche nell’avere la competenza per realizzarla. Mario Draghi è la perfetta alchimia, per Annalisa Chirico, di questo salto della “politicità”, anzi, di questo scavalco. Come Christine Lagarde, una protagonista che sa gestire il potere perché sa dominare i sistemi. Lo fa da anni e lo fa con grandi risultati.

 

La meteora può dunque diventare cometa, stella fissa, padrona del firmamento. Salvini, allora, nello schema di Chirico ha già un’orbita di governo se ha voluto Giorgetti responsabile agli Esteri della Lega: “Se no sembra che stia lì per chissà quale motivo; Giorgetti – dice ancora Chirico – è una risorsa importante, lo ha eletto a suo Rasputin, e io condivido molto questa impostazione di Matteo che sa scegliere le persone da cui farsi consigliare”.

 

Ma c’è sempre l’Hyper a far capolino nell’istinto del Leader. Quando gli partono gli urti nelle dirette Facebook, spiega Chirico, è nella versione comiziante, ed è quando non si frena nei comizi che le sue parole sono fraintendibili. Come quando cita il pescatore di Bagnara Calabra, uno che ha solo Salvini ad ascoltarlo, ma la stampa politicamente corretta e antisalviniana travisa agevolmente e intenzionalmente sia lui sia il pescatore di Bagnara Calabra. Incartare nell’esorcismo, farne manipolazione mediatica, è gioco assai facile.

 

Difficile piuttosto è restituire al ceto medio un approdo politico. Nell’èra dell’istantaneo in politica, seguendo il codice chiricheo, spetta alla Lega questo compito. Lo sanno bene i due Fontana e i Luca Zaia, i Riccardo Molinari e i Massimiliano Romeo, i Raffaele Volpi – oggi al Copasir – e ovviamente i Giorgetti. La Lega ha solo un orizzonte per evitare l’inciampo verso la discesa: diventare la nuova Dc: “Più rock, ma pur sempre – dice – un partito pigliatutto, votato al buonsenso”. E’ un partito che prende il 30 per cento e Salvini deve sentire la responsabilità dei voti che raccoglie, altrimenti resta inconsistente, senza il potere di incidere, impossibilitato a trasformare il suo enorme consenso in azione di governo.

 

Personalmente offro – a proposito del rapporto Chirico/Salvini – il “modello Sarfatti”, nel senso di Margherita Sarfatti, l’autrice del celeberrimo “Dux”. Senza ovviamente le implicazioni sentimentali che vi furono tra Benito Mussolini e Sarfatti, il rapporto Annalisa/Matteo è un tema ben curioso proprio per spiegare i codici dell’Hyper-leader.

 

I lettori di questo giornale sono ben spiritosi: si erano fatte strane allusioni, all’inizio – anche perché non si capiva bene come la Chirico, che veniva da tutt’altra storia, con altri rapporti e altri giri, potesse appassionarsi a Salvini – ma non tutti gli amori si possono vivere come uno vorrebbe viverli. Viviamo in un sistema di relazioni complesse. Talvolta ci sono dei ruoli che rendono incompatibili certe unioni e se ci fosse una Camille Paglia in Italia potrebbe spiegare questo irresistibile sex appeal tutto di politica in cui, nel rispetto dei ruoli – la carriera di lei, quella di lui, gli amori che sono tanti, vari, e poi tutte le loro cose – in un modo tutto particolare, quest’alchimia del pop è pur sempre una love story.

  

Ne sa più del diavolo, lei. E il diavolo, si sa, vota per Annalisa.

Di più su questi argomenti:
  • Pietrangelo Buttafuoco
  • Nato a Catania – originario di Leonforte e di Nissoria – è di Agira. Scrive per il Foglio.