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Il patto per le riforme di Renzi tenta sia Forza Italia sia la Lega

Valerio Valentini

Per Denis Verdini l’intesa tra i due mattei è cosa fatta. I consigli a Salvini e le reazioni nella destra

Roma. A sentire Denis Verdini, l’intesa tra i due mattei è cosa fatta. “Ma certo che Salvini ci starà, lo stiamo convincendo che per lui restare tre anni all’opposizione è una sciocchezza”. Così il principe dei pontieri, lui che i “responsabili” se li è inventati, ammoniva martedì sera, in una cena nel centro di Roma, alcuni esponenti del Pd. “Anzi – proseguiva, con quel certo gusto, tutto toscano, per le provocazioni – a un certo punto Salvini proporrà perfino a Renzi di fare il premier: e allora voglio vedere come farete, voi del Pd, a dire no”. Scenari, per ora. Delineati da chi, però, con un Matteo, il leghista, si confronta assai spesso, e con l’altro ci ha parlato proprio ieri mattina, nel giorno del grande azzardo nello studio di “Porta a porta”.

 

Di certo c’è che, nella Lega, il gancio lanciato da Renzi viene visto, sia pure con tutte le prudenze del capo, come una tentazione. Giancarlo Giorgetti s’è perfino stancato di spiegare a Salvini perché relegarsi all’opposizione fino al 2023 (“Tanto a votare, prima, non si va”) sarebbe un suicidio. “Io sono uno che rispetta gli ordini del capo, e al massimo ogni tanto provo a dare qualche suggerimento”, sbuffava con malcelata stizza ieri, attraversando il Transatlantico, se gli si chiedeva un commento. E il capo, nella fattispecie, non ha deciso. “Ma neppure ha escluso”, dice chi ci ha parlato. E non a caso, coi suoi fedelissimi, Salvini ha mostrato una certa insofferenza nei confronti della presunta fermezza di Giorgia Meloni, che ai primi accenni di tentennamento di Salvini verso un coinvolgimento in un eventuale governissimo ha subito avviato un cannoneggiamento preventivo. Respingendo al mittente, peraltro, gli inviti alla moderazione che lo stesso Giorgetti, in un’ambasciata di qualche giorno fa, le ha offerto. “Ma ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio”, hanno sentito sibilare Salvini, il quale se lo ricorda quel pomeriggio di fine maggio del 2018 in cui la leader di Fratelli d’Italia, insieme al suo pretoriano Ignazio La Russa, andò a contrattare un’eventuale ingresso nel governo gialloverde, richiedendo per sé – dicono i leghisti – il ministero della Difesa. Sfoghi, quelli del leader del Carroccio, che sembrano quasi il preludio a una svolta, il ragionamento di chi prova a preparare il campo per un’eventuale apertura a Renzi. “A una sola condizione, potremmo valutarla”, precisa il capogruppo Riccardo Molinari. “In un ipotetico accordo di larghe intese, deve esserci scritta a chiare lettere la data per le nuove elezioni, e deve essere una data prossima”. Difficile, certo. Ma comunque nell’accordo Renzi mette riforme costituzionali – su tutte: l’elezione diretta del premier – che al centrodestra suonano gradite.

 

“Renzi sposa delle storiche battaglie di Forza Italia”, dice infatti Maria Stella Gelmini. Senza contare che poi, oltre a ciò che si vede, Renzi mette sul piatto anche altre offerte: e non a caso sul tavolo di Palazzo Chigi, nelle scorse ore, Italia viva ha lasciato piovere, per il ruolo di ad di Leonardo, un nome (interno all’azienda) assai gradito ai leghisti. Coincidenze, forse. Ma sta di fatto che nel mondo del Carroccio, l’idea di un governissimo continua a sollecitare istinti e suggestioni. “Sarebbe un’iniziativa sul modello della grande coalizione tedesca”, ragiona l’ex ministra Erika Stefani, “e un passo avanti nel senso della responsabilità per tutte le forze politiche”. Edoardo Rixi, pur dubbioso sull’affidabilità di Renzi, non si sottrae: “Anche per me, come per Giorgetti, bisognerebbe tentarla questa strada. Ma se prima Iv non dà un segnale inequivocabile sulla sua intenzione di far cadere questo governo, non possiamo certo muoverci”.

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