Nuovi campioni del no
L’ambientalismo può emanciparsi dall’immobilismo solo archiviando per sempre la stagione dei comitati
Pizzarotti, sindaco di Parma, fu espulso dai Cinque stelle fondamentalmente per non essersi opposto alla realizzazione di un inceneritore. La Raggi è in questi giorni sull’orlo del baratro con praticamente tutti i consiglieri del suo gruppo che votano con le opposizioni contro di lei e la necessaria discarica a Roma. Il principio di realtà talvolta si prende delle belle rivincite e chi è andato predicando per anni contro ogni impianto per qualsiasi forma di trattamento dei rifiuti oggi, come scritto ieri dal Foglio, deve fare i conti con alcune leggi fisiche che faceva finta di ignorare. Ma questa storia purtroppo non riguarda solo i Cinque stelle. La cosiddetta sindrome Nimby (non nel mio giardino) viene di solito trattata come un particolare fenomeno sociologico. Ma è diventata invece una vera emergenza nazionale. Non c’è praticamente nessuna tipologia di opera o di impianto che non trovi l’opposizione di comitati di vario tipo. I Cinque stelle ovviamente ci sono sempre. D’altra parte se si verificano i curricula degli eletti di questo movimento si vedrà che la larghissima maggioranza di loro ha conquistato i suoi 15 minuti di visibilità mettendosi alla testa di qualcuno di questi comitati. Ma purtroppo ci sono anche altri casi. Associazioni ambientaliste che hanno completamente abdicato alla loro tradizione per trasformarsi in gruppuscoli rissosi (Italia Nostra in particolare), sopravvissuti dell’estrema sinistra, bottegai trasformatisi in evangelisti della sostenibilità, teorici del fatto che l’Italia potrebbe campare solo di turismo, cucina e agricoltura, sociologi del diritto all’ozio o meglio del non fare niente di faticoso. Ma anche politici di ogni colore alla ricerca di una facile popolarità.
Ma la cosa interessante è un altra. L’Italia partecipa entusiasta al Green New Deal europeo. Si è dotata di una strategia energetica ambiziosissima, per altro licenziata da Di Maio durante il suo ministero. Ogni tre minuti un esponente politico soprattutto dell’area giallorossa cita l’economia circolare come il mantra risolutivo di ogni problema. Ecco. Tutte queste cose bellissime esigono la realizzazione di nuovi impianti. In campo energetico si tratta per esempio di realizzare 40/ 50 mila megawatt di nuova potenza solare, eolica, geotermica e alcune decine di impianti per la produzione di biogas da rifiuti o da scarti agricoli. Ma non c’è praticamente impianto, anche quello realizzato con le migliori tecnologie, che non sia contestato. Tanto una scusa si trova sempre. Le falde acquifere sono sempre lì, pronte a essere inquinate. Qualche volatile che corre il rischio di essere abbagliato dai riflessi di un pannello solare o triturato da una pala eolica si trova sempre. Poi c’è il rischio sismico buono per tutti gli usi e l’inquinamento acustico che dà fastidio a chi dorme con le finestre aperte. Qualche Sovrintendenza è riuscita a scrivere che l’impianto in questione, qualsiasi esso sia, “modifica il paesaggio” (ancora non si è trovato il modo di fare impianti invisibili) e una di esse ha dato parere negativo perché l’opera in discussione era situata in una zona argillosa e l’argilla era il materiale da cui Dio aveva creato l’uomo. Giuro, è vero.
Altro che ambientalista collettivo. Ormai siamo ben oltre. Francesco Ferrante, ambientalista storico e piuttosto deciso, scrive che ormai ci troviamo di fronte a degli “annientalisti” che non sanno nemmeno riconoscere la necessità di realizzare ciò che loro stessi hanno richiesto. Ma purtroppo anche quando, è il caso di Legambiente, si cerca un filo di razionalità, esso viene poi travolto dalla pressione dei gruppi locali, che non hanno mai il coraggio di una distinzione netta dalla vulgata dell’“ambientalista collettivo”. La verità è che tutto questo non c’entra un bel niente con l’ambientalismo e le sue ragioni. E’ anzi l’esatto contrario. Sono solo gruppi alla ricerca dì visibilità, spesso animati da un egoismo conservatore che aborre ogni novità. E a cui la politica si piega prigioniera di pochi voti. Altro che Green New Deal e fanfaluche varie. Solo opportunismo dannoso oltre ogni limite, blocco di investimenti necessari come il pane, perdita di posti di lavoro. Accompagnati da una narrazione primitiva, che odia tecnologie e sviluppo. Eppure… esistono anche sindaci e uomini politici che hanno il coraggio di andare avanti e realizzare ciò che serve alla loro comunità e al paese. E quando lo fanno vedono apprezzato il loro coraggio e i benefici che ne derivano. Pochi, ma esistono. E vanno incoraggiati in ogni modo.
La prossima Commissione