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Perché il M5s è la vera anomalia del nostro sgangherato sistema politico

Paolo Cirino Pomicino

Prima espulsioni di parlamentari poi la fuga continua di deputati e senatori sono la cifra della fragilità di un movimento nato con un vaffa e continuato con intimidazioni e politiche che hanno danneggiato il paese

Al direttore - Ieri destabilizzava il governo rincorrendo Salvini, oggi vuole blindare il governo, domani chissà. Luigi Di Maio e il suo Movimento ricordano per certi aspetti il vecchio Pci, naturalmente in modo incolto e pressapochista. Il vecchio Pci non tollerava nessuno alla sua sinistra e oggi i grillini impazziscono se qualcuno fa opposizione più di loro, dimenticando che da un anno e mezzo sono al governo. Però, mentre il Pci dall’opposizione concorreva alla stabilità del sistema politico, i Cinque stelle sono la vera anomalia dell’attuale sgangherato sistema politico-istituzionale. Prima espulsioni di parlamentari poi la fuga continua di deputati e senatori sono la cifra della fragilità di un movimento nato con un vaffa e continuato con intimidazioni, inasprimenti di pene, sogni di processi infiniti, continue commissioni di inchiesta sulle banche invece di organizzarle per il meglio vista la sua centralità nella vita economica e via di questo passo. Intanto il paese va alla deriva. In questo quadro però le responsabilità sono più generali, perché prima la Lega e poi il Pd non hanno avuto la capacità di contrastare certe scorribande politiche.

   

Poco più di un anno fa dal balcone di Palazzo Chigi ci fu l’annuncio dell’abolizione della povertà, e a distanza di un anno la povertà assoluta è aumentata, ma a essa si è aggiunta anche la povertà di chi un lavoro lo ha. Nel Mezzogiorno addirittura un quarto degli occupati è a rischio di povertà così come, in maniera minore, questa povertà spunta anche nel centro-nord. Insomma l’Italia non cresce da 25 anni e i salari non possono che essere compressi. Il pil nel 2018 è passato dall’1,7 per cento allo 0,9 per cento e nel 2019 siamo forse allo 0,2, mentre nel prossimo anno il governo spera, esultate, di portarci alla crescita dello 0,6 per cento. Che altro deve accadere perché maggioranza e opposizione affrontino questo tema centrale della vita del paese? E’ mai possibile che lo scontro durante i lavori della Finanziaria si siano concentrati su questioni minime sul piano finanziario senza affrontare per nulla la grande questione della crescita economica e della produttività del lavoro, del degrado infrastrutturale e del dissesto idrogeologico, delle complicazioni del sistema fiscale, pensando invece che con l’inasprimento delle pene e le relative minacce si possa combattere la grande evasione. La fatturazione elettronica ha dimostrato che il metodo più efficace contro l’evasione fiscale sono le modifiche ordinamentali accoppiando tra loro semplicità procedurali, controlli digitali e riduzioni, ancorché minime, della pressione fiscale. Spesso ci domandiamo come mai queste grandi questioni non trovano posto nell’agenda politica di maggioranza e opposizione, che si limitano più a descrivere i problemi che a proporre soluzioni. Rimaniamo senza risposte così come restiamo senza risposte dinanzi al silenzio politico sulle grandi sfide internazionali.
Una globalizzazione anarchica che va governata e non contrastata, il capitalismo finanziario che richiederebbe una revisione profonda della disciplina dei mercati finanziari, e infine la vitale questione ambientale, che richiederebbe investimenti e di incentivi. Nulla di tutto questo, e meno che meno delle grandi vicende geopolitiche che interessano moltissimo il nostro Mediterraneo, sembra interessare larga parte del nostro sistema politico. L’anno che si chiude ci lascia un bagaglio di delusioni e di degrado economico e politico. Molti, osservando le piazze delle sardine, hanno chiesto quali fossero le loro proposte. Codini! Come non hanno capito che quelle piazze chiedono una sola grande cosa, una politica di qualità capace di guidare la società e non di inseguirla scimmiottandola. E chiudiamo come abbiamo cominciato, ricordando che di Maio ha più volte ripetuto che il partito di maggioranza oggi in Parlamento, e cioè il suo movimento, non è né di sinistra né di destra. Mai come questa volta il capo politico ha ragione, il nulla non può essere identificato perché diversamente non sarebbe più se stesso. Ma quel “nulla” sta contagiando l’intero parlamento e con esso larga parte del paese.

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