Matteo Renzi (foto LaPresse)

L'inchiesta su Open tra teoremi e antipolitica

L'indagine della procura di Firenze, Renzi e la suggestione di criminalizzare i finanziamenti alla politica

Fa una certa impressione la dimensione assunta dall’operazione Open, cioè l’indagine sulla fondazione che aveva finanziato le attività politiche di Matteo Renzi, che ha portato a una gragnuola di perquisizioni tra i finanziatori della fondazione. Avviata dalla procura di Firenze, l’inchiesta ha contorni piuttosto generici, con alcuni aspetti, come l’accusa di essere una “articolazione di un partito politico”, che con difficoltà si possono identificare con un reato specifico. I reati su cui si indaga, “riciclaggio, autoriciclaggio, appropriazione indebita aggravata, false comunicazioni sociali” derivano, a quanto pare, proprio dalla caratteristica della fondazione considerata in sé illecita in quanto articolazione di una formazione politica. Se si aggiungono le “operazioni dissimulatorie” che avrebbe commesso la società Toto Costruzioni Generali, il quadro diventa ancora più confuso. Quando (e se) si arriverà a un dibattimento processuale molte di queste nebbie si saranno diradate e si capirà meglio se si è di fronte a una specie di partito occulto legato a finanziamenti frutto di affari discutibili, come sembra ritenere la procura, o a una fondazione con finalità di sostegno politico, che ha ottenuto finanziamenti proprio a questo scopo, ovviamente lecito. 

 

Come sempre, quando un’inchiesta riguarda soggetti politici, si creano tifoserie e si moltiplicano le strumentalizzazioni, come quella che ha indotto Luigi Di Maio a chiedere una commissione di indagine sui finanziamenti ai partiti, tanto per creare un’altra sede di propaganda antipolitica proprio nel cuore istituzionale della politica. Al di là dei giudizi, per ora prematuri, sulla fondatezza dell’inchiesta, di cui giudicherà un tribunale, si può osservare che il confine tra un partito, una corrente e una fondazione esplicitamente volta a favorirne le attività pubbliche, come nel caso specifico i raduni della Leopolda, non può essere stabilito in modo formalistico. La legge sulle fondazioni ha carattere generale e non permette di cogliere distinzioni e sfumature piuttosto sottili. Questo lascia uno spazio assai esteso all’interpretazione degli uffici giudiziari, il che è inevitabile, ma al tempo stesso investe questi uffici di una particolare responsabilità. Indagare in campi così delicati – e dalla giurisprudenza tanto incerta – dovrebbe portare a un plus di cautela per evitare generalizzazioni che finiscono col dare all’inchiesta un significato o addirittura un contenuto politico. E’ su questa cautela che si può sommessamente dubitare: se si troveranno le prove della presunta macchinazione saranno queste a parlare, se non si troveranno o se non saranno solide, il teorema apparirà indimostrabile. Mentre è ovvio che la procura abbia il diritto e dovere di cercare le prove, è meno convincente che anticipi i lineamenti di una teoria, quella dell’articolazione occulta di un partito, che per ora risulta più una suggestione che una conseguenza degli indizi raccolti.

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