La sede del Pd al Nazareno (foto LaPresse)

Dopo il Nazareno, il Pd cerca una nuova casa (non in periferia)

David Allegranti

Il tesoriere Luigi Zanda: “Conti in ordine entro il 2020. Dipendenti in cassa integrazione? Non vogliamo licenziare nessuno”

Roma. Il Pd cerca una nuova casa e prova a rimettere a posto i conti. Il senatore Luigi Zanda, tesoriere del Pd, ha due obiettivi. Il primo, spiega al Foglio, è far quadrare il bilancio “entro il 2020”, cercando una soluzione per i 160 dipendenti oggi in cassa integrazione. “Non vogliamo licenziare nessuno. Cercheremo quindi un accordo, anzitutto con i dipendenti di lungo corso”, dice Zanda che punta a dare una buonuscita ai lavoratori più vicini alla pensione. Il Pd, semplicemente, non può più permettersi un numero così alto di dipendenti che, dice Zanda, “oggi complessivamente costano tre volte di più del fabbisogno necessario”. 

 

 

Un conto è infatti fare politica con un partito al 40 per cento, che è saldamente al governo. Un altro conto è guidare un partito che vale elettoralmente la metà e che oltretutto non può contare, come gli altri del resto, sul finanziamento pubblico. Tema spinoso, dice Zanda, sul quale non ha cambiato idea: “Bisognerebbe reintrodurlo, ma ora non è il momento. Gli operai dell’Ilva vengono mandati a casa, e noi non possiamo dare segnali sbagliati. Oltretutto i Cinque stelle sul tema non hanno la nostra stessa sensibilità”.

 

L’altro obiettivo di Zanda è trovare una nuova casa per il Pd. Oggi il senatore-tesoriere visiterà un’altra sede. Non però in periferia, assicura Zanda, vecchia idea del segretario Nicola Zingaretti. “Serve un posto che sia a dieci-quindici minuti dal Parlamento”. E’ un problema logistico non indifferente in una città come Roma, dove anche fare pochi chilometri diventa per chiunque un viaggio della speranza.

 

Nel frattempo, il Pd è riuscito a ridurre l’affitto della sede al Largo del Nazareno, da 600 mila a 400 mila euro, restituendo al proprietario dell’immobile parte degli uffici. Per la ricerca della nuova sede, Zanda si sta muovendo con attenzione. Il Pd non ha soldi per fare ristrutturazioni, quindi la nuova sede dovrà essere già pronta. Comunque, dice Zanda, le cose vanno meglio del previsto. “L’anno scorso il bilancio è stato chiuso con un piccolo rosso, quasi tutti i parlamentari morosi hanno saldato i loro debiti, la raccolta del 2 per mille va bene”.

 

Il Pd romano, invece, va decisamente meno bene. I debiti sono consistenti e ai primi d’ottobre, come ha spiegato ieri il Foglio, al segretario Andrea Casu è stata recapitata una lettera dell’Agenzia dell’entrate con una richiesta di riscossione di oltre un milione di euro. Il Pd romano non è di competenza del nazionale, c’è un’autonomia da rispettare. È stato appena eletto il nuovo tesoriere, il deputato Claudio Mancini, dopo l’addio del suo predecessore Marcello De Sanctis, passato a Italia Viva. Zanda però conosce la situazione, visto che è anche un iscritto del Pd romano. Domanda: come ha fatto il Pd della Capitale ad accumulare così tanti debiti? Per due ragioni. Non ha pagato i contributi ai dipendenti e non ha pagato i fornitori. Oggi il Pd di Roma non ha più dipendenti e non ha neanche una sede, tant’è che viene ospitato per le sue riunioni e assemblee. Come quella di lunedì, che si è tenuta al terzo piano del Largo del Nazareno.

 

Il nuovo tesoriere, eletto lunedì su indicazione di Zanda, dovrà fronteggiare non solo la situazione debitoria ma anche i malumori nel partito. Qualche membro dell’assemblea non avrebbe gradito la sua nomina. “Domani (oggi, ndr) c’è la direzione del Pd di Roma. Io spero abbia un esito unitario, che consenta al partito di aprire una fase nuova”, dice Mancini. “Se così non fosse verrebbe meno la mia disponibilità ad un incarico che ho accettato con riserva”. All’assemblea di lunedì, ricorda Mancini, “non ci sono stati né interventi, né voti contrari, ma se ci sono volontari io faccio subito un passo indietro da un incarico che non ho né chiesto né sollecitato”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.