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Così Renzi scalpita per attrarre i forzisti delusi, con o senza Carfagna

Valerio Valentini

L'ex premier vuole definire gli organigrammi di Italia Viva per evitare i mugugni dei suoi parlamentari e soprattutto una stasi che indebolirebbe il partito

Roma. Sarà pure vero, come sibila Giorgio Mulè, che “non è certo la prima volta che si paventano gruppi di responsabili: un po’ come il giorno buono per iniziare la dieta – se la ride il deputato berlusconiano – è sempre il prossimo”. E però, a meno di clamorosi ripensamenti, gli incontri di oggi tra i parlamentari azzurri meno inclini alla sudditanza silenziosa nei confronti di Matteo Salvini dovrebbero avviare le grandi manovre per costituire dei gruppi parlamentari autonomi. Del resto in Forza Italia il malessere è tanto e tale che perfino le due capogruppo – Anna Maria Bernini e Mariastelle Gelmini – riescono a litigare, a beneficio di telecamera, durante la conferenza stampa sulla crisi dell’Ilva, com’è accaduto martedì scorso. E anche di questo disorientamento si nutre l’ambizione di Mara Carfagna, descritta ora, da chi le sta vicino, come “decisa, stavolta davvero, sul da farsi”. E il da farsi sarebbe, innanzitutto, la nascita di nuove componenti alla Camera e al Senato: se non fosse che tutto assomiglia più a una fuga in ordine sparso, che non a un a scissione ordinata. Specie al Senato, dove un nuovo gruppo di transfughi azzurri dovrebbe nascere sotto il ripristino del vecchio scudo crociato, in sostegno al governo Conte, e sterilizzare le intemperanze delle fronde di grillini ortodossi. “Mi sembra una mossa tattica di corto respiro”, dice però l’azzurro Andrea Causin. Che è, anche lui, in cerca di nuovi approdi, ma non tra i cespugli neo-democristiani. “Quella di Renzi – prosegue, infatti – è, al contrario, un’operazione strategica, pensata da chi ha la virtù dell’imprudenza ma anche capacità di visione”.

 

E chissà se sia figlia dell’una o dell’altra, l’impazienza con cui l’ex premier osserva i tormenti della Carfagna. Che in privato ammette senza problemi che “è molto meglio Renzi di Salvini”, ma in pubblico indica l’ostacolo principale: “Sostenere il governo Conte è impensabile”. E allora Renzi sbuffa, scalpita, incontra privatamente alcuni dei “carfagnani” che però stanno pianificando il loro arrivo solitario in Italia viva; vuole definire gli organigrammi della sua creatura, anche perché comincia a sentirli anche lui i mugugni dei suoi parlamentari che vorrebbero quantomeno conoscere qualcosa, ad esempio, sull’assegnazione degli incarichi dirigenziali (e dello statuto del nuovo partito). E poi c’è il rischio della stasi, che per il fu Rottamatore è da evitare come la peste, anche per scongiurare il rischio che siano altri – lo stesso Conte, ad esempio – ad attrarre gli indecisi. Anche per questo ha benedetto il blitz del fidato Davide Faraone a Palermo, dove ben otto consiglieri comunali sono passati ieri con Iv, anticipando di un paio di giorni tre loro colleghi dell’Ars che seguiranno la stessa via. E soprattutto anticipando le mosse di chi, come Gianfranco Micciché, sull’Isola (e non solo) stava vagheggiando un nuovo grande centro. E la fretta, comprensibile a Palermo, è tanto più giustificata a Roma, dove Salvini soffre la traversata nel deserto dell’opposizione, ma ancora resiste. “E se vinciamo in Emilia, da FI non esce nessuno”, ragiona il Truce coi suoi. In effetti anche tra i meno filo-leghisti degli azzurri c’è chi, come Roberto Occhiuto, azzarda la previsione: “A dirlo ora si passa per visionari, ma un governo di centrodestra con 40 grillini e coi renziani, nel 2020, è verosimile”. Salvini ci starebbe? Lui lascia intendere di sì, a chi glielo chiede, pur esibendo una ripugnanza di maniera all’idea di manovre di Palazzo. Le stesse, però, a cui Giancarlo Giorgetti s’è già rassegnato: “Niente illusioni, non si voterà prima del 2023”, sospira. E così ieri ha proposto un tavolo condiviso per le riforme costituzionali: una sorta di Bicamerale – subito apprezzata da Renzi – che allontani lo spauracchio di una riproposizione in scala italiana del cordone sanitario europeo.

 

“Anche la discussione sulla legge di Bilancio, del resto, sarà l’occasione per stimolare delle riflessioni in parlamentari moderati”, spiegava, giorni fa, il renziano Eugenio Comincini. “Certi emendamenti, come quelli su quota 100, potrebbero raccogliere apprezzamenti trasversali”. E lo stesso potrebbe accadere alla Camera, su quelli presentati al Dl fiscale da Iv: sempre che non prevalga la tesi di Laura Castelli, per cui “quegli emendamenti sono chiaramente inammissibili”.

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