foto LaPresse

Due link che non tornano nella versione di Vecchione

Luciano Capone

Sembra paradossale che il generale chieda, su ordine di Trump, ai nostri servizi di indagare sulla Link Campus quando il 15 marzo 2019 ha tenuto una lectio magistralis sulla “sicurezza nazionale” in quell'università

Roma. L’opinione pubblica non è pienamente consapevole di ciò che è accaduto nella controindagine congiunta tra l’Amministrazione americana e i servizi segreti italiani sul Russiagate. Sembra un pasticcio, ma dal punto di vista istituzionale è qualcosa di molto più grave.

 

Secondo quanto riportato dal Corriere della sera, che cita fonti di Palazzo Chigi, l’intelligence italiana ha svolto delle indagini sul Russiagate – l’inchiesta sulle interferenze russe nella campagna elettorale che ha visto vincere Donald Trump – per conto dell’Amministrazione americana. Ovvero, Trump ha chiesto al governo italiano di aiutarlo a ribaltare un’inchiesta fatta dalle autorità americane, in modo da avere un’arma per la prossima campagna elettorale. E il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha autorizzato i nostri servizi, nella persona del direttore del Dis Gennaro Vecchione, a svolgere questo lavoro di controintelligence e a riferire direttamente al ministro della Giustizia William Barr venuto appositamente (due volte) in Italia per conoscerne l’esito. Già così, siamo di fronte a qualcosa di irrituale, visto che si tratta di un meccanismo che interviene direttamente nella dinamica politica interna di una nazione alleata e in uno scontro istituzionale che vede Trump accusare il deep state (la Cia e l’Fbi) di aver tramato contro di lui. Ma non basta. Trump è convinto che al complotto abbiano partecipato anche altri servizi occidentali, e così Vecchione acconsente alle richieste di Barr e chiede formalmente all’Aise e all’Aisi, le due agenzie italiane di intelligence, di dare “ogni informazione utile sulla presenza in Italia di Joseph Mifsud, e sui suoi contatti diretti oppure mediati attraverso la Link Campus, con apparati o funzionari dei servizi segreti italiani”. In pratica, il capo del Dis, su richiesta dell’Amministrazione americana, chiede ai servizi italiani di verificare se i servizi italiani hanno interferito, o partecipato a un complotto, al tempo delle elezioni presidenziali americane. Oltre a indagare sui colleghi americani, l’intelligence italiana avrebbe quindi indagato anche su se stessa pur di assecondare le richieste e le teorie dell’Amministrazione Trump.

 

Ma c’è dell’altro. Sempre secondo quanto riportato dal Corriere, i punti centrali dell’indagine e della discussione con Barr sarebbero stati il ruolo della Link Campus e le possibili coperture che avrebbe ottenuto Joseph Mifsud, il professore protagonista del Russigate scomparso nel nulla ormai da due anni. È indubbio – e qui lo scriviamo da tempo – che ci sono molti aspetti da chiarire in questa vicenda, ma probabilmente i servizi avrebbero dovuto farlo da tempo e autonomamente. Sembra paradossale che il generale Vecchione chieda, su ordine di Trump, ai nostri servizi di indagare sulla Link Campus quando solo pochi mesi fa, il 15 marzo 2019, ha tenuto una lectio magistralis sulla “sicurezza nazionale” proprio alla Link Campus. Il capo della nostra intelligence non aveva idea di cosa era successo e non sapeva dove andava a parlare? E se invece ne aveva piena contezza, perché ha chiesto all’Aise e all’Aisi di fare un approfondimento?

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali