Matteo Salvini (foto LaPresse)

La forza tremenda delle vacanze populiste

Giuliano Ferrara

A prendere sul serio il mutamento antropologico della classe dirigente italiana ci si fa male. Le spiagge salviniane esprimono una dolorosa vocazione maggioritaria. E se lo scontro è tra vacanze populiste e vacanze intelligenti, bè, non c’è storia

Le vacanze del Trux a Milano Marittima hanno un solo vero difetto. Sono troppo lunghe. La stagione alta del Viminale sembra non finire mai, e minaccia di allungarsi ora nel sud sensibile elettoralmente. Il torso nudo vale come i calzini grigio topo e il doppiopetto di Aldo Moro a Terracina, come Togliatti e Nenni a Cogne e Pralognan, come De Gasperi alle bocce in Valsugana, come Gentiloni sul litorale laziale a Anzio, Berlusconi alla Certosa in versione anticipata superTrump, Prodi goffo sugli sci o maremmano a Castiglione della Pescaia, Veltroni moraviano a Sabaudia eccetera. Solo che quelle di prima erano vacanze più brevi, il divertimento e lo scialo non c’erano o non si vedevano, e quando si vedevano non parlavano direttamente a gente di stabilimento, si limitavano all’establishment. La reazione giusta sarebbe stata: cuor contento il ciel l’aiuta, e il mare lo ristora, frizzi lazzi e controdivertimento, il sopracciglio alzato e l’incriminazione per abuso di mezzi di stato furono in questo caso eccessivi, quanto alla libertà di stampa, spiaggia che vai press conference che trovi.

 

Al Trux è stata regalata la Riviera adriatica, quella decisamente di maggioranza, con nove file di ombrelloni, discoteche, rumore, casino, un due tre casino, e torme di giovani e anziani che si divertono da matti. Ho l’impressione che senza un po’ di senso del ridicolo, la partita è perduta in partenza. A prendere sul serio il mutamento antropologico della classe dirigente italiana, una cosa che si vede a occhio nudo nell’attività di governo prima che nelle vacanze, ci si fa del male. Faccio balneazione nella costa tirrenica, ma ho fatto un salto in quella adriatica, in una enclave elegantissima e popolarissima, a Porto San Giorgio, dove si mangia veramente bene e il mare chissenefrega: il Tirreno è poetico e vecchiotto, mi piace, è come vorrei essere io, ma l’Adriatico è il posto dove c’è vita e c’è sballo, due elementi delle vacanze che piacciono alle maggioranze, et pour cause. Le vacanze truci esprimono una tremenda vocazione maggioritaria. Quando Calenda el sol, come dice il mio amico Trombadori, derrate di simpaticissimi Calenda e Comencini si bagnano ancora nel Tirreno, ma a est della battaglia, come avrebbe detto Bortolotto, il grande Anonimato Beach incute timore e tremore: l’Italia sono loro, maggioritariamente appunto, e incriminarli o processarli per ineleganza o abuso di stato è insensato. Ripeto: al Papeete, da papà e da ministro dei porti chiusi con la gente che annega nello Stretto, bè, si fa un salto, il comizio troppo lungo con l’inno di Mameli e il suo dj non è solo pacchiano, lo erano anche la canotta di Bossi e la bandana del Cav. e i calzini di Moro, via, è una grave dissociazione mentale, roba da decreto sicurezza bis.

 

“Ma nun me lassà,

Nun darme stu turmiento!

Torna a Surriento,

Famme campà!”.

 

Ecco. Questa bella canzone d’amore fu riadattata per Giuseppe Zanardelli, al quale si chiedeva di tornare per realizzare importanti opere pubbliche, all’inizio del secolo scorso. Zanardelli non era un Truce, era un politico liberale, piuttosto statuario nel ricordo, e fu trattato con fantasia. Quella che è mancata a Milano Marittima o se vogliamo a Roma, dove al Viminale c’è una frescura deliziosa in attesa del suo inafferrabile ministro che sta sempre a Mosca o in Riviera, mai al suo posto di lavoro. Il Duce a Portoferraio si fece costruire un moletto personale per bagno e tuffi, dove ora c’è un delizioso caffè con l’ombra pomeridiana, ma non si faceva troppo sgamare, e la luce a Palazzo Venezia era accesa fino a notte alta. Comunque, se lo scontro è tra vacanze populiste e vacanze intelligenti, bè, non c’è storia (ne tenga conto il Gruppo Espresso, al quale va tutta la nostra solidarietà).

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.