Antonello Giacomelli (foto LaPresse)

Il lottiano Giacomelli spiega perché il Pd non può più dire “senza di me”

David Allegranti

"Bisogna dare una risposta di sistema, perché il proporzionale chiama inevitabilmente alleanze", dice il deputato Dem

Roma. “Non basta dire ‘senza di me’. Non basta dire di no alle alleanze. Non è sufficiente. Noi avanziamo una proposta concreta, di sistema”. Il deputato Antonello Giacomelli – appena rientrato dalla convention di Montecatini di Base Riformista, la corrente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti – dice quello che altri non dicono esplicitamente: il Pd deve superare la fase oltranzista del “senza di me”. Una frase che i suoi compagni di partito usano quando c’è in ballo il dialogo, anche solo accennato, fra il Pd e i Cinque stelle. Dialogo che nel Pd qualcuno ormai considera inevitabile.

 

 

Giacomelli però la vede in maniera più articolata e spiega cosa intende quando dice che con il “senza di me” il Pd non va avanti: serve una proposta politica sulla quale confrontarsi. “Intanto dobbiamo prendere atto del problema. Siamo in un sistema proporzionale con tre poli nessuno dei quali potenzialmente volto ad alleanze coerenti con gli altri, come dimostra quotidianamente l’attuale maggioranza. Allora è evidente che bisogna dare una risposta di sistema, perché il proporzionale chiama inevitabilmente alleanze, che, in questo contesto risultano impraticabili o posticce e piene di contraddizioni. C’è dunque un problema e va affrontato”, dice Giacomelli. Il problema è come, naturalmente. “La nostra indicazione di marcia è il ballottaggio nazionale, sulla scorta di quello che avviene nei Comuni. Costringere a ragionare di alleanze innaturali non produce né stabilità di governo né chiarezza di sistema”. Quindi che ne pensa di una eventuale alleanza con i Cinque stelle, di cui si è appena tornati a parlare? “Sottoscrivo le parole di Lorenzo Guerini, noi diamo un giudizio analogo su Lega e M5s, entrambi responsabili delle scelte di questo governo. Il punto però non se il Pd è disponibile, ma un altro: dopo un anno, l’alleanza di governo rivela una omogeneità di vedute, una chiarezza e una condivisione di scelte e di atteggiamenti? Mi pare di no. Il tema non si pone solo a chi come il Pd ha dichiarato la impraticabilità di alleanze con i soggetti in campo. Vale per tutti. Per questo arriviamo alla soluzione del ballottaggio nazionale. E la proponiamo sapendo bene che il Pd probabilmente non sarebbe il primo beneficiario. Tuttavia, servirebbe a far chiarezza. Adesso sono curioso di vedere quale sarà la riflessione sia della Lega sia dei Cinque stelle”. Insomma, dice, “dobbiamo renderci conto che non basta dire ‘senza di me’. Dobbiamo dire che c’è un problema e dare una risposta. Altrimenti ci condanniamo all’irrilevanza. Non possiamo dire di no e basta senza avanzare proposte politiche”. Il non detto che Giacomelli lascia intuire è che il Pd, appunto, da solo non riuscirebbe ad arrivare al ballottaggio. Gli alleati potrebbero essere dunque utili. Sì, ma quali? Inutile insistere troppo sui Cinque stelle, Giacomelli evita di rispondere direttamente.

 

Senta Giacomelli, ha condiviso il cambio di schema sull’immigrazione? In questi giorni Matteo Renzi e Paolo Gentiloni si sono scontrati sul tema, in più il Pd non ha votato le il rifinanziamento della missione internazionale sulle motovedette alla guardia costiera Libica. Lei che ne pensa? “Non condivido l’approccio al tema. A me colpisce molto che i migranti passino da essere dei ‘fantasmi’ finché vivono nei loro paesi, a “problemi” non appena riescono a salire su un barcone, scappando da guerre, privazione della libertà e negazione dei diritti. Non incrociano mai la dimensione di persone. La posizione di Salvini è irresponsabile e cinica ma non credo che faremmo per intero il nostro dovere se ci limitassimo alla solidarietà verso qualche ong. Lo può fare un cittadino ma non chi ha responsabilità politiche. Per evitare l’immigrazione irregolare serve riparlare di flussi e modalità controllate. E serve una iniziativa di tutti i Socialisti e Democratici europei che scuota l’Europa da questo torpore un po’ impaurito e un po’ cinico, serve un progetto per l’Africa che con ogni mezzo garantisca la stabilità e il rispetto dei diritti umani in quelle zone. Se non l’affrontiamo così, cercheremo sempre delle scorciatoie.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.