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Perché il voto sulla proroga degli accordi con la Libia spacca il Pd

David Allegranti

Se Zingaretti ha mostrato segnali di discontinuità con il passato renziano, l’opposizione al segretario, attraverso il tema dell’immigrazione, sta mostrando segnali di discontinuità nei confronti del governo Gentiloni-Minniti

Roma. Gli accordi con la Libia sui migranti spaccano il Pd. Oggi alla Camera sarà discussa la proroga delle missioni internazionali, inclusa quella riguardante appunto la Libia, ma alcuni deputati non voteranno a favore. Tra questi c’è l’ex presidente del Pd Matteo Orfini, che da settimane chiede di discutere la posizione dei Democratici su questo tema. “Come noto, credo che quegli accordi vadano cassati. La Libia è un paese in guerra e rimandarci chi dalla guerra scappa è illegale. Oltre che disumano”, dice Orfini. “Nel Pd ci sono su questo idee diverse. Quegli accordi furono sottoscritti dal governo Gentiloni. E secondo alcuni, nonostante oggi in quel paese sia scoppiata una guerra, vanno difesi a oltranza. Una posizione per me incomprensibile e proprio per questo avrei voluto discuterla, per capirne le motivazioni. Dico avrei voluto perché purtroppo una riunione su questo non è mai stata convocata. E sì che ce ne sono state su diversi temi, ma tant’è”. Ieri il Pd ha presentato una risoluzione in cui, spiega Orfini, “sostanzialmente si dice che quegli accordi vanno bene, ma bisogna avere garanzie che le motovedette non vengano usate per fare la guerra e che i diritti umani vengano rispettati. Come se tutto il resto andasse bene. Non so chi l’abbia discussa e dove. Immagino che Zingaretti ne sia stato informato e che questa sia la linea della segreteria. Ma so che per me è invotabile. Perché continuare a fingere di non vedere i lager, le torture, le morti nel Mediterraneo davvero non si può”.

 

Insieme ad altri deputati, non solo del Pd, Orfini ha presentato un’altra risoluzione che chiede di sospendere quegli accordi. “Perché solo facendo questo”, dice Orfini, “si può aprire la strada a una soluzione vera che impegni la comunità internazionale. Anche perché è complicato immaginare di essere credibili quando attacchiamo Salvini sulla chiusura dei porti se non mettiamo in discussione l’argomento che usa per chiuderli: ovvero che i profughi vanno affidati alla Libia”. Tra i firmatari della risoluzione, oltre all’ex presidente del Pd, ci sono Gennaro Migliore, Fausto Raciti, Giuditta Pini e Vincenza Bruno Bossio del Pd, Erasmo Palazzotto e Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, Laura Boldrini e Roberto Speranza di Leu, Riccardo Magi di +Europa.

 

“Appare evidente l’urgenza di sospendere tutti gli accordi con la Libia in materia di controllo dei flussi migratori”, nonostante il governo abbia invece “nella recente deliberazione del consiglio dei Ministri deciso non solo di mantenere il proprio sostegno, ma di prorogare la missione di supporto alla Guardia costiera libica incrementando il finanziamento”, scrivono i firmatari della risoluzione. “Il nostro governo, supportando e finanziando il sistema d’intercettazione e di controllo della Guardia costiera libica si renderebbe corresponsabile delle violenze, delle torture e delle sistematiche violazioni dei diritti che i migranti subiscono durante la loro permanenza nei centri di detenzione, in cui vengono rimandati una volta intercettati e ricondotti in Libia”. L’Italia non può quindi “contribuire a contrastare la cosiddetta immigrazione illegale di migranti in transito contribuendo a respingerli verso Paesi in stato di guerra come la Libia, che non ha mai neanche ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati”.

 

Malumori anche al Senato: “La Libia non è un porto sicuro”, dicono i senatori del Pd Francesco Verducci e Vincenzo D’Arienzo. “Non può essere considerato un ‘porto sicuro’ perché la Libia è un Paese dove è in corso una guerra”. Dopo il duello sul Jobs act, il Pd continua ad accumulare grattacapi. Ma questo grattacapo non è come gli altri. Se la segreteria di Zingaretti ha mostrato segnali di discontinuità con il passato renziano, l’opposizione a Zingaretti, attraverso il tema del’immigrazione, sta mostrando segnali di discontinuità nei confronti del governo Gentiloni-Minniti. E la domanda che in molti si fanno nel Pd è se questa discontinuità sia o no una mossa renziana. Chissà.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.