Matteo Renzi e Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

Chi ci guadagna tra Renzi e Zingaretti in caso di elezioni non così anticipate

Il Pd in questa fase ha un problema che può essere risolto solo con grandi equilibrismi

Il Partito democratico si divide anche sulle elezioni. O, meglio, sulla data. Matteo Renzi (con una gran parte dei suoi) è convinto che non si andrà al voto a settembre. Ritiene che il leader della Lega Matteo Salvini (con cui, secondo i maligni del Nazareno, l’ex segretario avrebbe ancora uno scambio costante di messaggini su Whatsapp) non voglia assolutamente rompere adesso. Renzi non pensa che questo governo durerà molto, ma è convinto che non si andrà al voto prima della prossima primavera. Secondo i renziani, questo lasso di tempo potrebbe essere proficuamente utilizzato per rafforzare il Partito democratico e allargare l’offerta all’elettorato. Nicola Zingaretti invece (e con lui anche Paolo Gentiloni) è sicuro che a luglio il governo andrà in crisi e, nonostante qualcuno gli suggerisca un iter diverso, in quel caso punterà alle elezioni anticipate. In ogni suo colloquio con gli altri dirigenti del Pd il segretario ripete che le elezioni sono vicine. Chi avrà ragione?

 

Nicola Zingaretti ripete come un mantra nei suoi colloqui privati che le elezioni sono alle porte, anche per allontanare un timore che da qualche in tempo in qua lo assilla. Il segretario del Partito democratico infatti teme che, nel caso avessero ragione i renziani, lo scenario prospettato lo metterebbe in grande difficoltà: una crisi di governo fuori tempo massimo per fare le elezioni anticipate. In quel caso bisognerebbe dare vita a un esecutivo anche solo per varare la finanziaria. E in quel caso per il Pd e per il suo segretario sarebbe difficile dire di no al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma questo significherebbe fare il bis del governo Monti con tutto quello che ne potrebbe conseguire, in termini di diminuzione dei consensi, per il Pd. Anche per questo, cioè per scaramanzia, e perché ritiene che la Lega in realtà punti alle elezioni a settembre, il segretario continua a dire ai suoi: “Teniamoci pronti al voto”.

 

Il Pd in questa fase ha un problema che può essere risolto solo con grandi equilibrismi. Infatti il partito di Nicola Zingaretti ha sposato la lotta dei sindacati contro la riforma delle autonomie targata Lega. Zingaretti ha partecipato la settimana scorsa anche alla grande manifestazione sindacale di Reggio Calabria per protestare contro questa legge. Ma Stefano Bonaccini spinge per l’autonomia, anche perché tra gli elettori della sua regione, l’Emilia Romagna, è un tema molto popolare. Peraltro in questo modo Bonaccini spera anche di evitare un ulteriore salasso di voti del Partito democratico verso il Carroccio. Perciò il Pd nazionale è in difficoltà. Ha deciso di dare battaglia contro quella riforma, che peraltro non sembra destinata a vedere la luce (almeno per ora), ma non può neanche mettere in difficoltà il presidente della regione Emilia Romagna che prossimamente andrà alle elezioni chiedendo la riconferma. Tutti sanno che questa volta per Bonaccini non sarà un passeggiata, visto che il Pd ha perso consensi anche in quella regione, salutando alcune roccaforti come Ferrara e Forlì. E la posizione del Partito democratico sull’autonomia potrebbe provocargli qualche grana in più.

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