Nicola Zingaretti tra Paolo Gentiloni e Paola De Micheli (foto LaPresse)

Quanto costa a Zingaretti fare a meno di Lotti nel Pd

David Allegranti

La corrente, di cui l'ex ministro è co-intestatario insieme a Lorenzo Guerini, conta oltre 80 parlamentari. Resta da chiedersi, in caso di rottura con il suo partito, in quanti sarebbero disponibili a seguirlo

Roma. Mai prima d’ora Luca Lotti, braccio ambidestro di Matteo Renzi, era stato messo in discussione nel Pd. E adesso la vecchia guerra fra renziani e antirenziani non basta più a spiegare cosa sta succedendo nel Pd. Venerdì l’ex ministro dello Sport ha annunciato l’autosospensione dal partito, arrivando addirittura a parafrasare Enzo Tortora (“Io sono innocente. E spero di cuore che lo sia anche chi mi accusa”).

 

Intercettazione dopo intercettazione, la bomba che a lungo stava ticchettando è esplosa. Ma la lentezza della reazione, una certa confusione nell’indirizzo politico, da alcuni giorni testimoniano forse la fragilità della segreteria del Pd. Prima Nicola Zingaretti ha preso le distanze dicendo che “dal punto di vista dell’opportunità politica il partito che ho in mente non si occupa di nomine di magistrati”. Poi il tesoriere Luigi Zanda, in un crescendo, ha chiesto a Lotti, in un’intervista al Corriere , di valutare “se è il caso di lasciare il Pd …”. Non sono mancate le sortite di Carlo Calenda, duro sia nei confronti di Lotti sia nei confronti di Zingaretti, proprio per la lentezza dei riflessi: “A quale titolo e con quale scopo si concertano azioni riguardanti magistrati?”. E infine le parole di Paolo Gentiloni, che ha definito in tv i comportamenti di Lotti e Cosimo Maria Ferri “altamente inopportuni”. Insomma c’è un nuovo patto di sindacato nel partito, e Renzi non ne fa parte. Stavolta Lotti, e quindi Renzi, si trova isolato anche dalla componente più riformista, che attacca l’ex ministro forse per rendersi più autonoma rispetto all’eredità del senatore fiorentino. E infatti, di fronte all’assalto, Lotti non ha potuto resistere e si è autosospeso. Una decisione presa però, ha precisato, “non perché qualche moralista senza morale oggi ha chiesto un mio passo indietro. No. Lo faccio per il rispetto e l’affetto che provo verso gli iscritti”. Il riferimento è naturalmente a Zanda, definito da Lotti un “senatore di lungo corso già coinvolto – a cominciare da una celebre seduta spiritica – in pagine buie della storia istituzionale del nostro paese”. Non solo: le parole di Lotti affidate ai social network contengono, insieme all’autosospensione, un corposo sottotesto; è tutto un parlare a suocera Zingaretti perché due o tre nuore intendano: “Quanti miei colleghi, durante l’azione del nostro governo e dopo, si sono occupati delle carriere dei magistrati?”. Ovviamente non sono mancate attestazioni di stima da parte dei (post)renziani come Graziano Delrio e dei turborenziani come Andrea Marcucci.

 

Ma fare a meno di Lotti che costo può avere per il Pd zingarettiano, almeno sulla carta? La corrente di cui è co-intestatario insieme a Lorenzo Guerini, Base Riformista, conta oltre 80 parlamentari (si riunirà martedì sera al Senato). Certo, resta da chiedersi in caso di rottura con il suo partito in quanti sarebbero disponibili a seguirlo. Probabilmente non ci sarebbe una scissione parlamentare, ma la pax renziana potrebbe finire e Renzi potrebbe iniziare a bombardare il quartier generale zingarettiano. “La scelta generosa e leale di Luca”, dice il lottiano di ferro Antonello Giacomelli, “non va immiserita mischiandola con logiche di equilibri interni”. Gli equilibri interni, tuttavia, potrebbero essere molto toccati da questa vicenda. Lo lascia un po’ intuire anche Matteo Orfini, quando dice che “starei molto attento a dare l’idea di voler strumentalizzare vicende così delicate per una battaglia interna, come mi sembra che qualche esponente dell’attuale gruppo dirigente abbia provato a fare. Ma per fortuna non mi pare rappresenti la posizione del segretario”. L’ex presidente del Pd sembra lanciare un avvertimento: “Lotti dice di non aver fatto nulla di illegale o censurabile. Io dei miei compagni di partito tendo a fidarmi, quando non sono nemmeno indagati e anche quando lo sono, come Emiliano, Oliverio e tanti altri”. Emiliano, Oliverio “e tanti altri” sono sostenitori del segretario Zingaretti (guarda caso indagato pure lui). E si capisce che i prossimi giorni non saranno facili.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.