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Follia di cittadinanza

Valerio Valentini

Per assumere i navigator, Anpal licenzia i suoi dipendenti esperti. Il cappio al collo della dignità

Roma. Esasperati dall’ennesima mancata risposta, vedendo sempre più prossimo il momento della beffa, ieri mattina, poco dopo le dieci, hanno improvvisato un sit-in davanti al loro nuovo grande capo. Erano una cinquantina, e hanno deciso di occupare per qualche minuto la sala “Marco Biagi”, al piano terra della sede di Anpal Servizi, là dove Mimmo Parisi, l’ineffabile prof. “italopugliese” (cit. Di Maio) giunto dal Mississipi a realizzare il miracolo della moltiplicazione dei posti di lavoro, era impegnato in una riunione coi vari responsabili territoriali dell’azienda. Lo hanno interrotto e gli hanno letto il comunicato con cui rivendicavano “l’apertura di un tavolo permanente”, gli hanno elencato quei problemi che lui da giorni cerca di schivare, d’ignorare, di scrollarsi dalle spalle con l’ansia di chi rifugge rogne che non ritiene di dover risolvere. “E infatti ci ha subito invitato bruscamente a uscire dalla sala – raccontano – ci ha detto che non era quello il modo di fare valere le nostre ragioni”. Ma qual è, allora?

  

Parecchi di loro quel lavoro lo fanno da quindici, da venti anni: da prima, cioè, che Anpal Servizi nascesse, quando insomma esisteva solo Italia Lavoro. Nessuno conosce meglio di loro i complicati marchingegni dei centri per l’impiego, nessuno li frequenta da più tempo. Eppure, proprio ora che il governo del cambiamento si dice intenzionato a potenziare quelle strutture, per passare finalmente a una improbabile “fase due” del reddito di cittadinanza, di questi 650 lavoratori si decide di fare a meno. Dal concorso per il reclutamento dei tremila navigator vengono di fatto tagliati fuori. Il bando parla chiaro: alla prova di selezione, che si svolgerà – non si sa ancora quando – nei padiglioni della Fiera di Roma, verranno ammessi solo 20 concorrenti per ciascun posto disponibile: per partecipare bisognerà avere una laurea, ma a parità di voto – e qui sta il garbuglio – “verrà preferito – si legge all’articolo 6 del bando – il candidato più giovane di età”. E quindi non solo non si garantirà una corsia preferenziale a questi lavoratori esperti, non solo non si opterà per stabilizzare loro prima di assumere altre persone, ma addirittura li si condanna a venire esclusi dalla selezione. “In sostanza, chi non ha mai messo piede in un centro per l’impiego, parte avvantaggiato rispetto a noi”, denunciano. 

 

E dire che, a suo modo, Luigi Di Maio una certa competenza pure gliela riconosce, a questi dipendenti, dal momento che proprio a loro verrà chiesto di “formare” i neo assunti, i famigerati navigator che già sono stati declassati da provvidenziali procacciatori di posti di lavoro a semplici “assistenti tecnici” e che però dovranno seguire corsi intensivi di dieci giorni. “Insomma – raccontano, sgomenti, davanti ai cancelli di via Guidobaldo del Monte i futuri reietti – gli spiegheremo come fare il lavoro che noi già facciamo, e poi un nuovo lavoro dovremo trovarcelo noi: anzi, per legge dovrebbero trovarcelo loro”. Sì, perché l’assurdità del disegno di Di Maio arriva al punto che i 144 dipendenti a tempo determinato di Anpal Servizi non potranno vedersi rinnovato il loro contratto per effetto del “decreto dignità”: sei sono già stati mandati a casa, due giorni fa è stato il turno di Benedetta e Manuela (primo contratto firmato nel 1999), a maggio toccherà ad altri tredici e poi a decine tra l’estate e l’autunno. Prima però saranno comunque loro quelli chiamati a “avviare la fase di transizione”, come si sono sentiti dire dai vertici dell’azienda. “Dovremo insomma accendere la macchina che poi ci scaricherà in mezzo a una strada”, dicono.

 

“Non dipende da noi, non siamo noi a fare le leggi”, ripetono, con un’alzata di spalle, gli uomini di Parisi e di Salvatore Pirrone, presidente e direttore generale di Anpal, come a suggerire ai lavoratori che è al ministero del Lavoro che devono rivolgersi. Cosa che in effetti questi hanno fatto, venendo ricevuti martedì, dopo una mobilitazione di due ore, dal sottosegretario Claudio Cominardi. Il quale, non sapendo bene cosa dire, non ha detto quasi niente, limitandosi a chiedere ai suoi interlocutori, con l’aria di chi lì al ministero ci passava per caso, come mai fossero così arrabbiati: “Spiegatemi un po’ la vostra situazione”. Ha cercato insomma di prendere tempo, ma c’è mancato poco che finisse col prendersi gli insulti dei lavoratori, che quelle stesse domande, da quello stesso Cominardi, se le erano sentite rivolgere già in un altro incontro informale avvenuto varie settimane addietro. C’è poi l’altra soluzione, quella prospettata dal capo di gabinetto del Mise, Vito Cozzoli. “Ci propongono di fare un concorso riservato ai 140 dipendenti esclusi, per potere stabilizzarne al massimo venti: una cosa senza senso”, raccontano i lavoratori, che oggi sciopereranno per tutta la giornata e manifesteranno davanti all’ingresso della sede di Anpal Servizi. D’altronde, al di là dei diritti dei singoli, c’è anche una questione di efficienza dell’azienda: perché rinunciare a chi ha già esperienza per rimpiazzarlo con dei novizi? Misteri del cambiamento.