Il Jobs Patatrac

Marco Leonardi

La similitudine tra il decreto dignità e il reddito di cittadinanza è che falliscono l’obiettivo immaginato dal governo

Dai dati Inps di giovedì 24 gennaio si ricava un aumento delle assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato e contemporaneamente un aumento delle domande di disoccupazione. Come previsto il decreto dignità produce più trasformazioni dei contratti a termine, ma anche più disoccupati: il saldo netto delle assunzioni totali è negativo, da agosto in poi il numero di assunzioni scende rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Alla fine il decreto sul reddito di cittadinanza rischia di avere molti tratti in comune con il decreto dignità: vogliono cancellare a tutti i costi il passato ma non sanno come sostituirlo; per un obiettivo in principio condivisibile, fanno un tale disastro nell'implementazione che il risultato è controproducente.

Nel caso del decreto dignità volevano ridurre i contratti a termine e hanno finito per ridurre l’occupazione, nel caso del reddito di cittadinanza tale è la foga di cancellare la misura universale contro la povertà – il reddito di inclusione (Rei) introdotto dal governo Gentiloni – che rischiano perfino di aumentare la povertà e il malaffare.

 

Il decreto sul reddito di cittadinanza è pieno di contraddizioni che funzioneranno come un boomerang. La lista è lunga. Mettono incentivi alle imprese che assumono i beneficiari del reddito, ma non funzioneranno mai se le imprese devono subito assumere a tempo indeterminato un beneficiario di reddito che magari non ha mai lavorato e non possono licenziare pena la perdita dell’incentivo. Copiano l’assegno di ricollocazione (il voucher che premia chi trova un lavoro ai beneficiari del reddito) ma lo tolgono a chi ce l’ha già (!): disoccupati e cassintegrati da domani non ce l’avranno più. Rafforzano i centri per l’impiego (Cpi) con nuove assunzioni ma per fare presto (prima delle elezioni) forzano i regolamenti e vogliono assumere attraverso colloqui diretti invece di gare pubbliche: immaginate il malaffare e le migliaia di ricorsi.

 

In più le regioni – che hanno la competenza sul personale dei CPI – non hanno nessuna intenzione di assumere i “navigator”, quindi dove andranno a lavorare i “navigator” alla fine del loro contratto a termine? Tipico vizio italico: per dare l’illusione di serietà della misura riempiono di adempimenti le amministrazioni pubbliche (Inps deve rispondere entro X, i Cpi devono convocarti entro Y) le quali ovviamente non li rispetteranno e diventeranno una scusa per fare ricorso da parte dei beneficiari. Minacciano di sanzioni non credibili i beneficiari fasulli (voglio proprio vedere il primo condannato alla prigione per aver falsificato l’Isee).

 

Vogliono nominare il nuovo presidente dell’Anpal (l’agenzia nazionale delle politiche attive) in violazione della norma che vieta che il presidente possa contemporaneamente avere un lavoro dipendente al di fuori della presidenza (il professor Domenico Parisi è disposto a rinunciare al suo stipendio americano per venire in Italia a fare il presidente Anpal?). La povertà è notoriamente diffusa nelle famiglie numerose e tra gli immigrati (il Rei è forse lo strumento di integrazione di maggior successo finora). Ma quando il budget per il reddito è sceso per motivi di bilancio, pur di tenere alta la bandiera dei 780 euro per i singoli hanno irragionevolmente punito le famiglie numerose. Per motivi ideologici escludono gli immigrati, 90mila persone che oggi hanno diritto al Rei domani non ce l’avranno più.

 

Le contraddizioni continuano: hanno sempre parlato male dei Caf come di una mangiatoia ma adesso per disperazione danno loro ben 20 milioni di euro purché aiutino con le domande di Isee. Hanno sempre parlato male dei patronati ma ora gli hanno eliminato ogni limite di costituzione: adesso tutti possono mettere su un patronato (!). Hanno addirittura definito “caporali” le agenzie private del lavoro (scatenando una gusta reazione di sdegno) ma adesso vorrebbero le loro offerte di lavoro. Per ignoranza costringono tutti i beneficiari del reddito di cittadinanza a passare prima dei Cpi invece che dai comuni. Se chiedete ai servizi comunali sono disperati: il Rei che funzionava rischia di essere sostituito dal nulla, si rompe il rapporto necessario tra servizi sociali e beneficiari e il sussidio di povertà diventa un sistema impersonale per distribuire soldi direttamente attraverso l’Inps, senza nessun servizio.

Il reddito di cittadinanza non potrà funzionare per trovare un lavoro perché è costruito solo per distribuire soldi prima delle elezioni. Ma così anche i soldi rischiano di andare alle persone sbagliate, quelli che non li meritano ma che sono più furbi, come quelli che già oggi stanno intasando le anagrafi comunali per cambiare il loro stato di famiglia. Come col decreto dignità se fossi un lavoratore a termine adesso sarei preoccupato, così se fossi un beneficiario del Rei adesso sarei preoccupato.