Roberto Giachetti (foto LaPresse)

Giachetti, dall'ospedale, dà la spinta “all'ultimo treno” per Radio Radicale

Marianna Rizzini

Il conto alla rovescia è finito e il deputato del Pd ha iniziato uno sciopero della fame e della sete per tentare di riaprire la partita

Roma. “Proseguo la mia iniziativa non violenta”, dice Roberto Giachetti. E’ ricoverato da ieri in ospedale, il deputato del Pd, ex candidato sindaco di Roma ed ex candidato alla segreteria del Partito democratico, dopo quasi quattro giorni di sciopero della fame e della sete. L’obiettivo, di Giachetti e della staffetta trasversale di esponenti del Pd e di Forza Italia a digiuno per 24 ore a testa (tra gli altri, Anna Ascani, Andrea Casu, Andrea Romano, Luciano Nobili, Lia Quartapelle per il Pd e Giuseppe Moles per Forza Italia – ma anche Fratelli d’Italia, in queste ore, si è mobilitata), è la salvezza di Radio Radicale, voce libera che per molti anni ha portato i suoi microfoni nei Palazzi e fuori dai Palazzi: la convenzione con il Mise è appena scaduta, e la Lega ha intanto depositato un emendamento al decreto crescita con il quale si chiede una proroga di sei mesi per la radio che trasmette le sedute parlamentari e che è presente nelle aule dei processi, ai convegni e durante gli appuntamenti fondamentali della vita politica del paese. Il tutto in attesa di una eventuale gara per l’affidamento del servizio, con eventuale coinvolgimento di Rai Parlamento. Il conto alla rovescia è finito, e, a circa un mese dalla morte dell’ex direttore e voce storica della rassegna stampa Massimo Bordin, oggi è il giorno in cui alla Camera si decide l’ammissibilità degli emendamenti, che poi verranno discussi il 28 maggio prossimo. “Poi tutto dipenderà dalle reali volontà politiche”, dice Giachetti che, con la sua iniziativa non violenta, ha voluto “aiutare tutti coloro che in questo momento hanno il potere di decidere, perché lo facciano con saggezza e lungimiranza”.

 

 

Il sottosegretario all’Editoria, il Cinque stelle Vito Crimi, il 15 maggio scorso in Commissione di Vigilanza fa aveva ripetuto che non c’è volontà di prorogare la convenzione, ma è anche vero che poi dal ministero dello Sviluppo economico, che è titolare della convenzione ed è presieduto dal grillino Luigi Di Maio, a un certo punto erano arrivati spiragli per una possibile soluzione. In assenza di certezze, da sinistra e da destra si chiede alla Lega e ai Cinque stelle di portare la questione sul tavolo del Consiglio dei ministri. A Radio Radicale, intanto, “si andrà avanti avanti finché ne avremo la forza” dice il direttore Alessio Falconio. Se non viene rinnovata la convenzione, e in mancanza di altre entrate, la radio si troverà in seria difficoltà già dal mese di giugno. “Ma siamo pronti a fare di necessità virtù”, dice Falconio.

 

 

La conditio sine qua non, intanto, è il vaglio dell’ammissibilità dell’emendamento, e la sera decisiva è questa. Motivo per cui Giachetti pensa che “non si possa interrompere ora lo sciopero – siamo davanti a una partita a due tempi, e questo è l’unico treno che passa”. Per questo fa appello ai presidenti delle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera “affinché dichiarino l’ammissibilità degli emendamenti volti a prorogare al convenzione con il Mise di altri sei mesi. Me lo auguro non per me, ma per Radio Radicale e per la storia che rappresenta”. In nome di quella storia, chiedono dal Pd Valeria Fedeli e Graziano Del Rio, le forze politiche si impegnino per salvare un bene comune e un patrimonio della libera informazione. In nome di quella storia, dice da Forza Italia Moles, “non si può rimanere in silenzio”. E, mentre si attende il responso sull’emendamento, si riportano alla mente, nelle file dell’esercito multipartisan che sostiene la radio, le parole del vicepremier Salvini, che aveva detto di “non volerne fare una questione politica”: “Difendo la libertà di parola di tutti, anche di Radio Radicale, che è un peccato cancellare con un tratto di penna”, ma anche le parole di Crimi, ferme sul “no alla proroga”. E Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, invita a riflettere sul fatto che salvare Radio Radicale “significa salvare la libertà di ognuno di noi: fermatevi un attimo e pensateci: pensate a quante volte ci sarà capitato di ascoltare una trasmissione di Radio Radicale o di trovare gli operatori di Radio Radicale in qualche convegno, anche nella più oscura località d’Italia. Radio radicale era, è servizio pubblico. Radio Radicale era, è ovunque”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.