Nicola Zingaretti e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Il Carroccio pesca nel Pd

Valerio Valentini

Dalla Basilicata alla Liguria: così Salvini recluta a sinistra in vista delle prossime amministrative

Roma. La più veloce di tutti, anche per via del suo temperamento da sportiva, è stata Stella Cantelli. Tre mesi fa sosteneva Giovanni Legnini (foto sotto), candidato del centrosinistra alle regionali abruzzesi: “Scendo in pista per la mia terra”, diceva, da brava pattinatrice: “Di corsa verso il futuro”. Solo che poi il futuro, si sa, è beffardo, e la Cantelli di corsa è andata verso la Lega, la stessa contro cui aveva lottato a febbraio, in lista con Ottavio De Marinis, l’aspirante sindaco di Montesilvano, nel Pescarese, voluto da Salvini. Non è l’unica. Anzi, il salto sul Carroccio di Gabriele Di Stefano, sempre a Montesilvano, è ancora più sorprendente, per via del suo recentissimo passato da militante del Pd. Ma l’Abruzzo non è che una delle molte terre del trasformismo in cui la nuova Lega ricicla anche da sinistra. 

 

 

Ad Avellino, ad esempio, c’è chi ha provato a confondere le acque cambiando appena il nome sul proprio santino elettorale. E così a giugno scorso, nelle file del Pd, figurava Elisabetta Barbaro (foto sotto), convinta sostenitrice di Nello Pizza; ora, a raccogliere voti per la neosalviniana Biancamaria D’Agostino in vista delle nuove elezioni resesi necessarie dopo il precoce fallimento della giunta grillina, c’è Elisa Barbaro. Ma è sempre lei, la stessa persona che stavolta, semplicemente, ha optato per il soprannome con cui tutti in città la conoscono.

 

   

In Irpinia, d’altronde, il leader del Carroccio campano Gianluca Cantalamessa, nonostante il passato missino suo e della sua famiglia, da tempo non disdegna di pescare dall’altra parte, desideroso com’è di ingrossare il più possibile, e in tutta fretta, le truppe di un partito ancora da costruire. E non a caso nel direttivo provinciale di Avellino ha chiamato Pasqualino Santoro, commercialista di Ariano Irpino per anni vicino ai popolari e poi alla Margherita. Nel 2013 si candidò in Parlamento col Centro Democratico di Bruno Tabacci, due giorni fa accompagnava “il nostro ministro Salvini” in giro per Avellino, tutto ansioso di immortalare a futura memoria il momento dell’agognato abbraccio.

 

In Basilicata, la strana intesa tra i leghisti del sud e il Pd locale è stata suggellata lunedì, nell’elezione di Carmine Cicala a presidente del Consiglio regionale. Fratello del sindaco di Viggiano, da sempre considerato vicino ai Pittella, Cicala è stato eletto con la gentile accondiscendenza del Pd, che ha concesso i suoi cinque voti, peraltro non indispensabili, per blindare la sua apoteosi. E però, per certi versi, ancora più clamorosa è l’adesione alla Lega di Paolo Laguardia, presidente lucano di Legacoop e responsabile nazionale del settore Costruzioni della stessa rete delle cooperative che tante volte Salvini ha attaccato come un residuo del potere rosso da estirpare. Nel maggio del 2017 aveva aderito alla mozione Renzi, sostenendo l’ex premier al congresso; poche settimane fa ha annunciato la sua nuova fede per Alberto da Giussano, e ora spera in un assessorato nelle giunta che, non senza patemi, il neoeletto presidente Vito Bardi si accinge a costituire.

 

E gli smottamenti dal centrosinistra alla destra salviniana, però, in Lucania si riflettono anche sui singoli comuni. A Potenza, a sostenere il candidato sindaco filoleghista Mario Guarente, ad esempio, ci sarà anche Alessandra Sagerese, che cinque anni fa raccoglieva voti per il candidato voluto dal Pd, Luigi Petrone, e che proprio nelle liste del Pd è stata poi eletta anche in Consiglio provinciale. Nel Potentino, invece, sono direttamente i comuni a cambiare, di fatto, schieramento. E’ accaduto, ad esempio, a San Chirico Reparo, dove il sindaco Claudio Borneo ha abbandonato il Pd la scorsa estate, aderendo al Carroccio: sotto le nuove insegne si è anche candidato al Consiglio regionale e nonostante l’avventura non sia stata fortunata i suoi concittadini continuano a vederlo girare per le strade con indosso la felpa blu che inneggia a Salvini.

 

Parabola non troppo diversa rispetto a quella seguita, in Sardegna, da Efisio Arbau, avvocato e pastore 44enne, nonché sindaco di Ollolai, in provincia di Nuoro. Una lunga permanenza nel Pd, funestata da qualche litigio che lo porta spesso in rotta di collisione coi vertici locali del partito, alla fine Arbau fonda “La Base”, un movimento a sostegno soprattutto delle istanze dei pastori della Barbagia ma che si fonda sulla militanza dal basso, e che finisce spesso col sostenere candidati sindaci di sinistra in giro per la Sardegna. Poi, qualche mese fa, l’avvicinamento al Partito sardo d’azione, costola sarda della Lega, che sfocia in una – non troppo fortunata – candidatura al consiglio regionale in sostegno di Christian Solinas, ex senatore e luogotenente salviniano sull’isola e neoeletto governatore.

 

Ma non tutto ciò che è trasformismo avviene al sud. Anche in provincia di Roma i candidati sindaci leghisti non rinunciano al soccorso rosso, seppur sotto forma di liste civiche. A Rocca Priora, ad esempio, sei consiglieri uscenti, esponenti di una lista locale di centrosinistra, hanno annunciato in blocco il loro sostegno a Mario Vinci, candidato civico voluto dalla Lega. Tra i sei, c’è anche Federica Lavalle, ex vicesindaco ed esponente di spicco del Pd locale: “Per me stare nel Pd – diceva lei nell’ottobre del 2017 – è un orgoglio, da sempre, anche quando, tutto intorno, sembra suggerirti che non ne valga la pena”. Poi deve averci ripensato.

Strani riposizionamenti, tuttavia, avvengono anche in terra padana. A Varazze, in provincia di Savona, la Lega sta facendo campagna per la riconferma dell’uscente Alessandro Bozzano, nato e cresciuto politicamente nel Pd, prima di una burrascosa rottura maturata nel 2014, quando si candidò contro il volere del partito spaccando il fronte del centrosinistra. Ora otterrà i voti della Lega ligure, insieme a quelli di Forza Italia e di un pezzo del Pd. Un Carroccio fin troppo affollato.