Viva la selfie-guerrilla

Maurizio Crippa

Rovinare con uno sberleffo i selfie a Salvini è la nuova resistenza civile. Sarà questa “l’arma fine di Truce”?

Soltanto quei noiosi del Pd hanno così poco talento per il situazionismo da non aver capito che a Salerno è successa una meraviglia: a Matteo Salvini è scappato il telefonino di mano. Ha perso le staffe, ha fatto intervenire le guardie per sequestrare l’arma irriverente alla ragazza che gli si era avvicinata col sorriso, per il solito selfie, ma appena messo il ministro nell’inquadratura ha iniziato a mitragliarlo a brutto muso: “Non siamo più terroni di merda?”. Intanto filmava, e il video è finito in rete. Il giro della rete ha fatto il selfie a tradimento delle due ragazze che hanno chiesto la foto con Salvini e poi, clic, si sono baciate tra loro. E pure il video rubato del ragazzo che si era avvicinato smartphone in mano, per poi sparargli: “Più accoglienza e più 49 milioni”, lasciandolo di princisbecco. 

 

  

E’ presto per dire che uno sberleffo lo seppellirà, ma adesso è lui a vedersi lo smartphone puntato contro. Qualcuno ha trovato il modo di trasformare l’arma segreta della popolarità del Capitano in una pallottola spuntata, una roba da ridere. So resistere a tutto tranne che alle tentazioni, diceva un tale. Poche celebrity hanno la forza di resistere alla richiesta di scatto. Solitamente la forza è data da due fattori: o essere davvero molto famosi, e non avere bisogno di aumentare l’indice di gradimento; o essere davvero degli scontrosi che del pubblico si sono rotti il cazzo. Ma se sei un politico che ha bisogno di raggranellare voto su voto, e hai anche la sciagurata tendenza al piacionismo, non puoi resistere. E clic, scatta la trappola.

  

 

L’irriverenza è sempre stata un’arma a disposizione del popolo, come le pernacchie a un comizio. Nell’età dell’informale, questa arma di autodifesa dal potere, l’arma dei giullari o la critica del sistema fino allo sberleffo, è stata progressivamente sottratta alle mani della piazza. Ed è passata, furto con destrezza, nelle mani dei politici. L’eroe pop di questa appropriazione indebita è ovviamente il Cavaliere, il Presidente zuzzurellone. La photo opportunity con le corna che ribalta il senso del vertice europeo non era la gaffe di un politico per caso, era un messaggio in codice: sono uno di voi, sono come voi, non come questi. Sono qui per cantargliele come fareste voi. Sdrammatizzare il ruolo e costruire la propria community. Poi sono arrivati gli smartphone e la dittatura dei selfie. E in concomitanza il populismo e il leaderismo a tendenza becera. Sulla concomitanza, hanno già scritto dei libri; se abbiano cominciato prima i grillini, è questione da filologi. La cosa che conta è che in Italia è stato Salvini a diventare il massimo interprete, il CR7 del selfie come strumento di propaganda. La quota di narcisismo implicita nel selfie è la più alta mai registrata nella storia, ante e post Sigmund Freud natum. Ma la forza del selfie quando scende in politica è anche di più, è l’identificazione tra il richiedente scatto e il suo leader. Sulla capacità e metodicità di Salvini di utilizzare l’immagine di sé sui suoi account, fuori dall’ufficialità, la messa in posa della non messa in posa, sappiamo tutto. I comizi del Capitano durano venti minuti, poi un’ora di foto con i supporter. I mille selfie mangnaccioni, i selfie con alle spalle il popolo dei comizi. Funziona.

  

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Ma lo sberleffo è dei ragazzi, proprio come lo scherzo di rovinare apposta una fotografia a qualche sbruffone, e il popolo dei ragazzi se lo riprende. La meravigliosa “arma di distruzione di Truce” è un photo-bombing consapevole, fargli fare la figura del fesso, ma soprattutto sfilargli il potere di selfie. E’ una sorta di resistenza civile nell’epoca digitale. Farsi i selfie per protesta si chiama “selfie protest”. Ma rovinare per protesta i selfie degli altri come si chiamerà? Smartphone guerrilla, selfie-attack? L’importante è che d’ora in poi quello che gli ha dato successo, la comunicazione super pop, una foto e un “ciao amici”, sarà un’arma a rischio. Perché adesso Salvini dovrà stare attento a ogni richiesta di scatto: sarà un agente provocatore? E non sempre potrà mandare gli agenti a chiedere di cancellare le prove. Il selfie si è trasformato nel nemico, un’arma inceppata. Una pallottola spuntata.

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  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"