“Il 25 aprile divide solo chi non vuole festeggiarlo”, dice Di Maio

“Oggi nessuna polemica”, dice il leader del M5s alla Sinagoga di Roma. Ma poi stuzzica l'alleato leghista: “Salvini combatta la mafia con l’esempio, non andando a Corleone. Siri si deve dimettere”

Francesco Cocco

Matteo Salvini l'aveva definito grossolanamente un derby fra fascisti e antifascisti. “Il 25 aprile ci saranno i cortei, i partigiani e i contro-partigiani e i rossi e i neri e i verdi e i gialli. Siamo nel 2019 e mi interessa poco il derby fascisti-comunisti”. In realtà l'ultimo derby italiano è stato quello tra le due anime del governo. Fatto di tante spallate: sui migranti, sui casi giudiziari che hanno coinvolto esponenti di Lega e M5s, sul salva Roma. Più o meno teatrale che fosse, più o meno pericoloso per le sorti del governo, ha lasciato strascichi di polemiche che oggi Luigi Di Maio, nella sinagoga di via Cesare Balbo a Roma, dice di voler ricucire, senza risparmiare però alcune stoccate all'alleato-avversario leghista: “La festa della Liberazione divide chi non vuole festeggiarla, noi non vogliamo essere divisivi: è una giornata in cui al di là dei colori politici, non solo si festeggia, ma si lavora per far sì che chi ci ha portato fin qui, i nostri nonni, siano onorati con il lavoro di un governo che deve realizzare ancora tante cose e attuare ancora tanti diritti sociali”. Mentre il pentastellato incontra la comunità ebraica, il leader del Carroccio è a Corleone dove inaugura un commissariato di polizia. E anche su questo Di Maio lo stuzzica: “La mafia la combatti con l’esempio, non andando a Corleone”. E cita il caso Siri, il sottosegretario leghista indagato per corruzione.