Il governo delle 271 bufale

Greta Ardito, Lorenzo Borga, Mariasole Lisciandro

Fake news, affermazioni sbagliate, dichiarazioni non vere. Abbiamo fatto un calcolo: tra ministri e parlamentari della maggioranza in dieci mesi quasi una falsità al giorno. La menzogna come metodo di governo: inchiesta a puntate sull’incompetenza gialloverde

È quasi una bufala al giorno: il Foglio ha contato che il governo gialloverde ha all’attivo almeno 271 dichiarazioni false, imprecise o fuorvianti in poco più di 300 giorni di vita. E’ il risultato di una verifica portata avanti per diverse settimane sulle migliaia di dichiarazioni rilasciate da membri di spicco del governo e della maggioranza gialloverde. Ispirati dal database del Washington Post sull’amministrazione di Donald Trump, abbiamo passato in rassegna le dichiarazioni di 29 esponenti del governo – presidente del Consiglio, ministri e alcuni viceministri e sottosegretari – e della maggioranza parlamentare di Movimento 5 stelle e Lega. La scelta è ricaduta sui membri che, per incarico effettivo e per esposizione mediatica, ricoprono un ruolo importante nella definizione dell’immagine della maggioranza.

  

 Il Foglio ha verificato le loro dichiarazioni giorno per giorno, a partire dal giuramento dell’esecutivo (1° giugno 2018) fino al mese di marzo. Sono stati scandagliati i loro profili social (Facebook e Twitter), le rassegne stampa e alcune interviste televisive e radiofoniche, senza l’obiettivo di essere esaustivi. I fact-checking smentiscono affermazioni su tutti i temi all’ordine del giorno. In particolare svetta l’immigrazione, sulla quale sono state trovate 53 dichiarazioni scorrette, soprattutto sugli sbarchi dei migranti dalle navi delle Ong. Al secondo posto, con 26 affermazioni, le infrastrutture, vale a dire Tav Torino-Lione e Tap. C’è poi l’economia, in particolare dall’autunno in poi, che ha visto gli esponenti della maggioranza sbagliare 19 volte sulla legge di bilancio, 17 sul debito pubblico e altrettante sullo spread.

 

La ricerca ha individuato 133 bufale, errori o dichiarazioni fuorvianti da parte di esponenti del Movimento 5 stelle, 127 da parte della Lega e 11 di membri del governo indipendenti. In cima alla classifica Matteo Salvini con più di 50 errori, seguito dal collega vicepremier Luigi Di Maio che totalizza 29 fact-checking. Al terzo posto Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera. Più staccati gli altri, a partire da Alessandro Di Battista e Laura Castelli. In fondo alla lista, tre membri più quieti del governo: Giancarlo Giorgetti, Giovanni Tria e Marco Bussetti, con una sola dichiarazione verificata a testa. Ovviamente questi risultati sono condizionati anche dalla metodologia di ricerca e dallo spazio mediatico dedicato a ogni esponente politico.

 

Le bufale più ripetute sono sui temi maggiormente discussi nel dibattito pubblico. Frequente è quella sulla sostituzione dei neopensionati da parte di giovani lavoratori che entrerebbero nel mercato del lavoro grazie ai prepensionamenti di quota 100. Nessuno studio scientifico, né analisi empiriche, ha mai dimostrato l’efficacia di una simile sostituzione. Una seconda bufala ben radicata è quella sulla crescita del debito pubblico: sono numerosi gli esponenti gialloverdi che hanno accusato i precedenti governi di averlo fatto accrescere di circa 200 miliardi. Tuttavia non ha senso osservare il valore nominale del debito: infatti, nello stesso periodo il rapporto debito/pil è leggermente diminuito. Non mancano ovviamente numerose bugie sul Franco cfa, in particolare da parte di Alessandro Di Battista, e sui poveri italiani. Infatti Matteo Salvini sostiene spesso che ci siano 5 milioni di poveri assoluti “italiani”: ma in realtà circa un terzo di essi sono immigrati stranieri regolari, proprio quelli esclusi in parte dal reddito di cittadinanza.

 

Per raccogliere e verificare le dichiarazioni sono stati utilizzati anche alcuni siti italiani indipendenti di fact-checking, tra cui Pagella Politica e Lavoce.info. Le verifiche contengono tutte le fonti necessarie ai lettori per controllarne a loro volta la correttezza, e i relativi link quando possibile. Come lo stile del fact-checking richiede, se successivamente a segnalazioni le dichiarazioni si riveleranno invece veritiere, le verifiche saranno corrette in modo evidente.

 

Il cosiddetto “governo del popolo” è stato in più occasioni accusato – anche da questo giornale – di essere poco trasparente e di mentire agli elettori. Ora ne abbiamo le prove, accessibili a tutti. Questa raccolta stima per difetto le bugie e le imprecisioni che il governo gialloverde ha raccontato al popolo italiano che voleva rappresentare. Prima di prenderlo in giro, per 271 volte.

  

2 giugno 2018

Matteo Salvini: “Siamo il paese che spende di più per migrante in Europa” (SkyTg24).

Secondo il documento dell’European migration network individuato da Agi-Pagella Politica, spendono di più dell’Italia per l’accoglienza di ogni migrante il Belgio (51,14 euro, incluso il costo del personale), la Finlandia (49 euro per gli adulti nei centri di accoglienza, di più per i minori), l’Olanda (23mila euro all’anno, cioè 63 euro al giorno), la Svezia (40 euro circa per i migranti nei centri di accoglienza) e la Slovacchia (circa 40 euro al giorno). Non siamo dunque il paese che spende di più in Europa.

2 giugno 2018

Alessandro Di Battista: “Dov’erano quando l’ex presidente Boldrini, tra un ‘bella ciao’ e un altro, applicava la ghigliottina in Parlamento azzittendo l’opposizione e favorendo un regalo miliardario di denaro pubblico alle banche private?” (Facebook).

 

Di Battista si riferisce al decreto Imu-Bankitalia (n. 133 del 30 novembre 2013), convertito in legge a gennaio 2014. Non si trattò però di un versamento di risorse pubbliche, ma della rivalutazione contabile delle quote del capitale nominale della Banca d’Italia detenute da alcune banche private (da 156 mila euro a 7,5 miliardi), tramite la trasformazione di parte delle riserve in capitale. Ciò non significa che gli enti (banche, assicurazioni e casse previdenziali private) che detengono il capitale di Banca d’Italia abbiano ricevuto un trasferimento di liquidità o attività dallo stato. L’operazione, infatti, è stata puramente contabile. Banche e assicurazioni hanno goduto di due benefici: un’accresciuta stabilità di bilancio e maggiori dividendi per i detentori, pagati da Banca d’Italia. A sua volta, però, lo stato ha tassato le plusvalenze per un importo pari a circa 1,5 miliardi nel 2013 e quasi 2 miliardi nel 2018, incassando risorse una tantum utilizzate per l’abolizione della seconda rata dell’Imu quell’anno e per la copertura del bonus degli 80 euro (fonte Il Foglio).

Ripetizioni: il 9 ottobre 2018.

 

4 giugno 2018

Manlio Di Stefano: “Una squadra di governo senza indagati e condannati, non succedeva dal 1994” (Twitter).

Negli ultimi quattro esecutivi – Monti, Letta, Renzi, Gentiloni – nessun ministro era indagato o condannato all’inizio del mandato (fonte La Repubblica). Tuttavia alcuni sottosegretari scelti dai vari governi precedenti erano effettivamente indagati. Eppure il confronto non può prenderli in considerazione: al 4 giugno 2018 i sottosegretari e viceministri del governo Conte non erano ancora stati nominati.

 

5 giugno 2018

Riccardo Fraccaro: “L’economia si può muovere velocemente e meglio con la democrazia diretta, lo dimostrano le statistiche: nei paesi dove i cittadini sono coinvolti attivamente l’apparato pubblico è più efficiente e i servizi pubblici costano il 20 per cento in meno, il pil pro capite è maggiore in media del 5 per cento, vi è minor evasione fiscale e una minor corruzione percepita” (Il Sole 24 Ore).

Il ministro Fraccaro nell’intervista non cita le fonti. Come suggerisce Pagella Politica, è ragionevole pensare che usi le stesse della proposta di legge costituzionale depositata nel 2015 dal M5s, in cui viene citato come riferimento bibliografico il libro del 2009 “Guida alla democrazia diretta - In Svizzera e oltre frontiera”. In questo lavoro sono citati numerosi studi, di oltre vent’anni fa, che considerano soprattutto la Svizzera, un caso di sistema politico unico al mondo. La letteratura sugli effetti della democrazia diretta sull’economia e il benessere di una nazione è molto vasta e contiene studi che invitano alla cautela, vista la complessità del tema. In conclusione, la questione presenta problemi rilevanti di definizione e i benefici economici della democrazia diretta sembrano meno netti di quanto presentato dal ministro

Ripetizioni: il 4 luglio 2018.

  

12 giugno 2018

Matteo Salvini: “La Francia ospita come richiedenti asilo meno della metà dei richiedenti asilo che ospita l’Italia” (Otto e mezzo - La7).

Matteo Salvini riporta correttamente il dato dei richiedenti asilo in Francia e in Italia sul 2017, come ha scritto Lavoce.info: secondo l’Unhcr i richiedenti asilo in Francia erano poco più di 63 mila, mentre in Italia quasi 187 mila, più del doppio. Tuttavia, e questo Salvini non lo dice, questa differenza sarebbe dovuta in gran parte alla diversa lunghezza delle procedure di evasione delle domande di asilo, che sono quindi difficilmente confrontabili. Si pensi che in Francia il tempo massimo di evasione di una domanda d’asilo è di 11 mesi (ridotto a 6 con la nuova legge sull’immigrazione proposta dal ministro Gérard Collomb e approvata dall’Assemblea nazionale). In Italia, invece, per raggiungere il primo grado dei ricorsi sono necessari 2 anni, in media (fonte Unhcr).

 

Vito Crimi: “[...] Sulla gestione emergenziale dei migranti. E’ bene ricordare, infatti, che dei soldi destinati alla gestione dell’emergenza migratoria solo una infinitesima parte va ai migranti richiedenti asilo. Il resto della torta viene spartito da un mercato tutto italiano, gestito da cooperative e non solo, che specula su questa emergenza” (Facebook).

 

Non si comprende a cosa Crimi si riferisca. I soldi per l’accoglienza vengono spesi per fornire servizi di accoglienza e integrazione ai richiedenti asilo. E’ vero che in alcuni casi inchieste giudiziarie hanno portato alla luce casi di appropriazione di quei fondi da parte di alcune cooperative, ma si tratta di casi sporadici e illegali. Secondo un report del 2015 del ministero dell’Interno, della spesa giornaliera negli ex Sprar il 37,9 per cento era destinato al pagamento del personale e il 23,8 per cento a spese generali per l’assistenza (vitto, alloggio, abbigliamento e pocket money).

  

13 giugno 2018

Matteo Salvini: “Per ogni richiedente asilo, noi paghiamo 35 euro al giorno attraverso varie voci” (Corriere della Sera).

In realtà secondo un report della Corte dei Conti del 2015 il costo unitario medio a richiedente asilo per il sistema di accoglienza italiano, al giorno, era pari a 29,5 euro. I 35 euro erano infatti il massimale d’asta, non il dato reale.

 

17 giugno 2018

Matteo Salvini: “Il Ceta, tanto per cominciare, legittima l’Italian sounding, la contraffazione dei prodotti italiani. Apre il mercato ai parmesan e alle mozzarille” (Corriere della Sera).

Il Ceta, non ancora ratificato ma comunque in parte in vigore, tutela 41 indicazioni geografiche italiane, tra cui il Parmigiano Reggiano e la mozzarella di Bufala. Non sembra esserci dunque un peggioramento della tutela del made in Italy nel mercato canadese.

 

19 giugno 2018

Luigi Di Maio: “Io dico solo una cosa: se queste cooperative, queste associazioni, queste società iniziassero a rendicontare i soldi che arrivano [per l’accoglienza], probabilmente avremmo bisogno di meno soldi. Ora, io non voglio lanciare accuse generiche, però il vero tema è che la legge è fatta in modo da gestire situazioni emergenziali; quindi, gran parte di questi fondi […] chi ha avuto ha avuto” (Porta a porta - Rai).

Per il sistema Sprar è previsto fin dal 2002 un sistema di rendicontazione obbligatoria volta a impedire un utilizzo improprio dei fondi pubblici. Come si legge nel manuale unico di rendicontazione degli Sprar, la documentazione richiesta ogni anno è massiccia. Anche per i Cas (Centri di accoglienza straordinaria) è previsto un sistema di rendicontazione puntuale, grazie ai recenti interventi legislativi terminati con il decreto interministeriale del 18 ottobre 2017. L’affermazione di Di Maio non corrisponde quindi al vero (fonte Lavoce.info).

 

 

 

Claudio Borghi: “Ci avete lasciato un’Italia ultima al mondo [per la crescita]” (Camera dei Deputati).

Secondo i dati della World Bank del 2017 tra i soli paesi ad alto reddito l’Italia si trova nelle ultime posizioni, ma non ultima, con una crescita dell’1,5 per cento di pil. Dietro all’Italia si trovano per esempio la Grecia e la Svizzera, assieme a un’altra ventina di paesi.

  

20 giugno 2018

Matteo Salvini: “Siamo il secondo paese per contributi in Europa […] sicuramente l’Italia paga 6 miliardi in più di quello che le ritorna indietro [dall’Ue], quindi anche questo andrà ridiscusso in Europa” (Porta a porta - Rai).

In realtà siamo il quarto paese contributore, dopo Germania, Francia e Regno Unito. Il nostro contributo netto per l’Unione europa si aggira inoltre sui 2 miliardi di euro all’anno (fonte Il Sole 24 Ore).

 

   

 

Matteo Salvini: “Nel 1999 l’Italia aveva meno disoccupati della Germania e quindi in questi 20 anni o gli imprenditori italiani e i lavoratori italiani si sono rimbambiti oppure è accaduto qualcosa che ha avvantaggiato i tedeschi e ha penalizzato gli italiani: sicuramente una moneta disegnata sul modello tedesco sull’esigenza tedesca ha aiutato i tedeschi […] il fatto che la moneta unica sia una moneta tedesca è chiaro ed evidente” (Porta a porta - Rai).

In realtà nel 1999 la disoccupazione in Italia era più alta che in Germania – 10,9 per cento contro l’8,6 tedesco (dati Eurostat) – e lo sarebbe rimasta fino al 2002, cioè dopo l’ingresso dell’Italia nell’Euro. Non è possibile tuttavia stabilire dalla semplice osservazione di due variabili i nessi causali fra di loro.  

 

24 giugno 2018

Giulia Bongiorno: “È fallita [la riforma del Corpo Forestale]. Lo si è visto l’estate scorsa con l’Italia devastata dagli incendi” (Corriere della Sera).

Non si può affermare che la riforma del Corpo forestale dello stato, che ne ha previsto l’abolizione e il trasferimento di dotazioni e personale ai Carabinieri e Vigili del Fuoco, sia fallita poiché nell’estate 2017 si è verificato un boom di incendi. Per quanto la riforma abbia comportato alcuni ritardi di attuazione (fonte Lavoce.info), in quel periodo si è verificato un picco di siccità meteologica rispetto agli anni precedenti. Questo ha comportato il più alto numero di ettari bruciati dal 2007 (fonte European Forest Fire Information System). A dimostrazione che la riforma non si può dichiarare “fallita” sulla base di dati senza controfattuale, nel 2018 gli ettari bruciati sono diminuiti di più del 90 per cento (fonte Coldiretti).

 

Enzo Moavero Milanesi: “La stragrande maggioranza dei migranti non ha titolo all’asilo, migra per motivi economici e rappresenta il 93 per cento del totale degli arrivi in Italia” (Il Messaggero).

La quota 93 per cento non è presente in nessun documento ufficiale. E’ probabile che si tratti della differenza tra il totale delle domande esaminate e di quelle accolte (il 7 per cento nel 2018). Tuttavia, non è corretto affermare che chi non riceve l’asilo è un migrante economico. Ci sono infatti altri tipi di protezione, come quella sussidiaria e quella umanitaria. Unendo gli esiti positivi di queste tre protezioni, si nota che nel 2018 il 33 per cento delle richieste è stato accolto. Ma non si potrebbe comunque affermare che il 67 per cento sono migranti economici, perché le richieste possono essere accolte anche in appello.

  

 

3 luglio 2018

Luigi Di Maio: “In Italia un minore su due ha giocato d’azzardo almeno una volta” (Facebookmin. -38.10).

Come riporta Pagella Politica, uno studio realizzato dall’Istituto di Fisiologia clinica del Cnr considera gli studenti di età compresa tra i 15 e i 17 anni che hanno giocato d’azzardo almeno una volta nella vita e conclude che si tratta del 40,2 per cento dei circa 1,5 milioni totali. Rappresentano quasi il 6 per cento degli under 18 residenti in Italia al primo gennaio 2017, pari a 9.910.710 persone.

 

Claudio Borghi: “Saldo e stralcio significa che non è un condono. […] Il discrimine fra il condono e il non condono è: chi ha subito un accertamento ed è stato pescato con le mani nel sacco, su queste persone non ci sarà nessun tipo di pace fiscale, se uno ha dichiarato correttamente quello che ha potuto fare e poi è andato in difficoltà, da una parte c’è il dolo accertato, tu hai evaso le tasse e non le hai dichiarate, dall’altra c’è l’impossibilità” (In onda - La7).

 

Secondo l’enciclopedia Treccani un condono è un “provvedimento legislativo che prevede un’amnistia fiscale e ha lo scopo di agevolare i contribuenti che vogliano risolvere pendenze in materia tributaria”. Entrambe le possibilità citate da Borghi rientrerebbero in questa definizione.

 

Claudio Borghi: “Vorrei dire una cosa sul gettito della flat tax, fino adesso ogni volta che è stata sperimentata ha sempre portato un gettito uguale o addirittura superiore di quello del sistema ad aliquote” (In onda - La7).

Secondo una nota dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani gli esempi di adozioni della flat tax sono avvenuti in Estonia, Lituania, Lettonia, Russia, Ucraina, Slovacchia, Georgia, Romania. In tutti i casi, tranne Lituania, Lettonia e Russia, “l’introduzione della flat tax ha portato, nonostante l’ampliamento della base imponibile e le risposte comportamentali, una riduzione del livello di entrate rispetto al pil”.

 

Claudio Borghi: “Prendiamo per buono che lo spread si muova perché la gente nel mondo si spaventa e non perché, come penso io, la Bce ha gridato ai quattro venti che sta per finire il Qe […] che ogni volta veniva rinnovato. […] Noi abbiamo una lieve anomalia: che il debito pubblico dell’Eurozona non è garantito da una banca centrale, perché normalmente succede così […], perché in Ungheria non c’è lo spread anche se c’è Orban che è cattivissimo a vostro giudizio? Perché in Inghilterra nessuno si è preoccupato dello spread anche dopo la Brexit?” (In onda - La7).

 

L’affermazione di Borghi è corretta quando si concentra sul Regno Unito, che gode storicamente di un basso spread sui propri titoli pubblici rispetto a quelli tedeschi. Sbaglia tuttavia quando afferma che “in Ungheria non c’è lo spread”: in realtà solo nell’ultimo anno il differenziale ungherese ha raggiunto i 350 punti, per poi attestarsi a marzo attorno ai 250 punti. Infine, se Borghi sostiene che normalmente le banche centrali garantiscono il debito pubblico dei paesi che emettono la moneta nazionale, in realtà per la configurazione attuale dell’Eurozona la Bce – tramite le Omt – garantisce il debito dei paesi membri, mentre la Fed americana non tutela il debito degli stati americani, a differenza del debito federale, come sostiene Andrea Terzi su Lavoce.info.

 

Claudio Borghi: “Finiti gli incentivi siamo tornati ancora a ribloccarci [sull’occupazione]” (In onda - La7).

Dopo la fine della decontribuzione triennale per i contratti a tempo indeterminato introdotta con la legge di bilancio 2015, i dipendenti (vale a dire gli occupati favoriti dalla decontribuzione) sono continuati ad aumentare anche nel 2018, di 180 mila unità, sebbene quelli a tempo indeterminato siano calati. Anche gli occupati totali (tenendo conto anche degli autonomi) sono aumentati di quasi 200 mila lavoratori (dati Istat).

 

8 luglio 2018

Danilo Toninelli: “Abbiamo scoperto dopo due settimane che due navi di Ong, tra le più attive, battevano bandiera olandese in modo illegale, e che oltretutto non avevano le caratteristiche tecniche per poter soccorrere il numero di persone su cui normalmente intervenivano. Quindi violavano il codice di condotta varato dal precedente governo. Abbiamo fatto rispettare la legalità […]” (Il Fatto Quotidiano).

 

Affermando che le navi Lifeline e Seefuchs battano bandiera olandese illegalmente, Toninelli fa probabilmente riferimento al tweet della rappresentanza dei Paesi Bassi all’Unione europea, in cui si legge che le due navi non figurano nei registri navali del paese. Tuttavia le due navi risultano registrate presso il registro ufficiale dell’International maritime organization (Imo), che attesta che la Lifeline ha bandiera olandese, mentre la Seefuchs bandiera tedesca. Il motivo per cui la Lifeline non compare nei registri navali olandesi è dovuto al fatto che si tratta di un’imbarcazione di piccole dimensioni (fonte Reuters). E’ comunque inesatto affermare che le due navi siano apolidi e che battano bandiera olandese illegalmente. Per quanto riguarda il codice di condotta Minniti, esso non ha valore di legge, ma è equivalente a un accordo tra le parti di natura privatistica (fonte Asgi). Perciò è del tutto improprio parlare di violazione della legge.

 

Danilo Toninelli: “Un milione di persone è pronto a partire dalla Libia” (Il Fatto Quotidiano).

Secondo il sistema di monitoraggio Displacement tracking matrix dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, in Libia sono presenti quasi 700 mila migranti (il dato di aprile 2018, disponibile al momento della dichiarazione, segnalava 690.351 migranti). La stima di Toninelli è quindi esagerata. Inoltre, nessuno può affermare con certezza che i migranti presenti in Libia siano in procinto di partire. Anzitutto, la Libia è sempre stata anche un paese di destinazione e non soltanto di transito (fonte Oim). Non solo: secondo l’Oim la maggior parte delle persone che si trovano in Libia non intendono partire e non hanno un piano migratorio. Il Corriere della Sera ha consultato gli inviati dell’Onu in loco oltre ai funzionari del ministero dell’interno a Tripoli, i quali stimano che sono circa 200.000 i migranti che sperano di potersi imbarcare alla volta dell’Italia, o comunque delle coste europee, non un milione. L’affermazione di Toninelli non trova quindi riscontro in queste stime.

 

9 luglio 2018

Matteo Salvini: “Dallo sbarco all’esame del ricorso si arriva quasi a tre anni” (La Verità).

Secondo gli unici dati a disposizione (fonte Unhcr), riferiti al 2017, l’attesa media del richiedente asilo a partire dallo sbarco in Italia è pari in media a 13 mesi fino all’esito della commissione territoriale e – per chi ha ricevuto un diniego – 10 mesi e mezzo per conoscere l’esito del ricorso di primo grado. In totale dunque 24 mesi, non 3 anni. L’analisi prendeva in considerazione anche i dati sul ricorso in secondo grado e sulla Cassazione, ma il primo è stato abolito dal cosiddetto decreto Minniti-Orlando approvato nella primavera del 2017, mentre alla seconda accedono “pochissimi casi”. Proprio il decreto legge n.13 del 17 febbraio 2017 aveva ulteriormente ridotto i tempi burocratici delle richieste e dei ricorsi (fonte Agi) e dunque le tempistiche riportate vanno intese come approssimate per eccesso.

 

Matteo Salvini: “Abbiamo appena dirottato 42 milioni dal capitolo accoglienza al capitolo rimpatri” (La Verità).

 

Nel corso della conferenza stampa congiunta con il vicepremier libico Ahmet Maitig del 5 luglio 2018, Salvini aveva annunciato lo spostamento di 42 milioni di euro dall’accoglienza dei migranti ai rimpatri, sottolineando che il trasferimento di questi fondi era stato possibile dopo uno screening di tutti i progetti di “integrazione e accoglienza” in corso, finanziati sia dall’Italia sia dalla Ue (fonte Ansa). Come aveva riportato il giorno successivo la Repubblica, l’Unione europea aveva fatto sapere che nel caso quei 42 milioni provenissero da fondi comunitari, non era possibile spostarli a piacimento del governo da un progetto all’altro, considerato che sono fondi vincolati a scopi precisi e predeterminati. Non risulta che la questione abbia poi avuto seguito. Come riporta Agi, al 30 gennaio 2019 il governo ha in effetti stanziato delle risorse per il Fondo rimpatri: secondo l’articolo 6 del decreto sicurezza, le risorse ammontano in totale a 3,5 milioni, di cui mezzo milione per l’anno da poco concluso. Non si tratta però di risorse nuove: la nuova disposizione sostituisce infatti una precedente, contenuta nella legge di Bilancio per il 2018 (legge 205/2018), all’articolo 1 co. 1122 lettera b). Questa già disponeva che nel triennio 2018-2020 venissero stanziati 3,5 milioni di euro per i rimpatri volontari. Il nuovo governo ha quindi semplicemente ricollocato risorse già previste per i rimpatri volontari alla voce rimpatri in via generale: sarà quindi possibile utilizzarle anche per i rimpatri coatti, cioè per le “espulsioni”. Inoltre, i rimpatri volontari sono invece stati specificamente finanziati con ulteriori 12,15 milioni di euro (di cui il 50 per cento proveniente dalla Ue) con un nuovo bando del ministero dell’Interno. Ma ad oggi le attività progettuali collegate non sono ancora state avviate. Non risultano a bilancio i 42 milioni di euro destinati ai rimpatri annunciati da Salvini.

 

11 luglio 2018

Erika Stefani: “Non è vero che l’immigrazione sosterrà il sistema previdenziale, anzi. Un operaio giunto dall’estero, con moglie e figli a carico, costa più di quel che versa” (Facebook).

 

 

Incrociando i dati del Mef con quelli Istat, ogni anno la Fondazione Leone Moressa calcola dettagliatamente il rapporto costi benefici degli immigrati in Italia. Secondo il rapporto del 2017 (quello disponibile al momento della dichiarazione), le entrate comprendono innanzitutto i versamenti Irpef degli immigrati, pari a più di 3 miliardi di euro. Al gettito Irpef sono poi aggiunte altre voci, per un totale 7,2 miliardi. Oltre al gettito fiscale, vanno poi considerati i contributi previdenziali: si può stimare che i 2,4 milioni di stranieri occupati in Italia abbiano versato complessivamente 11,5 miliardi di euro. Un dato che sommato ai 7,2 miliardi porta a 18,7 miliardi di euro di entrate. Per quanto riguarda i costi, si stimano uscite per 16,6 miliardi di euro. Il saldo tra entrate e uscite porta quindi a un risultato positivo per 2,1 miliardi di euro (fonte il Sole 24 Ore). Inoltre, una simulazione presentata nel 2017 dall’ex presidente dell’Inps Tito Boeri mostra che l’azzeramento dei flussi in entrata di contribuenti extracomunitari produrrebbe per il 2040 73 miliardi in meno di entrate contributive e 35 miliardi in meno di prestazioni sociali destinate a immigrati, con un saldo netto negativo di 38 miliardi per le casse dell’Inps (fonte Inps).

  

12 luglio 2018

Matteo Salvini: “[La protezione umanitaria] oggi riguarda circa il 40 per cento delle domande a cui vien data risposta positiva, quindi “residuale” e 40 per cento non vanno d’accordo” (Facebook).

Qui Salvini sbaglia per difetto: in realtà la protezione umanitaria rappresenta quasi il 60 per cento degli esiti positivi, sia a giugno 2018 sia su tutto il 2017.

 

14 luglio 2018

Luigi Di Maio: “Quel numero [gli 8 mila posti di lavoro che si perderebbero in un anno a causa del Decreto Dignità] […] ci tengo a dirvi che è apparso nella relazione tecnica al decreto la notte prima che si inviasse il decreto al Presidente della Repubblica” (Facebook).

 

Come riporta La Stampa, la relazione tecnica con la stima dell’impatto occupazionale negativo del decreto Dignità è stata inviata dalla segreteria tecnica dell’Inps all’ufficio legislativo del ministero del Lavoro il 6 luglio 2018, sei giorni prima dell’emanazione del decreto da parte del Presidente della Repubblica, il 12 luglio.

 

 

16 luglio 2018

Luigi Di Maio: “Dalla fine del 2012 siamo passati da 3,1 milioni di contratti a tempo determinato a quasi 5 milioni di contratti a tempo determinato, a disoccupazione invariata” (Bersaglio mobile - La7).

 

I numeri coincidono con i dati del Rapporto annuale Inps di luglio 2018, ma l’errore sta nella definizione della grandezza in questione: Di Maio parla di contratti a tempo determinato, mentre i quasi 4,6 milioni annoverati dall’Inps sono la somma dei contratti a tempo determinato in senso stretto più i contratti stagionali, di apprendistato, a intermittenza e a somministrazione (l’insieme di queste categorie costituisce i cosiddetti contratti a termine). Stando alla definizione dell’Inps, queste tipologie di contratto possono essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. Se si fa riferimento al tempo determinato in senso stretto, le cifre parlano di circa 2,8 milioni di contratti, sia secondo l’Inps che le statistiche Eurostat (bit.ly/2HIR7sY). Quasi la metà del numero citato da Di Maio (fonte Lavoce.info).

    

17 luglio 2018

Paolo Savona: “Draghi mostrò grande abilità nel varare l’Omt, più noto come QE (Quantitative Easing) europeo, sfruttando gli interessi dei Paesi che ne avrebbero beneficiato per rientrare dai loro crediti” (La Repubblica).

  

Come ha spiegato Andrea Terzi su Lavoce.info, il ministro Savona confonde il Quantitative Easing, lanciato da Draghi nel 2015, con l’Omt (Outright Monetary Transactions), avviato nel 2012. Il primo è un piano di acquisto di titoli pubblici di tutti i paesi dell’Eurozona, mentre il secondo ha introdotto per la Bce la possibilità (mai attuata) di acquistare titoli sul mercato secondario di un paese in difficoltà finanziaria senza alcun limite prefissato, a condizione che il paese aderisca a un programma di assistenza finanziaria.

  

19 luglio 2018

Matteo Salvini: “Oggi ospitiamo 170 mila immigrati negli hotel, in attesa del verdetto” (Washington Post).

Matteo Salvini non è nuovo citare il dato degli stranieri ospitati negli hotel. Si tratta tuttavia di una bufala, come verificato da Lavoce.info. I migranti presenti nel sistema di accoglienza italiano a giugno 2018 erano poco più di 165 mila: dunque il dato numerico di Salvini è sostanzialmente corretto. E’ tuttavia profondamente sbagliato definirli “in hotel”: non esistono dati pubblici sul numero di richiedenti asilo ospitati negli alberghi, e quanti in ex caserme e altre strutture. Tuttavia negli hotel si trovano probabilmente solo tra i Cas (centri di accoglienza straordinaria), che coprono solo una parte delle strutture. E’ quindi impossibile che gli hotel accolgano la totalità dei migranti.

   

Matteo Salvini: “Seguendo le politiche dell’Unione Europea negli ultimi anni il debito italiano è arrivato a un nuovo record” (Washington Post).

Come fatto notare dal Foglio, in realtà spesso negli ultimi anni il nostro paese non ha rispettato le raccomandazioni della Commissione europea. Sulle tasse, le agevolazioni fiscali, il livello di investimenti, la giustizia, la contrattazione aziendale, il finanziamento dell’istruzione e dell’università, la lotta contro la povertà, la Commissione ha rilevato ritardi e debolezze – non corrette dai governi italiani – negli anni. Inoltre, il debito italiano si è leggermente ridotto negli ultimi quattro anni (fonte Istat).

 

Matteo Salvini: “[In Crimea] c’è stato un referendum [per l’annessione alla Russia], in cui il 90 per cento dei votanti ha deciso per il ritorno alla Federazione Russa” (Washington Post).

In questa frase Salvini commette due errori: per prima cosa la penisola di Crimea non è mai stata parte della Federazione Russa (ma solo dell’Urss, prima del suo disfacimento), prima del referendum di annessione del 18 marzo 2014; non si può dunque parlare di “ritorno”. Inoltre, molti organismi internazionali indipendenti, come l’Ocse e le Nazioni Unite, hanno dichiarato illegittimo il referendum, per via del mancato rispetto dell’integrità territoriale ucraina e dell’assenza di trasparenza nel voto. Un’altra risoluzione dell’Assemblea generazione dell’Onu riporta la preoccupazione per le violazioni dei diritti umani perpetrate dalle autorità russe. D’altronde, nonostante le parole del ministro Salvini, l’Italia continua a non riconoscere l’annessione della Crimea, così come l’Unione europea, e per questo impone sanzioni alla Russia. Sanzioni tra l’altro rinnovate e ancora in vigore, con il voto italiano, come accaduto due giorni prima della dichiarazione di Salvini (il 5 luglio 2018), quando il Consiglio europeo ha rinnovato parte delle sanzioni “all’unanimità”.

 

Gian Marco Centinaio: “Sono pazzi da legare” [linkando la notizia secondo cui i prodotti agroalimentari italiani sarebbero “sotto attacco” da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità] (Twitter).

 

Nel report “Time to deliver” l’Oms affronta il tema delle malattie non trasmissibili da persona a persona, tra cui molte patologie legate anche allo stile di vita, per esempio quello alimentare. Tuttavia in questo rapporto i prodotti agroalimentari italiani non vengono mai citati. Si scrive generalmente di etichette di indicazione della quantità di sale e di incentivi e disincentivi fiscali, ma mai riferiti al made in Italy (fonte Valigia Blu).

 

 

 

23 luglio 2018

Matteo Salvini: “Siamo arrivati a circa un miliardo di euro di pensioni sociali erogate agli immigrati che sono arrivati qua coi ricongiungimenti familiari, sopra i 65 anni, senza aver mai pagato una lira di contributo” (7 Gold).

 

La dichiarazione di Salvini assomiglia a un virgolettato del 13 febbraio 2018 a “Otto e mezzo”. In quell’occasione Lavoce.info aveva verificato la dichiarazione, falsificandola. Secondo i dati dell’Inps il costo totale delle pensioni di carattere esclusivamente assistenziale pagate ai cittadini extracomunitari e a quelli comunitari provenienti dall’Europa dell’Est è pari a quasi 508 milioni di euro, poco più della metà del miliardo citato dal leader della Lega. Inoltre, la narrazione è errata: secondo l’ex presidente dell’Inps Tito Boeri gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi di contributi sociali e ne ricevono solo 3.

  

Luigi Di Maio: “Tre milioni di italiani non hanno cibo e cinque milioni sono poveri” (L’aria che tira - La7).

I numeri citati da Di Maio sono corretti ma presentano un’imprecisione. Il primo proviene da un rapporto di Coldiretti in cui si legge che nel 2017 circa 2,7 milioni di persone hanno beneficiato degli aiuti alimentari. Si riferisce però ai residenti in Italia, non ai cittadini italiani, che secondo un’indagine del ministero del Lavoro sarebbero soltanto il 69,5 per cento del totale. Il secondo è ripreso dal report dell’Istat sulla povertà in Italia nel 2017, che stima 5 milioni e 58 mila individui in povertà assoluta. Anche in questo caso non si tratta di cittadini italiani, ma di residenti in Italia: l’Istat stima che l’incidenza della povertà assoluta sia del 5,1 per cento tra le famiglie di soli italiani e del 29,2 per cento in quelle di soli stranieri.

  

24 luglio 2018

Barbara Lezzi: “[Il reddito di cittadinanza] non costa 30 miliardi, secondo le nostre stime ne costa 16” (In onda - La7).

La stima del costo riportata da Lezzi, simile a quella prospettata da Istat, incorpora il valore degli affitti imputati delle abitazioni di proprietà delle famiglie in povertà. Ma il disegno di legge presentato dal Movimento 5 stelle nel 2013 (n. 1148) non prende in considerazione gli affitti imputati nel calcolo del reddito disponibile, come nemmeno il criterio definito da Eurostat per la stima della povertà relativa. Secondo le previsioni di Inps e di Baldini e Daveri su Lavoce.info, applicando alla lettera il testo della proposta di legge, la spesa per il reddito di cittadinanza sarebbe pari a circa 30 miliardi, il doppio del costo citato da Lezzi.

 

 

Barbara Lezzi: “Per quanto riguarda Tap non ci sono alcune ricadute né occupazionali, né di sviluppo, né di prestigio che potrebbe portare in quel territorio” (In onda - La7).

 

Nel capitolo 8 della Valutazione di Impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, si stima che l’economia e il mercato del lavoro esistenti potrebbero essere positivamente influenzati dalle attività di cantiere del progetto. Una valutazione dell’impatto economico indipendente (Nomisma Energia 2012) citata dal ministero ha indicato che durante i quattro anni di fase di pre-costruzione e costruzione in Puglia, Tap offrirà 150 posti di lavoro diretti all’anno ed oltre 640 posti di lavoro indiretti tramite le aziende locali impiegate per Tap. Durante la fase di esercizio, di durata circa di 50 anni, l’impatto sarà limitato e il progetto genererà 32 posti di lavoro all’anno diretti e 150 indiretti. L’impatto economico principale durante la fase di esercizio è costituito dal pagamento delle imposte erariali al governo italiano e al comune di Melendugno e dagli effetti indotti dalle spese di esercizio dell’infrastruttura. Nomisma Energia nel proprio studio ha stimato che nell’arco della sua vita il progetto contribuirà al pil italiano per una somma pari a 8 milioni di euro all’anno, compreso il pagamento di imposte nazionali. A livello locale, il comune di Melendugno riceverà – secondo la normativa in vigore – circa euro 400.000 all’anno derivanti dal pagamento delle imposte locali (Imu per le proprietà immobiliari e Tia/Tares per lo smaltimento dei rifiuti) da parte di Tap Ag (fonte ministero dell’Ambiente).

    

Barbara Lezzi: “Si tratta di creare un’infrastruttura che comunque impatta sull’ambiente, in quanto io voglio ricordare che lì si stanno facendo degli ulteriori accertamenti perché probabilmente ci potrebbe essere della posidonia che è una parte della flora marina protetta” (In onda - La7).

 

Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Vincenzo Santangelo riferisce alla commissione “Ambiente, territorio e lavori pubblici” (VIII) il 19 luglio 2018 (una settimana prima della dichiarazione di Lezzi) che “gli eventuali impatti del progetto [Tap] sulla Cymodocea nodosa e sulla Posidonia oceanica sono stati verificati nel corso del procedimento di valutazione di impatto ambientale dalla Commissione VIA-VAS. [...] Lo studio ha portato allo spostamento del punto di uscita del microtunnel, al fine di minimizzare le interferenze, in un’area in cui gli ultimi ciuffi sparsi di Cymodocea nodosa sono presenti ‘a distanze ben maggiori di 50 m, sia a sud che a nord dell’exit point’, come indicato nel parere della Commissione VIA. Per quanto riguarda le componenti flora, fauna ed ecosistemi marini, la Commissione VIA ha, inoltre, considerato e valutato che i potenziali impatti associati alle emissioni sonore, alla sospensione e sedimentazione dei sedimenti, al disturbo fisico e visivo dei mezzi navali e alla perdita temporanea di habitat, siano classificati come non significativi” (fonte Camera dei deputati).

  

Barbara Lezzi: “[Con Tap] si va ad impattare lì dove c’è la cabina di pressurizzazione fino a quando si arriva all’allaccio a Mesagne eradicando quasi 10mila ulivi. […] Un ulivo non può prenderlo e spostarlo come vuole. Il gasdotto ha dei tempi che andranno dritti, non è che potrà aspettare i tempi degli ulivi in cui possono essere eradicati e poi reimpiantati. [...] Sono stati ingabbiati tipo delle mummie e stanno lì che neanche li vedi” (In onda - La7).

 

Nel capitolo 10 della Valutazione di Impatto Ambientale del ministero dell’Ambiente, si legge che durante la fase di cantiere saranno potenzialmente coinvolti circa 1.900 ulivi (non 10mila) con tronco di diametro superiore a 30 cm e oltre 130 proprietari terrieri. Non vi sono ulivi monumentali ufficialmente censiti tra quelli interessati dalla costruzione. Gli ulivi saranno potati, protetti e stoccati fino alla conclusione dei lavori del cantiere. Terminati questi, gli ulivi verranno reimpiantati nel sito originale di provenienza, verranno monitorati ed eventualmente curati (fonte ministero dell’Ambiente).

 

Barbara Lezzi: “Un’altra cosa che per noi non è meno importante è che per noi è importante l’ascolto del territorio che deve ospitare un’opera così grande, un’infrastruttura così grande. E’ stato promesso un confronto, un dialogo con quella popolazione che invece non c’è stato, è stata invece imposta un’opera che è fortemente contestata” (In onda - La7).

Tap Ag riporta che dal 2013 a oggi sono stati effettuati oltre 1.000 incontri sul territorio con tutte le parti interessate (fonte Tap Ag).

   

Barbara Lezzi: “Il referendum sull’acqua non è stato rispettato” (In onda - La7).

Questa affermazione deriva da anni in cui si è propagandato che il referendum del 2011 fosse per promuovere la gestione del servizio idrico da parte di un’azienda pubblica. In realtà il primo dei quattro quesiti referendari chiedeva agli italiani se volessero abrogare o meno l’articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, il quale costringeva gli enti locali a istituire gare pubbliche per l’assegnazione della gestione dei servizi pubblici locali, tra cui anche quelli idrici. Alle gare avrebbero potuto partecipare soggetti pubblici, privati o misti e la natura di bene pubblico dell’acqua non sarebbe stata comunque messa in discussione. Nonostante ciò, il significato politico e sostanziale che è stato attribuito al referendum è stato ben diverso: si è trasformato in una scelta contro la “privatizzazione dell’acqua” e per la gestione pubblica del servizio (fonte Lavoce.info).

  

Barbara Lezzi: “Alle spalle [del punto di approdo del gasdotto] c’è una bella cabina di depressurizzazione con tanto di emissioni” (In onda - La7).

La cabina di depressurizzazione è il terminale di ricezione del gasdotto (Prt), necessario per controllare e misurare fisicamente la portata di gas trasportato dal terminale Tap alla rete nazionale. Non è una centrale che produce energia e al suo interno non vengono effettuate operazioni di trasformazione del gas né di stoccaggio; il Prt è essenzialmente un luogo di passaggio e di misurazione della quantità e della qualità del gas. Durante le normali operazioni, il Prt non produce pertanto emissioni, perché l’impianto di riscaldamento elettrico soddisferà la maggior parte dei requisiti operativi. Emissioni occasionali dalle caldaie a gas (progettate per le restanti necessità) sono previste solo sporadicamente, durante eventuali fermate e ripartenze del terminale e in caso di rapide variazioni della pressione della rete. Le emissioni rilasciate possono essere considerate equivalenti, al massimo, a quelle di 96 famiglie, su base annua, pari a non più del 2 per cento del tempo totale di funzionamento del Prt, circa 160 ore/anno (fonte ministero dell’Ambiente).

 

25 luglio 2018

Matteo Salvini: “Questa attenzione selettiva della Ue [riferito alla Corte di Strasburgo] […] mi fa impazzire” (Il Tempo).

In realtà la Corte europea dei diritti dell’uomo fa parte del Consiglio d’Europa, che è istituzione differente e indipendente dall’Unione europea (conta 47 stati membri, contro i 28 dell’Ue). Come specifica il sito della corte, non va confusa con la Corte di giustizia dell’Ue, né con la Corte internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite.

 

Danilo Toninelli: “Questo governo ha impresso una svolta in Italia e in Europa sull’immigrazione e l’ha fatto raccontando la verità e tirando fuori i numeri, sia sul ruolo ambiguo delle organizzazioni non governative, sia sui morti in mare, che sono in calo” (Libero).

L’affermazione di Toninelli sui morti in mare si basa sui primi due mesi di governo (giugno e luglio) ed è sbagliata. Secondo i dati del progetto Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, i morti in mare nel mese di giugno 2018 sono stati 564, contro i 529 di giugno 2017, mentre nel mese di luglio 2018 sono stati 157, contro i 68 di luglio 2017.

 

29 luglio 2018

Matteo Salvini: “I reati commessi ogni giorno in Italia da immigrati sono circa 700, quasi un terzo del totale” (The Times).

Secondo Pagella Politica, Salvini sbaglia a citare il dato dei reati. Il numero di crimini commessi al giorno infatti è pari a 6.800 (dati Istat sul 2016) e dunque i 700 commessi da stranieri sarebbero ben lontani da essere “un terzo”. Invece, se prendiamo in considerazione le persone denunciate e arrestate i numeri di Salvini tornano (circa 660 stranieri arrestati al giorno). Tuttavia i due dati sono differenti: per molti reati non viene effettuato alcun arresto, mentre alcuni arrestati vengono scagionati nel corso del procedimento giudiziario.

 

30 luglio 2018

Alfonso Bonafede: “Le limitazioni sulle armi rimarranno rigide e rigorosissime” (In Onda - La7).

Il 14 settembre 2018 è entrato in vigore un decreto legislativo che applica una direttiva europea (853/2017). I punti chiave sono l’aumento delle armi sportive detenibili, l’aumento dei colpi consentiti nei caricatori, la riduzione della durata della licenza di porto d’armi, l’abolizione dell’obbligo di avvisare i propri conviventi del possesso di armi. Dunque non è vero che la regolamentazione sarebbe rimasta rigida, come Bonafede probabilmente sapeva visti i tempi di preparazione dei decreti legislativi.

(1 - continua)

 

 


Greta Ardito, laureata in Economia all’Università Bocconi, è fact-checker e research assistant presso lavoce.info dal 2018.
Lorenzo Borga, laureato in Economia, studia Scienze politiche all’Università Bocconi. Cura, da apprendista fogliante, la rubrica SoundCheck.
Mariasole Lisciandro, laureata in Economia all’Università Cattolica di Milano, è editor e research assistant presso lavoce.info dal 2016.