Nicola Zingaretti (Foto LaPresse)

Zingaretti fa la rivoluzione per difendersi dal “fuoco amico”

Il neoleader del Pd vuole cambiare le regole della segreteria. Il M5s inizia a temerlo

L’aspetto bonario e l’eloquio di Nicola Zingaretti non devono trarre in inganno. Il neosegretario del Pd è tutto tranne che uno sprovveduto. Ha mangiato pane e politica da quando era giovane e ha fatto l’amministratore per diversi anni. Perciò sa bene che il Pd, nonostante la sua netta vittoria sia stata acclamata da tutti, può trasformarsi nel volgere di breve tempo in un nido di serpi. Quello che Matteo Renzi chiama il “fuoco amico” ormai per i Dem è un’abitudine irrinunciabile. Le prime mosse di Zingaretti mirano infatti a evitare di farsi accalappiare dalle correnti interne che vorrebbero mettergli il cappello sopra e condizionarlo. Per questo sta pensando di rivoluzionare il concetto di vecchia segreteria. Di solito l’organismo dirigente viene composto con il bilancino: un tanto a ciascun big. Ma con Zingaretti la segreteria potrebbe essere composta non dai nomi che i vari capibastone del Pd sono pronti a dargli ma da tutti i segretari regionali. Certo, può rivelarsi un azzardo perché molti segretari regionali sono renziani di ferro. Però, a parte il fatto che qualcuno verrà cambiato (Davide Faraone in Sicilia, per esempio), Zingaretti è pronto a correre questo rischio pur di scollarsi di dosso le logiche correntizie e il metodo dei caminetti.

 

Più complicata sembra la partita che Zingaretti deve affrontare con la composizione delle liste. Il listone unitario che piace tanto a Carlo Calenda è nelle mani di Emma Bonino. Zingaretti la incontrerà oggi insieme a Benedetto Della Vedova. Se lei cederà e accetterà di correre insieme al Pd, allora anche Pizzarotti potrebbe cambiare idea. Ma in realtà al Nazareno non fanno grande affidamento sulla disponibilità di + Europa a una lista comune. In genere gli insulti vengono presi male dai politici. Ieri però è accaduto un fatto apparentemente paradossale. Beppe Grillo ha preso in giro Zingaretti per il suo modo di parlare, e al Pd per poco non stappavano champagne. Quell’attacco gratuito e certo non di buon gusto è stato interpretato come sintomo di nervosismo che serpeggia tra i grillini da quando Zingaretti è stato eletto. “Finché c’era Renzi a comandare – è il ragionamento – i 5 stelle potevano stare tranquilli perché sapevano che il loro elettorato, benché deluso, non si sarebbe mai rivolto al Pd. Ora che c’è Zingaretti e che molti di quelli che li hanno votati sono insoddisfatti non hanno più questa sicurezza, e temono il travaso di voti.

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