Foto LaPresse

Così il M5s cerca di salvarsi dal referendum su Salvini

Valerio Valentini

Di Maio, sotto scacco sulla Diciotti, prepara la messinscena e tira in ballo Conte. “Tutti a processo? Una roba da idioti”, dice Garavaglia. La ricerca del cavillo per dire No in giunta

Roma. Quando esce dall’Aula e viene raggiunto dai mormorii della sala Garibaldi, Massimo Garavaglia resta così, in un gesto sospeso tra lo stupore e lo sconforto: “Un intero governo che si costituisce in procura? Ma è una roba da idioti: di finire in un processo non lo augurerei neppure al peggior nemico”. Ce l’ha coi grillini, il sottosegretario all’Economia, e con la loro idea di portare i membri del Cdm del M5s davanti al giudice. Dichiararsi corresponsabili di Salvini, reclamare anche loro il pezzo che gli spetta della presunta colpa per avere sequestrato a bordo della Diciotti 170 migranti. O comunque, se pure tutto ciò dovesse risultare impraticabile dal punto di vista giuridico, evitare che Salvini “possa recitare fino alle europee la parte del martire”. E certo l’ipotesi appare quantomeno azzardata. “Ma visto che la situazione è quella che è – scherza amaramente un esponente di governo del M5s – la scelta deve essere conseguente”. I dettagli, certo, andranno studiati; la fattibilità dello scombiccherato progetto vagliata. “Ma ora serve una mossa mediatica per uscire dall’angolo”, ragionano a ora di pranzo i capi della comunicazione grillina che si aggirano per i corridoi di Palazzo Madama. “Sempre che Salvini – aggiungono – abbia finito di rigirare la frittata”. E in effetti, sfuggente e istrionico come suo solito, il ministro dell’Interno ha stordito i suoi alleati di governo. Prima li ha tranquillizzati (“Il voto sull’autorizzazione a procedere non avrà ripercussioni sulla maggioranza”); poi, quando Di Maio aveva indicato la linea della fermezza, in spregio alla coerenza, ha ribaltato tutto. E così, a leggere la lettera del segretario della Lega sulle colonne del Corriere, alla vigilia dell’avvio della discussione in giunta per le immunità sull’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno, i grillini hanno avvertito una vertigine di disorientamento.

    

“L’inghippo è nelle cose”, ripete Stefano Patuanelli, capogruppo del M5s al Senato: “Se diciamo di No all’autorizzazione a procedere su Salvini, ammettiamo che esiste un ministro più speciale degli altri, e più speciale di tutti i cittadini. Se diciamo di Sì, smentiamo una decisione che in realtà appartiene a tutto il governo, e che anche noi rivendichiamo”. Ed ecco allora che, per superare lo stallo, il cerchio ristretto del “Gigio magico” inizia a valutare le ipotesi più surreali, col costante terrore di apparire meno inflessibili di Salvini sul tema dell’accoglienza. “Processate tutto il governo”, dichiara Danilo Toninelli. E sembra una boutade, l’ennesima uscita scomposta del ministro dei Trasporti. Passa qualche ora e arrivano le conferme. “Mi rimetto alle decisioni del gruppo”, sibila, laconica, la ministra Barbara Lezzi, altre volte irreprensibile nel suo piglio giustizialista. E insieme a lei, anche gli altri irriducibili tentennano. “Bisogna far capire che questa non è una autorizzazione a procedere come le altre”, dice Alberto Airola. “E quindi anche il nostro atteggiamento può essere diverso”. Nicola Morra si consulta con Elio Lannutti, poi twitta sibillino: “Male non fare, paura non avere”. Se gli si chiede un aiuto nell’esegesi, simula una telefonata e infila il corridoio. “Valuteremo il da farsi”, ripete Mario Michele Giarrusso, l’unico dei sette senatori grillini presenti nella giunta per le autorizzazioni che abbia già una legislatura alle spalle, si fa enigmatico: “Valuteremo, nulla è ancora definito”. La sua collega di commissione, la sarda Elvira Evangelista, ammette di sentire “tutto il peso di una decisione che è anche politica”. “E’ eminentemente politica”, sembra correggerla Gianluca Castaldi, abruzzese, e anche lui, in passato, mai titubante in questi casi.

“La verità – confessa – è che così si regala una autostrada elettorale a Salvini”. Ripete, di fatto, ciò che anche Dario Galli, sottosegretario leghista allo Sviluppo economico, confessa: “Mandare a processo Salvini? Se vogliono davvero farci superare il 50 per cento, questa è la via migliore”. E proprio per scongiurare questo rischio, proprio per evitare che Salvini reciti la parte della vittima della giustizia fino alle europee, lo staff grillino che presiede alla macchina della comunicazione governativa spiega che “sì, stiamo valutando seriamente un’azione concreta nei confronti dell’autorità giudiziaria da parte dei nostri ministri”. Ma se la responsabilità deve ricadere sull’intero governo, allora anche Giuseppe Conte viene chiamato in causa? “Mi sento e mi devo assumere la piena responsabilità politica di quello che è stato nella vicenda Diciotti”, dice infatti il premier quando ormai è sera.

   

Per l’intera giornata, intanto, si nota è una insolita confidenza tra i grillini e gli esponenti del Pd. Gianluigi Paragone scherza con Simona Malpezzi. Patuanelli parlotta con Andrea Marcucci. Prove d’intesa? “Noi restiamo fermi sulla nostra idea: Salvini va processato”, spiega il capogruppo del Pd. “Il dossier inviatoci dal Tribunale dei ministri è solido. Difficile, se non intervengono elementi di novità, cambiare posizione”. Elementi di novità? “Qualcosa di consistente. Insomma, se volessero farsi processare tutti, noi diremmo senz’altro di sì”, conclude Marcucci, quasi a volere incoraggiare i grillini a costituirsi davvero. Ma è evidente che, se mai verrà messa in scena, questa recita grillina varrà soprattutto come trovata mediatica. Un polverone alzato per guadagnare un po’ di tempo, aprire il tavolo delle trattative con la Lega e magari rendere meno visibile il ripensamento. E se i grillini Mattia Crucioli e Alessandra Riccardi si consultano alla buvette col leghista Simone Pillon, tutti esponenti della giunta per le immunità, perfino Alessandro Di Battista è meno categorico del solito: “Per noi è complicato negare una autorizzazione a procedere. Ma mancano due settimane, si mettano attorno a un tavolo Salvini, Di Maio, Conte e Toninelli per trovare una soluzione che rafforzi il governo”. Ecco. “Si troverà un espediente, magari con un parere tecnico della giunta che giustifichi il nostro no”, dicono i grillini, più espliciti. E anche di questo parlerà Di Maio con gli esponenti grillini della giunta, in una riunione organizzata a tarda sera.

     

“Tutto questo è cinema”, sbotta, infine, Garavaglia, alludendo al fatto che, nel mentre, il governo è impegnato, e impantanato, su altro. Come su un emendamento del dl Semplificazioni che dovrebbe permettere l’assunzione di nuovo personale sanitario, ma che “resta bloccato da mesi dalla Ragioneria dello stato, e anche stavolta viene rimandato”, dice Garavaglia, mentre il suo capogruppo Massimiliano Romeo si scaglia, stavolta lui e non i suoi colleghi grillini, contro i tecnici del Mef. “Qui è in gioco il primato della politica”, tuona. Parla dell’emendamento in questione, ma forse – come fa notare Pier Ferdinando Casini – già allude a quel che arriverà tra qualche settimana, in Aula.

Di più su questi argomenti: