Fedeli fa autocritica: “Prendiamoci le nostre responsabilità". Foto LaPresse

L'Aventino delle donne Pd e il rischio boomerang di quel “fatevi le primarie”

Marianna Rizzini

Niente candidatura femminile di peso. Così si fa sentire l'assenza della “presenza”

Roma. “Fatevi da soli il congresso”, visto che siete maschilisti. L’urlo-provocazione di una parte delle donne Pd, quelle dell’associazione #Towanda Dem, con tanto di raccolta firme (cinquecento) e l’ex ministro Valeria Fedeli alla testa della ribellione, risuona alla vigilia della scadenza per la presentazione delle candidature alle primarie (domani). “Leggiamo in questi giorni di ticket di soli uomini da una parte, organigrammi di soli uomini dall’altra e di proposte, come quella di Carlo Calenda, di formalizzare un caminetto di soli uomini che includa anche Emma Bonino per le liste alle Europee”, solo che Bonino non è del Pd, scrivono in una lettera aperta le esponenti del gruppo, la cui origine affonda nella fase pre e post elettorale 2018, con punto polemico sulla formazione delle liste elettorali. E per carità, la battaglia si inserisce perfettamente nel filone “cinquanta-cinquanta” che nell’ultimo anno ha fatto proseliti anche in mondi di solito meno attivi sul tema parità. Solo che, a guardare il corpaccione esangue del Pd in cui ogni giorno non si sa quale cattiva notizia o retroscena velenoso aspettarsi, l’Aventino delle donne (pur se soltanto provocatorio), a poche ore dall’avvio ufficiale della competizione, rischia di rivelarsi mossa mediaticamente controproducente.

  

Perché allora non vi siete candidate di persona, è infatti il pensiero (anche femminile) che può sorgere spontaneo presso l’osservatore-elettore-comune mortale di centrosinistra che magari preferirebbe vedere in campo alcune delle (anche illustri) firmatarie dell’appello, capaci di sicuro di dimostrare il proprio valore senza dover alludere a una questione di genere affrontabile magari ex post a livello di programma, anche se questo comporta il rischio di finire triturate dalle eventuali cordate maschili? E quale miglior modo di dimostrarla, l’esistenza della cordata, accumulando punti agli occhi del futuro elettore, se non scendendo direttamente in gara? Ma il tema “mai più tavoli di soli uomini” è intanto prioritario presso #Towanda Dem, nome che si rifà al grido di liberazione delle protagoniste del film “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno”.

 

In particolare, le donne di #Towanda Dem ricordano che l’allora segretario reggente Maurizio Martina, in primavera, dopo il lancio di una prima iniziativa a Roma, aveva cercato di mettere un recinto: “Fate bene a essere incazzate ma dovete passare, come sapete fare e state già facendo, dalla protesta alla proposta…”, aveva detto. E l’ex senatrice dem Francesca Puglisi aveva promosso un documento (con migliaia di firme) che denunciava l’uso perverso delle pluricandidature femminili, cosa che aveva avuto come risultato un assottigliamento della rappresentanza femminile Pd. Non siamo un “gentile fan club”, dicevano le firmatarie: “Abbiamo visto un Pd totalmente immobile, ostaggio delle proprie paure… che ha eletto due capigruppo uomini mentre Forza Italia si è data due capigruppo donne e ha eletto un presidente del Senato donna. Come pretendiamo di risolvere i problemi di qualità di democrazia dei Cinque stelle se proprio noi che abbiamo scritto la legge elettorale siamo stati i primi ad aggirare quella norma anti discriminatoria?”. Si erano fatti, allora, i nomi di Debora Serracchiani, Roberta Pinotti e Federica Mogherini per la corsa alle primarie. Oggi però l’unica candidata donna è la non conosciutissima Maria Saladino. Del perché non ci sia una candidatura di peso femminile poco trapela all’esterno, motivo per cui l’urlo Towanda, in assenza di forte “presenza”, cade un po’ nel vuoto e un po’ nel calderone del “cinquanta-cinquanta”, anche se Fedeli fa autocritica: “Prendiamoci le nostre responsabilità, non abbiamo costruito la candidatura forte di una donna al congresso”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.