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Dell'utilità di ascoltare la Raggi

Redazione

La sindaca di Roma c’illumina su codice degli appalti e limite dei due mandati

Forse neppure lei oserebbe immaginarlo, ma seguire Virginia Raggi nelle sue apparizioni televisive è sempre istruttivo. Se non altro, per ricordarci di alcune scadenze di cui, colpevolmente, anche noi rischiavamo di dimenticarci. Il codice degli appalti, ad esempio, Danilo Toninelli aveva promesso che “entro novembre” sarebbe stato “smontato e riscritto”. “Bene ha fatto a metterci mano”, ha esultato la sindaca di Roma martedì sera a “DiMartedì”, dando per fatta una riforma che in verità, a sentire i tecnici del Mit, è ancora lontana dal dirsi compiuta. Siamo a metà novembre, e ancora nulla si sa della nuova versione del codice, che andrà poi comunque tradotto in un decreto da far approvare alle Camere. Senza contare, peraltro, che Toninelli con le date di fine lavori ha i suoi bei problemi: l’analisi costi-benefici sul Terzo Valico, ad esempio, doveva essere completata entro fine ottobre. “E’ arrivata già a Porta Pia”, garantiscono dalla Lega, alludendo all’imbarazzo con cui Toninelli si trova ora costretto ad annunciare la riapertura dei cantieri. Problema di opportunità, pare, se è vero che nel gruppo del M5s in Liguria, guidato dalla combattiva Alice Salvatore, si sta cercando di elaborare una qualche strategia comunicativa che possa giustificare l’ennesima abiura, dopo il Tap e il Muos.

 

Sempre martedì sera, poi, ma a “Porta a Porta”, la Raggi ha risposto con qualche balbettio di troppo alla domanda sulla sua ricandidatura. Si tratterebbe del suo terzo mandato, e dunque sarebbe stato lecito attendersi un No categorico, e invece la sindaca si è rifugiata dietro arzigogolate perifrasi (“Ci sono ancora tantissime cose da fare”), per poi lasciare intendere che se le cose andranno bene, di qui al 2021, tenterà di restare al Campidoglio. Illuminante anche in questo caso, la Raggi, perché ha di fatto confermato le indiscrezioni sempre più ricorrenti sul superamento del vincolo fondamentale del grillismo. E d’altronde, come Luigi Di Maio sa bene, se avessero la certezza di non poter fare un altro giro di giostra sotto le insegne del M5s, tanti parlamentari grillini, a tempo debito, abbandonerebbero la barca: per mantenere la poltrona, o quantomeno lo stipendio intatto.

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