Virginia Raggi (foto LaPresse)

E incassata la vittoria, Raggi adesso cerca il rilancio in Campidoglio

Gianluca De Rosa

Sindaca ringalluzzita. Critica Salvini, studia un rimpasto in giunta e non esclude più un secondo mandato

Roma. Dopo l’assoluzione di sabato al processo e il fallimento domenicale del referedum Atac, Virginia Raggi ha superato forse la fase più complicata del suo mandato, la salita più ardua. E così, quasi giunta a metà mandato, per la sindaca inizia una fase nuova. “E’ finito il tempo della semina, inizia quello del raccolto”, è allo stesso tempo l’adagio e l’ordine imperativo che filtra da palazzo Senatorio. Nel Campidoglio grillino c’è un fermento così entusiasta e frenetico che con fatica sindaca e compagni stanno cercando di domare. C’è fretta: i cittadini vogliono finalmente vedere i frutti dei primi due anni di lavoro. E così dopo l’orgoglio, partono gli annunci. “La prossima settimana, dopo due anni di attesa, finalmente iniziano i lavori per il verde”, ha detto l’altro ieri la sindaca. Neanche un giorno, ed ecco un altro successo: “Entro dicembre assumeremo 500 nuovi vigili. Tutti con risorse di Roma Capitale”.

 

Poi però, paradosso in un’amministrazione che ne ha gia sostituiti otto, s’è detto che per rendere ancor più concreta l’inversione di rotta, sarebbe necessario cambiare qualche assessore. Da giorni si fa sempre più insistente la voce di un rimpasto in Giunta. “Fintanto che gli assessori s’impegnano a raggiungere gli obiettivi hanno pieno titolo a rimanere in squadra, ma se ci sono divergenze di obiettvi, beh, insomma…”, ha detto Raggi, sibillina. A rischio ci sarebbero tre assessori, o meglio, tre assessore: Pinuccia Montanari, Rosalba Castiglione e Margherita Gatta, responsabili rispettivamente di Ambiente, Patrimonio e Politiche abitative e Lavori Pubblici. Alla prima viene contestata la lapalissiana e tragica situazione dei rifiuti; alla seconda di stare troppo in Sicilia (lavora lì come avvocato) e d’interessarsi troppo al Patrimonio e troppo poco a quelle politiche abitative che dovrebbero costituire l’ordinaria e legale soluzione per chi è povero e non ha una casa, e spesso a Roma finisce invece per occupare; alla terza di pensare alla naturopatia (con la quale voleva risolvere il problema delle buche) invece che alle strade della città.

 

Per Raggi però un rimpasto non significherebbe solo una svolta da dare al programma, ma anche un segnale d’indipendenza dai vertici grillini che in passato sono stati padri, ma anche padroni. “Mai più Minenna”, vorrebbe gridare Raggi, in riferimento all’ ex assessore al Bilancio che – come candidamente ha ammesso durante il processo – le fu imposto dai vertici del M5s, e che a sua volta le portò una serpe in seno. Quella Carla Raineri capo di gabinetto imposto e origine di tutti i problemi giudiziari e mediatici della sindaca. Cacciare Montanari, intima amica di Beppe Grillo, che cena con lui ogni volta che il capocomico si trova nella capitale, sarebbe come dire “anche Beppe non mi dà più ordini”. Ma chissà.

 

Il segno di una vera emancipazione. Forse. In realtà, però, tra le tre assessore a rischio, nonostante il bilancio Ama bloccato e le distese di rifiuti, Montanari sembra quella che più probabilmente rimarrà al suo posto. Intervistata dal Messaggero martedì ha detto: “Non mi sento in bilico. Con la sindaca abbiamo fissato degli obiettivi e stiamo cercando di raggiungerli, anche se fare l’assessore a Roma è più difficile di un master ad Harvard”.

 

La Raggi “alla riscossa” intanto aumenta il suo peso politico all’interno del Movimento. E non solo perché in fondo Roma rappresenta un po’ la protostoria dei grillini al governo, e quindi se uscisse vincitrice dai mille perigli e le infinite difficoltà per il M5s sarebbe l’auspicio di un futuro glorioso – addirittura a domanda diretta, su una possibile ricandidatura, martedì sera in tv, Raggi non ha risposto. Un silenzio che vale più di un sì (anche perché ci sarebbe la regola nel M5s che limita a due i mandati elettivi, e Raggi era già stata consigliere comunale). Ma anche e soprattutto perché Virginia Raggi rappresenta la principale arma grillina per smascherare la propaganda di Salvini, quella a costo (quasi) zero sui temi della sicurezza: dagli sgomberi, alle occupazioni fino all’aumento delle forze dell’ordine. Martedì sera, ad esempio, a “Porta a Porta”, la sindaca ha attaccato due volte l’inquilino del Viminale, prima sullo sgombero del Baobab: “La ruspa ha un grande effetto scenico, ma l’effetto reale poi è quello di spostare le persone da un posto all’altro. Salvini parla tanto, ma poi sta al Comune di Roma trovare lo spazio per l’accoglienza”. E poi sui provvedimenti dopo la morte di Desirèe: “Noi abbiamo rafforzato il presidio della polizia municipale a San Lorenzo, ora aspettiamo i 250 uomini in più annunciati da Salvini”.

 

Insomma, se a mettere i bastoni tra le ruote ai grillini nella titanica impresa di abolire la povertà ci penserà la matematica, per sbugiardare Salvini i 5 stelle giocano la carta Raggi.

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