Alcide de Gasperi (foto LaPresse)

Più che di cattolici liberali c'è bisogno di cattolici e liberali (ma senza illusioni)

Sergio Belardinelli

Non esiste una politica cattolica in quanto tale. Esiste una buona o una cattiva politica. Continua il dibattito lanciato dal Foglio

Gli amici del Foglio si domandano se in Italia esistono ancora i cattolici liberali. La questione è indubbiamente interessante, ma anche fuorviante. E’ interessante perché il cattolicesimo liberale, seppure come sparuta minoranza, è sempre esistito nel nostro paese, rappresentando una tradizione politica di assoluto prestigio che da Manzoni, attraverso Sturzo, giunge fino a De Gasperi. E’ fuorviante perché la vera questione da porre non è se esistono i cattolici liberali bensì, più semplicemente, se in Italia esistono i liberali. La gran maggioranza degli italiani, infatti, e non da oggi, guarda a sinistra, al centro o a destra, non certo alla cultura liberale. Dopo la fine della Democrazia cristiana, può succedere che per opportunismo si dicano liberali tanti politici e intellettuali di sinistra o tanti intellettuali e politici di destra, tanti cattolici che adorano le sparate di Papa Francesco contro il libero mercato e quelli che amano invece brandire il crocifisso come simbolo identitario. Ma i liberali dove stanno?

 

Sono almeno trent’anni che diffido della locuzione “cattolici liberali”, ammirando invece coloro che sanno essere “cattolici e liberali”, secondo l’insegnamento di Lord Acton che considerava la propria storia come “quella di un uomo che ha iniziato la sua vita credendosi un autentico cattolico e un autentico liberale, e che perciò ha rinunciato a ogni cosa che nel cattolicesimo non fosse compatibile con la libertà e a ogni cosa che in politica non fosse compatibile con il cattolicesimo”. Programma troppo ambizioso, si potrebbe dire. Eppure sono convinto che nella fede e nella cultura cattolica siano reperibili le migliori risorse per fronteggiare gran parte dei gravi problemi politici della nostra epoca. Penso all’idea di libertà e dignità di ogni persona umana; al dovere della carità, della responsabilità, della speranza; a una certa diffidenza nei confronti del potere, di qualsiasi potere, anche di quello ecclesiastico; al realismo col quale occorre stare al mondo, senza alcuna pretesa di esserne padroni, aperti invece all’incertezza della pluralità. Gli uomini, non l’uomo, abitano questa terra, amava ripetere Hannah Arendt. Tuttavia, se vogliamo prendere sul serio la secolarizzazione nei suoi esiti migliori, dobbiamo anche riconoscere che non esiste una politica cattolica in quanto tale. Esiste una buona o una cattiva politica dell’educazione, una buona o una cattiva politica fiscale, una buona o una cattiva politica estera, una buona o una cattiva politica sull’immigrazione, ma non una politica “cattolica” su questo o quel problema.

 

Quanto al fatto che, come dicono gli amici del Foglio, i cristiani d’Europa tifano ormai per Bannon e Salvini, direi che siamo di fronte alla tragica (e comica) conseguenza di una cultura che, a destra e a sinistra, soprattutto a sinistra, e spesso con la complicità di tanti cattolici, negli anni passati ha fatto di tutto per erodere quel poco o tanto che di cattolico e di liberale esisteva nella cultura e nelle istituzioni politiche dei nostri paesi. Ecco allora i crocifissi che si levano come simbolo identitario contro l’Unione europea, la democrazia della rete contro i meccanismi della rappresentanza liberaldemocratica, il trionfante statalismo che, a qualsiasi livello della vita civile, non soltanto a livello economico, rischia di sterilizzare ogni capacità di intraprendere da parte dei cittadini. In questa situazione, battiamo pure un colpo, ma non facciamoci illusioni.

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