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Obbligo del crocifisso e scorte per i fedeli, storie di ordinario fanatismo

Adriano Sofri

Trento e Trieste unite nell'imporre la croce in ogni luogo pubblico, in particolare nei porti, peraltro già chiusi agli infedeli

La triste filosofia del proibizionismo culmina nell’obbligazionismo. L’annosa questione dell’esposizione del crocifisso nelle scuole e nei luoghi pubblici, e la sua annuale appendice natalizia sui presepi, vorrebbe da tempo essere risolta dalla Lega rendendo obbligatorie per legge esibizione – “in bella vista, alta” – del crocifisso e costruzione del presepio. La differenza (la piccola, anzi impercettibile differenza, secondo i massimalisti del “sono tutti uguali, Renzi e Salvini”) sta nel fatto che la Lega ora dispone. A Trento e Trieste, di nuovo affratellate per l’occasione, ci hanno appena riprovato. Crocifisso obbligatorio, sostengono i rispettivi governanti, dappertutto, in particolare nei porti, peraltro già chiusi agli infedeli. Una discrezione nel rispetto delle sensibilità diverse – quanto a me, come potrei non voler bene all’immagine di un condannato a morte? – è spazzata via dall’obbligo. Il quale, tutte le differenze manesche considerate, emula il fanatismo pachistano della persecuzione di Asia Bibi e del suo crocifisso, rispettato là al prezzo della vita.

 

Il novello presidente della provincia di Trento, leghista, oltre a proclamare crocifissi obbligatori dunque intimidatori, è saltato in groppa a una fotografia di un uomo preso di spalle di notte mentre fa la pipì su un muro della storica chiesa di Santa Maria Maggiore, sede nel 1545 della prima processione solenne del Concilio di Trento. In un impeto decisionista, il presidente, Maurizio Fugatti, scavalcando sindaco, questore e altre autorità competenti, ha annunciato un bando di 50 mila euro per un servizio di vigilantes privati che facessero da scorta ai fedeli frequentatori della basilica di Santa Maria. Il sindaco gli ha ricordato le competenze rispettive, l’arcivescovo, Lauro Tisi, ha spiegato: “Mi rattrista profondamente che un luogo di culto, e in particolare la Basilica che ha legato il proprio nome a uno dei Concili più importanti della storia, rischi di finire al centro di qualsivoglia strumentalizzazione. E’ un’eventualità che scongiuro con fermezza… Una chiesa, valore di un’intera comunità, deve unire, non dividere. Deve poter essere luogo aperto a tutti, senza preclusioni”.

 

I fedeli hanno chiarito di non sentire il bisogno di essere scortati, come la vecchietta cui il boy-scout fa attraversare la strada a tradimento. Più terra terra, un cittadino, F.B., di evidente formazione classica, ha scritto ai giornali: “La cosa non giova alla vivibilità di Trento, pur molto lodata. Ricordo che nella mia purtroppo lontana gioventù la città disponeva di diversi pubblici orinatoi, punto di raccolta e sfogo per noi ragazzi. Ricorderò qui il motto latino ‘Si amicus tuus mingit, minge aut mingere finge!’. Lascio agli studenti del Liceo classico G. Prati l’onere della traduzione [Vulgata: chi non piscia in compagnia o è un ladro o è una spia]. Sta di fatto che la gioventù odierna, assai deplorevolmente, preferisce al vino la birra, consumata tra l’altro in quantità notevole. Il fatto fa crescere considerevolmente le emissioni urinarie. In casi come questi giudico ragionevole arrendersi all’evidenza: ridiamo a Trento i pubblici orinatoi”. Fra i primi atti del presidente leghista sta anche il dimezzamento “esemplare” del numero di profughi pachistani, 40, finora accolti con successo dal comune: una misura tutt’altro che solidale con Asia Bibi, diciamo.

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