Luigi Di Maio e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Manca un'opposizione in grado di romanizzare i barbari gialloverdi

Massimo Adinolfi

Ma il fatto che non ci sia, al momento, non mi convince ancora a consegnarmi alle truppe di Brenno

La politica populista prevede tre passaggi, ha spiegato Giovanni Orsina sulla Stampa, ragionando della risposta del governo dopo il crollo del ponte Morandi. Primo: risposte immediate, “a tempo di social”, all’indignazione popolare. Secondo: individuazione di un capro espiatorio contro cui dirigere l’indignazione (spontanea o sobillata: mi pare di capire che la distinzione conti poco). Terzo: sacrificio del capro espiatorio e, per il suo tramite, riaffermazione della sovranità della politica “su qualsiasi protezione non politica – contrattuale, economica, giuridica, internazionale – [il capro espiatorio di turno] possa avere”.

 

Nel caso del disastro di Genova, le reazioni immediate ci sono state, in effetti: basti pensare, oltre che ai tweet e ai post del duo Salvini-Di Maio, alle memorabili parole del presidente del Consiglio, secondo il quale la politica non può aspettare che la giustizia individui i responsabili. C’è stata anche l’individuazione del capro espiatorio (secondo passaggio), ed è stata ottima e abbondante: il Pd, l’ex ministro Delrio, i passati governi e le passate amministrazioni, le politiche ambientali, la società Autostrade, i Benetton, la ricerca del profitto. Quanto al terzo, sacrificale passaggio – che poi è quello che darebbe un minimo di concretezza alla sopra descritta politica populista – è ancora di là da venire, e chissà mai come e se verrà, ma non v’è dubbio che ci proveranno: ci stanno già provando.

 

Ora però domando: a quale dei tre così ben dettagliati passaggi Orsina pensa quando propone – come ha proposto sul Foglio di “romanizzare i barbari”, di renderli più politi, più civili, persino più colti? Non credo che intenda raccomandare di dilatare i tempi di reazione sui social (primo passaggio), ma neppure di essere meno approssimativi nella ricerca indefessa del capro espiatorio (secondo passaggio), o più efficaci e anzi spietati nello spogliarlo di ogni protezione (terzo passaggio). E allora com’è che mi trovo completamente d’accordo con la sua descrizione della politica populista, ma in forte difficoltà nel capire cosa significhi e come debba procedere l’urbanizzazione del grillo-leghismo?

 

Per l’assunzione di alcuni dei suoi temi, mi pare che Orsina suggerisca. Detto infatti che il populismo che ci sgoverna viene da lontano (d’accordo), che è l’ultima conseguenza di un cedimento culturale risalente a Tangentopoli (d’accordo) che ormai invade tutta la scena, non solo l’attuale maggioranza (d’accordo pure su questo), Orsina pone la domanda capitale: quando ci opponiamo alla maggioranza giallo-verde, cos’è che difendiamo? Risposta: “Le regole del diritto, del mercato, dell’Europa”. E qui sono un po’ meno d’accordo nel dire che la difesa non va così bene, e bisognerebbe piuttosto mettersi dalla parte delle nazioni (contro l’Europa), e dalla parte dello Stato (contro il mercato), e infine dalla parte della politica (contro il diritto).

 

Naturalmente, Orsina non è un antieuropeista scriteriato che disprezza il mercato e vuol far strame del diritto. Ma, a mia volta, io non sono un euro-forico che disprezza lo stato nazionale e trasforma la politica “sangue e merda” in un algido consesso di giureconsulti. Però penso che i termini in gioco non siano affatto da opporre: c’è mercato, infatti, solo dove c’è stato, c’è diritto solo dove c’è un potere politico a cui il diritto si regge, e direi persino che, secondo un certo senso storico, ci sono nazioni soltanto in Europa: tutto sta a capire come ci stanno e come ci vogliono stare.

 

Lo schema populista, tuttavia, coi suoi tre passaggi così ben spiegati da Orsina, consiste invece nel costruire ad arte simili opposizioni, il più possibile ultimative, in modo che uno dei due termini possa affermarsi solo col sacrificio del secondo (e pure con un certo “sacrificium intellectus”, se posso dire en passant, con un po’ di spocchia). Cos’è, allora, che stiamo difendendo, chiede Orsina? Direi: la possibilità di costruire un pensiero, oltre che una politica, del diritto, del mercato, dell’Europa, prima che uno dopo l’altro tutti questi termini, e le protezioni ad esse connesse, vengano spazzati via dal sano realismo populista, dal buon padre di famiglia populista, dal senso comune populista. Dai tre passaggi dello schema di Orsina, insomma.

Romanizzare i barbari, o provare a cambiare schema? Il fatto che non ci sia una opposizione in grado di farlo, al momento, non mi convince ancora a consegnarmi alle truppe di Brenno.