Beppe Grillo (foto LaPresse)

Internazionale del vaffa

Ugo Nespolo

Sarà vero che i grillini sono nati dal Situazionismo? No, gli manca l’estetica e la profondità professionale

A me è parsa subito stravagante l’idea di porre a confronto atteggiamenti e persino frammenti di idee e ideologie dell’Internazionale Situazionista (I. S.) con quelle d’origine del Movimento cinque stelle, proprio quello che di questi tempi si è maritato (separati in casa in qualche modo?) con il leghismo sfascia a più non posso!

 

Ma il raffronto (del 2013) è stato pensato e proposto da una testa finissima, quella di Mario Perniola, certo uno dei maggiori e più eclettici filosofi degli ultimi anni. Perniola che negli anni Sessanta era stato attore di un rapporto non solo epistolare con Guy Debord, colui che quell’istanza intransigente ed estrema aveva creato, sostenuto fino all’eclisse dei primi anni Settanta.

 

Logica tagliente quella di Perniola come lunga prefazione al suo L’avventura Situazionista dove ben si evidenzia come il rifiuto di Debord a far parte della Société du Spectacle e tutti gli atteggiamenti di rivolta, non solo verbale, verso quell’ideologia possa (forse) in forma caricaturale esser parte degli originali Vaffa di cultura grillesca. Si stenta a credere che Grillo si sia dedicato ai ponderosi documenti, testi, manifesti e soprattutto alla conoscenza degli esiti estetici, filosofici e artistici che sono davvero l’anima dell’I.S. E se – per puro caso – è esistito un pensiero nobile grillesco toccherà prendere atto che le sbrodolature alla Casaleggio han più da fare con i perfidi diktat della rete roboante, eco silenziosa dell’anonimato urlante.

 

Persino Massimo Cacciari ha provato a riconoscere a Grillo un atteggiamento anarco-situazionista tutto impastato di web, un amalgama che si tiene – e ora prova confusamente a decidere le nostre opache sorti – su slogan demagogici e confusa efficienza operativa. Perniola nota da subito la mancanza di una sana visione etico-estetica, sorta di tensione verso l’andar oltre sé stessi, la gioia del superarsi, l’anelito verso quello che si dovrebbe essere anziché bearsi del poco che si è. Bisogna esser degni di ciò che si professa per indignarsi, ovvero: “prima di fare la rivoluzione bisogna fare i rivoluzionari!”.

 

I situazionisti, e Guy Debord in testa, fondavano le loro istanze e tutti i loro atteggiamenti su solide basi culturali, radici profonde nella cultura dei classici, rapporto stretto con la cultura esistenzialista cardine del pensiero europeo del secondo Novecento. Fondamentale poi nell’I.S. la cultura artistica di fondo, quella che si considera mai definita e perenne ma che per contro aspira al superamento continuo in una tensione ideale verso una sorta di perfezione da inseguire. Nei Cinque stelle brilla invece l’atteggiamento sdegnato e negativo fatto di antintellettualismo e mancanza di profondità professionale. Il giochetto che tutti possano e sappiano far tutto e di tutto come in uno scambio magico di ruoli equivalenti è un equivoco che rivela proprio la pochezza di profondità e di rispetto verso la specificità e la sudata competenza. Perniola ripropone poi le dieci regole scritte da Noam Chomsky secondo le quali la Société du Spectacle tiene sotto controllo il sociale. Sono regole che hanno molto da fare con la prassi e l’ideologia dei Cinque stelle.

 

1: La strategia della distrazione / Distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti. 2: Creare il problema e poi offrire la soluzione. 3: La strategia della gradualità / Far accettare misure impopolari introducendole gradualmente. 4: Strategia del differire / Proporre decisioni impopolari presentandole come dolorose e necessarie. Sacrificio di domani e non immediato. 5: Rivolgersi alla gente come a dei bambini. 6: Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. 7: Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. 8: Stimolare il pubblico ad esser favorevole alla mediocrità. 9: Rafforzare il senso di colpa / Far credere agli individui d’esser loro responsabili dei propri guai. 10: Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca.

 

Le 10 regole di Chomsky son proprio quelle (non da sole) attraverso le quali si rende accettabile anche quanto è sottilmente dittatoriale e rivoltante. Par d’essere di fronte ad una sorta di neo entrismo trotskista, una ramificata infiltrazione nel corpo del nostro agire e pensare, una lenta narcolessia in balìa della quale si dovrebbe tutto assimilare.

 

Cerchiamo di restare svegli.

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