Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Troppi guanti bianchi per le ruspe di governo

Giuliano Ferrara

Il loro gioco è metterci a tacere. Fa impressione questa idea che si debba reagire all’intimidazione e al turpiloquio istituzionale con opere sane e buone parole

Sorvegliate il linguaggio, abbassate i toni, imparate a distinguere, ad argomentare, e tu, Manu, non fare il Macron tiranno, non parlare di “lebbra” nazionalista, attento a quello che dici e a come lo dici, così si esprimono i dittatori. Bè, il Papa regnante è un monarca assoluto (era) a metà tra cielo e terra, ma non sarebbe un tiranno, eppure definì la curia “la lebbra della chiesa”. Questa idea che si debba reagire all’intimidazione e al turpiloquio istituzionale, fin nei centri nevralgici del governo, con opere sane e buone parole mi fa impressione. Nel paese del vaffa e della ruspa di governo ci vuole un soprassalto di prego, grazie tante, obietterei e mi consenta dottor Salvini, ma che bravo papà, mi censisca, si accomodi. E poi cos’è tutta questa ossessione di reagire all’intimidazione, che sarà mai un ministro dell’Interno che chiude i porti, disprezza l’Unione europea, si dimentica di Marco Biagi, detesta ben dieci vaccini e qualche migliaio di zingari allo stesso titolo, fa del Viminale un’altra presidenza del Consiglio in attesa del trasferimento in via Bellerio, e vuole mettere tutti a cuccia con spirito putinian-patriottico e senso acuto delle paure sociali vere o inventate, sputazzando qui e là le sue sentenze a scopo microelettorale invasato del suo ruolo e dei suoi aedi, il Capitano, il Dux da Strapaese. Ooops, riecco l’insulto, sorvegliati Giuliano, rispetta le istituzioni, aspetta tranquillo il giorno in cui ci vorrà il visto per lasciare l’Italia e per raggiungerla, aspetta il momento in cui bavaresi austriaci e ungheresi, che purtroppo per loro non hanno porti da chiudere, ti chiuderanno la porta in faccia e ti locupleteranno di rimpatri patriottici e secondari, come si dice, abbi un momento di pazienza, segui bene l’attività del ministro dell’Economia, non credere che sia poi tanto facile rimettere il tuo paese entro una soglia di gran lunga inferiore a quella della Grecia, che ha recuperato la cravatta di Tsipras, uomo di stato, e ha perso il grande sogno di lottare contro il Minotauro globale a colpi di dracma.

 

Questa del lasciamoli lavorare l’ho già sentita, lo dicevo io quando governava bonario e danzante il capoazienda che aveva rotto il monopolio di stato dell’informazione televisiva, che aveva ritirato fuori la risonanza almeno della parola libertà, che aveva sfidato le monetine contro il suo amico Craxi, ma al momento e non vent’anni dopo, che predicava un patriottismo calcistico inoffensivo, l’idea che si fosse responsabili ciascuno della propria fetta di sicurezza e ascensione sociale, che sorrideva e non ghignava, che prometteva e realizzava in parte (Ricolfi dixit) quanto promesso con un governo ricco di follia e di buonsenso, aggredito da magistrati d’assalto ai quali doveva rispondere con leggi ad personam benedette, con una politica estera occidentale e europeista, quando quel tipaccio circondato da ras come Gianni Letta e altri Farinacci voleva liberare l’Italia da grugno grottesco della Repubblica delle procure, dalla detenzione preventiva a scopo di estorsione delle confessioni, l’incarnazione contemporanea della tortura; quando l’unico a dire che lo voleva emulare competendo e non buttarlo in galera era un giovane sindaco di Firenze che poi prese la staffetta e fece la sua corsa pagando duramente la rinuncia alla demagogia e varando un connubio per ridurre il numero dei parlamentari, abolire il Senato, e darci il ballottaggio, mentre correggeva lo statuto laburista di Brodolini varato cinquant’anni fa, metteva soldi contro lavoro nelle buste paga e avviava la ripresa e diminuiva gli sbarchi, lui e il suo successore, del 75 per cento polemizzando in maniera civile con gli europei taccagni, ottenendo in cambio il voltafaccia spregevole degli elettori e un mezzo colpo di stato guidato dai soliti pm e da carabinieri ben avviati sulla strada del vogliamo i colonnelli. Ecchessaràmai, questi si potevano insultare, questi altri vanno trattati in guanti bianchi, sennò, e qui rido, si fa il loro gioco.

 

Il loro gioco è uno solo, metterci a tacere, farci lavorare otto ore la settimana per un sussidio, se otto ore vi sembran poche provate voi a non lavorar, scurire le  domeniche sbaciucchiando le gerarchie cattoliche ansiose di recuperare gente alla messa togliendola dai supermercati, e sparacchiare ai negher come a Macerata il candidato del Capitano guadagnandosi al massimo un rabbuffo educato del cardinal Bassetti e una invitation au voyage dans la politesse di una manica di ruffiani impegnatissimi contro Macron e Angela Merkel. Sapete che cosa dovete fare con i vostri eufemismi, amici degli amici degli animali che restringono bambini messicani e lasciano in mare i negher? Metteteveli in quel posto.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.