Markus Söder

Chi è il regista dello stallo sull'immigrazione che tiene sotto assedio l'Europa

Paola Peduzzi

Il bavarese Markus Söder ha invitato l’austriaco Kurz per discutere della frontiera che hanno in comune. La Merkel non è gradita 

Milano. A volte capita, nell’Europa che cerca un’identità comune affidandosi a valori condivisi, che le esigenze dei piccoli e dei pochi finiscano per tenere in apnea l’intero continente – l’intero progetto dell’Unione europea. Accadde per esempio nel 2016, quando il governo della Vallonia, in Belgio, guidato dal socialista Paul Magnette (che alle elezioni aveva preso 787 mila voti), riuscì a bloccare la firma dell’accordo commerciale con il Canada, il Ceta, tenendo in sospeso tutta l’Ue, che si ritrovò a dire all’incredulo premier canadese Justin Trudeau: abbi pazienza, ora la risolviamo. Accade anche oggi, in Baviera, il secondo Land più importante della Germania, 12 milioni e mezzo di abitanti e un partito, la Csu, che tiene sotto assedio la cancelliera, Angela Merkel, e buona parte dell’Europa (ala liberale) sulla questione dell’immigrazione.

 

La Merkel, che guida un governo con la Csu – “cugina” del suo partito, la Cdu: insieme formano l’Unione, che rappresenta il polo conservatore della politica tedesca dal Dopoguerra – e con i socialdemocratici, sta cercando di calmare le pretese del suo ministro dell’Interno, il cristiano-sociale Horst Seehofer, che vuole sbarrare l’ingresso in Germania dei richiedenti asilo che si sono già registrati in un altro paese membro dell’Ue. La Merkel ha detto al suo ministro: fai accordi diretti con gli altri paesi coinvolti, in particolare con l’Italia, in particolare con il tuo collega Matteo Salvini, che pure – a logica – dovrebbe essere del tutto contrario a una normativa che regola i movimenti secondari a danno dei paesi di primo approdo. Ma la regia dell’operato di Seehofer in realtà non sta al ministero dell’Interno tedesco, bensì direttamente in Baviera, nell’ufficio del “primo ministro” del Land, Markus Söder. 

 

Classe 1967, studi da giurista, una breve carriera come anchorman, Markus Söder è famoso per i suoi travestimenti: s’è vestito da Marilyn Monroe, da Homer Simpson, da Shrek, e spesso di fianco a lui nelle foto c’è Seehofer, con l’aria del bambino che si è fatto fregare la porzione di torta più grande dal fratello minore. Le liti tra i due sono leggenda in Baviera, si sono detti e fatti ogni genere di cattiveria per molti anni, fino a che Söder non è riuscito a sottrarre a Seehofer la guida della regione. Ora i due si sono ritrovati per una battaglia che piace molto anche al di fuori dei confini della Germania: affossare la Merkel. Seehofer attacca ma tiene aperto il dialogo con la cancelliera, mentre Söder punta dritto al cuore della Merkel, l’accoglienza “è un errore fondamentale”, abbiamo bisogno “di una reale marcia indietro sull’immigrazione”, ha detto in un’intervista alla Welt. Söder minaccia anche di rompere l’alleanza storica con la Csu, l’Unione, dice di voler lanciare il proprio partito a livello nazionale, rappresentante unico dell’elettorato conservatore stravolto dal liberalismo della Merkel: secondo un sondaggio Forsa di ieri però la cancelliera è più popolare nel Land sia di Seehofer sia di Söder, anche tra gli elettori della Csu, e per il 75 per cento dei bavaresi l’immigrazione non è la questione più rilevante. Ma l’unica preoccupazione è il voto in Baviera del 14 ottobre prossimo: si teme un ottimo risultato dell’Adf, la compagine xenofoba che, come in altri paesi, costringe i partiti di destra a ripensarsi e ricollocarsi. Alle elezioni dello scorso settembre, la Csu ha perso 10,9 punti percentuali rispetto al 2013. Da quel momento Seehofer ha dovuto scacciare l’incubo più grande: passare alla storia come il primo ministro bavarese che ha presidiato la perdita della maggioranza assoluta della Csu nel Land. Come uscirne? Levando terreno all’AfD, utilizzandone gli stessi termini – la lotta al “turismo dell’asilo politico” – e rilanciando i valori cristiani (è luterano) e l’identità bavarese, oltre che la chiusura dei confini.

 

La Baviera, a differenza dei valloni, ha un peso specifico importante: contribuisce al 18 per cento al pil nazionale, ospita una decina delle trenta aziende del Dax, è un Land vivace e operoso, oltre che espressione di un partito al governo. Forte di questa rilevanza, Söder si è associato con il governatore dell’Assia (dove si vota il 28 ottobre) per fare campagna non tanto contro l’AfD quanto contro la Merkel: non vuole alcun aiuto elettorale dalla cancelliera ma ha già accolto il premier austriaco, Sebastian Kurz: hanno parlato di come gestire – chiudere – la frontiera che la Baviera condivide con l’Austria. Se il format dovesse diventare mainstream, le ripercussioni sarebbero immediate: pur se la determinazione bavarese affascina molto i governi anti immigrazione, non c’è molto da guadagnarci per l’Italia in questo assedio locale che tiene tutta l’Europa in bilico sull’area Schengen.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi