Claudio Borghi. Foto LaPresse

“Caro Borghi, la campagna elettorale è finita”, dice Valentini (Pd)

David Allegranti

Dopo la sortita del responsabile economico della Lega sulla governance di Mps da mandare a casa, parla il sindaco di Siena

Roma. Bruno Valentini, sindaco di Siena, non ha molto gradito la sortita di Claudio Borghi, responsabile economico della Lega, sulla governance di Mps da mandare a casa. “Poiché la campagna elettorale è finita, non c’è bisogno di fare annunci a effetto per strappare un titolo di giornale o rivendicare spoils system, annunciando che si cambiano gli amministratori perché è cambiato il padrone. La banca è una impresa delicata e vive di fiducia. Specie se è quotata in borsa, una persona influente, in un partito di governo, che potrebbe anche fare il ministro, deve avere senso di responsabilità. Io naturalmente non discuto il diritto di Borghi o altri a fare scelte diverse, né difendo a spada tratta il management della banca. Però che bisogno c’è di andare sui giornali dicendo che vuoi sgomberare il vertice di una banca solo per mettercene un altro a te vicino? Siena non ha bisogno di questa sovraesposizione mediatica, che invece noi vorremmo allontanare dopo le storie di festini, fuori onda e illazioni sulla magistratura deviata che più di un anno fa produssero le montagne russe delle quotazioni del titolo del Monte dei Paschi, dilapidando risorse e rovinando azionisti”.

  

Quanto alla permanenza dello stato dentro la banca, auspicata da Borghi, Valentini è d’accordo: “Sono stato io il primo a dire che si potevano rinegoziare le condizioni con la Bce e che lo stato non poteva uscire dalla banca e che prima di uscire era bene che si desse stabilità al Monte dei Paschi. Mps deve essere una banca ripulita dalle sofferenze, che ha che ha una sua ritrovata solidità patrimoniale”. Nel frattempo però “si abbandoni la tentazione di fare di nuovo campagna elettorale su quello che resta della banca, chi è al governo ci dia gli strumenti per proseguire su un terreno positivo su cui ci hanno portato Padoan e il governo Gentiloni, che hanno salvato il Monte dei Paschi, mantenendolo indipendente. Il percorso, appena cominciato, è complesso e lungo, non si può giocare con la sorte di 22 mila dipendenti e la fiducia di milioni di risparmiatori”. Ma il Pd non ha le sue responsabilità? “Lo sappiamo benissimo. Il Pd era la parte predominante di quella classe dirigente, molto più larga, che spinse, accettò e applaudì all’operazione Antonveneta, che si concluse con la nomina di un fedelissimo di Berlusconi alla guida della stessa Banca Antonveneta, con l’assenza e la complicità di Banca d’Italia, Consob e Mef. Fu una sciagurata operazione che fu fatta per riportare una banca comprata da stranieri in mani italiane. Dunque non nego le responsabilità del Pd di quell’epoca, che ha le sue colpe. Ma noi abbiamo fatto pulizia”. 

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.