L'incontro tra parlamentari M5s e Lega Nord al Pirellone (foto LaPresse)

Salvini, Di Maio, il dramma del contratto con la figura terza

Claudio Cerasa

Perché per non tradire i propri elettori gli unici presentabili sono gli incompetenti

La disperata e comica ricerca di una figura terza che possa mettere magicamente d’accordo i vincitori del 4 marzo – e che possa permettere ai due gemelli diversi del populismo italiano di trovare un modo per rendere presentabili le proprie impresentabili idee, come raccontiamo a pagina tre nel primo editoriale – è forse il romanzo più spassoso di questa fase (speriamo) finale delle consultazioni politiche. Lo spasso deriva dal vedere i nemici del compromesso impegnati a trovare un forse impossibile compromesso. Deriva dal vedere i nemici del principio di realtà intrappolati nella bolla della propria propaganda. Deriva dal vedere le gustose contorsioni con cui Salvini prova a far dimenticare quello che fino a qualche settimana fa diceva di Luigi Di Maio – “è di una pochezza e di un’ignoranza difficilmente eguagliabili” – e con cui Di Maio prova a convincere i suoi elettori che allearsi con un partito coalizzato in tutto il paese con FI sia meno grave di allearsi con un partito che con FI aveva fatto un patto per riformare la Costituzione. Deriva da tutto questo, e come vedete neppure l’arrivo dei barbari ci toglierà il buon umore, ma deriva anche dalle due ragioni che stanno rendendo difficoltoso il tentativo di Salvini e Di Maio di trovare una figura terza capace di onorare sia la Costituzione materiale della Repubblica italiana sia la Costituzione non materiale della Repubblica dei populisti.

 

La Costituzione della Repubblica italiana ricorda che il primo ministro non può essere il primo scappato di casa ma deve essere qualcuno in grado di dirigere la politica generale del governo e di mantenere l’unità di indirizzo politico e amministrativo. Sul primo punto persino i populisti potrebbero trovare qualche volto presentabile pronto non a soffrire di fronte all’arrivo dei barbari, ma a offrirsi. E’ sul secondo punto però che nascono i problemi. E’ sul secondo punto che da settanta giorni e passa Salvini e Di Maio sono ostaggi della propria retorica.

 

Questione numero uno: come si fa a trovare un volto terzo presentabile quando da anni, senza neppure conoscere l’abc della nostra Costituzione, i populisti dicono che l’unico presidente del Consiglio non golpista sia quello eletto dal popolo, ovvero colui che si è presentato alle elezioni come candidato premier? Questione numero due: come si fa a trovare un volto che sia neutrale, e dunque terzo, quando da mesi i populisti ci ricordano che non esistono tecnici neutrali e che ogni figura terza ha sempre una sua connotazione politica? Questione numero tre e questione non sufficientemente esplorata: come si fa a individuare una figura terza, indipendente, neutrale, quando in nome della incosciente battaglia anti sistema è stata delegittimata ogni tipologia di riserva della Repubblica? E’ possibile puntare su un tecnico della Bocconi, o su un rettore, quando i populisti hanno trasformato il modello Monti in un modello nemico della democrazia? E’ possibile pescare dall’Europa, uno dei tanti e stimati tecnocrati italiani, quando i tecnocrati sono stati presentati ai propri elettori come il volto simbolo di una democrazia con le brache calate? E’ possibile puntare su un qualche manager che nella sua vita ha ricevuto una qualche buonuscita dal valore superiore a quello di un reddito di cittadinanza? E’ possibile puntare su un volto con un passato in Bankitalia quando i populisti di ogni tipo hanno contribuito a trasformare Bankitalia in una sorgente non di saggezza ma di destabilizzazione della democrazia? Resterebbe naturalmente la magistratura, ma poi Salvini come lo spiegherebbe agli elettori del Cav. di aver scelto un cocco di Davigo?

 

Resterebbe naturalmente un qualche ex membro della Corte costituzionale, ma poi Di Maio come lo spiegherebbe ai suoi elettori di aver scelto un costituzionalista non schierato contro il referendum Boschi e magari in passato intravisto a prendere un caffè con Giuliano Amato? Impossibile. Ogni profilo terzo, neutrale, tecnico, ogni profilo indipendente, sarebbe incompatibile con la costituzione non materiale della repubblica dei populisti. E ogni nome terzo, a meno che non sia politico e a meno che Maduro non accetti l’incarico, è destinato a cadere giù dalla sedia con la stessa grazia mostrata dal simpatico Sapelli. Tutto questo vale a meno che il nome terzo non abbia esperienza. A meno che il nome terzo, se mai ci sarà, non contenga l’unica caratteristica compatibile con la retorica vuota della impresentabile repubblica dei populisti: la totale, trasparente e onesta incompetenza. Auguri a tutti noi.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.