Franco Bernabè (foto LaPresse)

“Con Salvini e Di Maio non ci saranno sfracelli”. Parla Franco Bernabè

Salvatore Merlo

L'ex amministratore delegato di Telecom Italia non teme il governo Lega-M5s: “Anti sistema? Sulla Fornero e la politica estera hanno posizioni molto più ragionevoli di quello che sembra”

Roma. “Non ci saranno rivoluzioni né sfracelli. Anche all’estero, negli ambienti finanziari, c’è una percezione sbagliata”. E Franco Bernabè, sessantanove anni, manager, banchiere, finanziere, ex amministratore delegato di Telecom Italia, ex vicepresidente di banca Rothschild, membro del Gruppo Bilderberg, sembrerebbe quanto di più lontano ci possa essere dal sovranismo della Lega e dalla retorica antifinanza del M5s. Eppure, dice Bernabè, “Lega e M5s hanno posizioni molto più ragionevoli di quello che sembra. A preoccupare, e a confondere, è il loro linguaggio incendiario. Ma quello è solo il codice della comunicazione moderna. La posizione della Lega sulla legge Fornero, per esempio, non è affatto bislacca. Loro sanno benissimo che eliminandola non reggerebbe più il sistema previdenziale”.

 

Però Matteo Salvini ha detto che la vogliono abolire. “Ma non i suoi consiglieri economici. Che dicono altre cose. Parlano di piccole modifiche a una riforma perfettibile”. E il referendum sull’euro di Beppe Grillo, invece? Chi ha un conto in banca o un’impresa non dovrebbe preoccuparsi? “Non esiste il referendum”, ride Bernabè. “Guardi, molte cose si dicono per finalità di campagna elettorale. In Italia non si sta per formare un governo di pericolosi matti sovversivi. Bisogna invece inquadrare il fenomeno dentro la grande trasformazione del codice e della grammatica politica, che è passata dalle ideologie del ’900 ai tweet di Trump”. Ovvero? “Conta spararle grosse, ma poi si fa la pace con la Corea del nord”. Speriamo.

 

Lei era amico di Gianroberto Casaleggio? “Abbiamo lavorato insieme in Telecom”. E ha votato per Di Maio? “Non me la faccia questa domanda”. Però è stato fatto il suo nome come possibile ministro. “E’ una cosa inverosimile. Non so nemmeno a chi possa essere venuto in mente”.

 

E insomma Franco Bernabè si mette quasi a ridere quando gli si dice che lo spread è un po’ salito e la Borsa è un po’ calata all’annuncio che forse si farà un governo Di Maio-Salvini. “Fin quando non si capirà bene cosa succede nella politica italiana, anche il mercato sarà incerto. E il mercato aborrisce l’incertezza. Per questo lo spread è aumentato. Ma è un mercato in realtà calmo, che sta a guardare, e forse la pensa come me”. Cioè pensa che non ci sia niente da temere. “In alcuni ambienti internazionali è passata l’idea che ci siano due partiti antisistema, e populisti, che si preparano a governare l’Italia. Ma è un’analisi facile, e miope”.

 

Non sono populisti? “Se il termine di paragone sono i fenomeni di massa degli anni Venti e Trenta, il parallelo è sballato. Ci sono due cose che vanno osservate, invece. La prima è che abbiamo definitivamente perso quei riferimenti ideologici che in passato spiegavano tutto, che davano tutte le risposte, che rendevano il mondo chiaro e rassicurante perché ingabbiato in uno schema. La seconda cosa da osservare è che si è perso il linguaggio politico. Oggi è più condensato e urlato. Condizionato dalle tecnologie. Finalizzato ad attrarre l’attenzione, non a sviluppare il pensiero. Contano la sintesi, e il tono deciso. Quando uno mette insieme queste cose si spiega anche il fenomeno Trump. E si spiega perché, malgrado Trump appaia un guerrafondaio, malgrado faccia dei tweet da dottor Stranamore, poi invece sia l’uomo che riesce a distendere i rapporti diplomatici con la Corea di Kim Jong-Un. Lì dove Obama, il premio Nobel Obama, aveva invece creato tensioni. Siamo nell’epoca della totale e definitiva de-ideologizzazione, e anche dell’imprevedibilità. Lo dimostra pure questa ipotesi di alleanza tra Lega e Cinque stelle, due forze molto diverse. Salvini è il nord, Di Maio è il sud, l’uno è la flat tax, l’altro è il reddito di cittadinanza. Questo comporterà che dovranno anche definire un programma in realtà molto diverso da quello enunciato in campagna elettorale”. Diverso e più rassicurante, forse.
 

Ma davvero non hanno niente in comune Lega e M5s? Sicuro sicuro? “Sono due forze critiche nei confronti della globalizzazione. Questo sì. E secondo me non hanno torto. Perché la globalizzazione è stata gestita male, non ha provocato soltanto la delocalizzazione dei lavori a basso valore aggiunto, ma sta mettendo a rischio anche quelli più specializzati. La globalizzazione va ripensata”.

 

Ma non è un compito che richiederebbe straordinarie competenze, cultura, capacità di analisi della complessità, dei mercati e dei loro meccanismi? Davvero Di Maio e Carlo Sibilia possono ripensare la globalizzazione? “Loro forse non hanno grandi competenze, e quindi credo che faranno degli errori. Anche rilevanti. Ma così faranno pure esperienza. E impareranno. D’altra parte è la democrazia che funziona in questo modo. Un mondo governato dalle élite non è il migliore dei mondi possibili”.

 

Sì, però chi sta al governo può compiere errori catastrofici, se è incapace, mattoide, se coltiva ossessioni, idee strampalate sul mondo, sulla società, sull’economia… “Se facessero grandi errori, e cose strampalate sarebbero cacciati. Cacciati subito dai mercati. D’altra parte viviamo in un’epoca di sovranità limitata”. Lo spread. “E poi anche gli elettori, che sono diventati più liquidi dei partiti. Si spostano. Vedrete che Di Maio e Salvini faranno un governo normalissimo”.

 

Ma l’establishment che pensa? “In Italia? L’establishment non esiste più. Era un sistema, una pluralità di persone, di funzioni, di organizzazioni, di imprese pubbliche e private, di banche. Oggi tutto questo è finito. C’è solo un sistema finanziario anonimo, apolide, inafferrabile. Non sai nemmeno con chi prendertela. Con il fondo Blackstone? Una volta si urlava ‘Agnelli e Pirelli ladri gemelli’”.

 

Va bene. Però ci sono degli imprenditori in Italia. Tanti. C’è gente che investe, che produce cose e le vende. “E cosa devono temere? Prenda il nord. Le due regioni più ricche e produttive, il Veneto e la Lombardia, sono governate dalla Lega. E sono ben governate. Perché mai gli imprenditori dovrebbero essere preoccupati?”.

Quella però è la Lega di Luca Zaia e Roberto Maroni. Salvini è un po’ diverso. Intanto sulla questione dell’euro. Ma pure in politica estera. Salvini ha preso posizioni che hanno fatto preoccupare i nostri alleati. Come sulla Siria. “Non credo affatto vogliano allontanarsi dall’alleanza Atlantica. Quando Salvini parla della Russia, in realtà, anche in quel caso, parla alle imprese italiane che soffrono per l’embargo”.

Insomma, dottor Bernabè, a lei questo governo, ammesso che si faccia, non dispiace. “Semplicemente non credo che ci sia la rivoluzione alle porte. La Lega ha radici democristiane, e il M5s ha i suoi elettori al sud. Il corpo elettorale italiano è conservatore. In Italia la rivoluzione non si può fare”. Perché ci conosciamo tutti? “Perché siamo tutti democristiani”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.