Luigi Di Maio da Lucia Annunziata (foto LaPresse)

Qualcuno si è accorto delle minacce velate di Di Maio in tv?

Annalisa Chirico

Le frasi del capo politico del M5s sul rischio di “azioni non democratiche”. Curreri: “Vicenda dal sapore eversivo”

Roma. Da aspirante premier, Luigi di Maio ha avuto numerosi incontri. Intervistato domenica da Lucia Annunziata, con candore ne ha rivelato uno dai contorni foschi. “In questi giorni – ha raccontato il capo politico del M5s – ho incontrato degli esponenti delle forze dell’ordine che hanno condotto una grande inchiesta che non possiamo dire ma che è arrivata alla ribalta nazionale. Dopo quell’inchiesta il loro nucleo è stato smembrato e sono stati mandati a portare la carta igienica alla scuola ufficiali”. Chissà a chi si riferiva l’ormai ex aspirante presidente del Consiglio il quale, nel corso della stessa intervista, ha messo in guardia dal “rischio di azioni non democratiche”. “Sono esterrefatto dalla leggerezza con cui un parlamentare si lascia andare ad affermazioni criptiche e ricattatorie”, dice al Foglio il professore Salvatore Curreri, ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Enna. “Abbiamo appurato che il divieto costituzionale di mandato imperativo ha scarsa rilevanza per il M5s, ma stavolta si va oltre. La Costituzione impone ai politici il dovere di servire le istituzioni con disciplina e onore. Chi manda messaggi velatamente minacciosi, tirando in ballo corpi dello stato e insinuando il rischio di golpe democratico, viola tali requisiti”. L’Innominabile è l’inchiesta Consip, brandita come un’arma contundente contro l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi (personalmente estraneo alle indagini). Chi sono gli “esponenti delle forze dell’ordine” protagonisti dell’anomalo abboccamento con Luigi Di Maio? Il pensiero corre agli ufficiali estromessi dal Noe in seguito al trasferimento del fascicolo bollente da Napoli a Roma. “In questa vicenda dal sapore eversivo nulla è normale, da cittadino sono stupito per la scarsa copertura mediatica che essa riceve. Alcuni ufficiali sono sotto indagine per falso e depistaggio. La stampa commenta le esternazioni del capo grillino come fossero acqua fresca, è una grave sottovalutazione”.

 

Il deputato del Partito democratico Stefano Ceccanti presenterà un’interrogazione ai ministri dell’Interno e della Giustizia al fine di “verificare se vi siano state violazioni del principio della separazione dei poteri, della connessa neutralità delle forze dell’ordine e soprattutto della non ingerenza su indagini in corso”. In effetti, resta un mistero per quale ragione appartenenti alle forze dell’ordine prestino udienza o, addirittura, la sollecitino a un esponente politico. “L’articolo 98 della Costituzione – rincara il professore Curreri – impone il dovere di imparzialità per i pubblici impiegati al servizio della nazione. E’ prevista, per esempio, la possibilità di vietare a militari e agenti di polizia l’iscrizione a partiti politici o la partecipazione ad attività di partito in uniforme. Trattandosi, in questo caso, di carabinieri demansionati sotto l’accusa di manipolazioni investigative mirate a colpire i familiari dell’ex premier, viene il sospetto che costoro siano in cerca di una copertura politica”. A sentire il giurista palermitano, si potrebbe potenzialmente profilare inoltre “un rilievo penale poiché siamo in presenza di notizie secretate con le indagini tuttora in corso. Se i depositari di informazioni riservate s’intrattengono con un parlamentare che ne difende pubblicamente l’operato, non si può escludere che ci sia stata una rivelazione del segreto d’ufficio. Simili comportamenti sarebbero impensabili altrove, figurarsi se pubblicizzati in diretta televisiva. Il minimo che si chiede a un esponente politico è un dovere di continenza, tanto più quando ci sono in ballo informazioni confidenziali che lambiscono gli avversari. Ancor prima delle regole formali, va tutelato il prestigio delle istituzioni”. Certe esternazioni sono forse anche figlie dell’impasse di una democrazia tripolare dove qualcuno è arrivato primo ma nessuno ha vinto. Per uscirne, suggerisce il costituzionalista, “va riformata la legge elettorale. L’unico modo per ottenere una maggioranza in un sistema a tre poli è il doppio turno: al primo i cittadini votano il partito prediletto, al secondo il meno peggio. Si può decidere se di collegio o di lista, tertium non datur”.

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