Foto di Jon S (via Flickr)

L'informazione italiana e la grande occasione dell'opposizione al populismo qualunquista

Claudio Cerasa

Nei prossimi mesi si dovrà scegliere: fare il gioco dei puri epurati dai più puri, oppure dimostrare che il populismo sovranista va combattuto non perché tradisce le sue promesse ma perché quelle promesse erano sbagliate

Non sappiamo ancora quando nascerà, con che formula nascerà, con che idea nascerà, con che premier nascerà, con che equilibri nascerà ma sappiamo che, qualunque sia il governo che prenderà forma nelle prossime settimane, la realtà presente oggi in Parlamento, e dunque nel paese, sarà difficile da negare. Nel peggiore dei casi, lo sappiamo, ci saranno due populisti al governo (si salvi chi può). Nel migliore dei casi, che forse però è anche il peggiore dei casi, un populista sarà al governo e un altro all’opposizione (si arisalvi chi può). Ci si può naturalmente augurare che un governo a trazione populista, dovendo fare i conti con il principio di realtà, una volta arrivato sulla vetta del paese scelga di cambiare passo per non precipitare nel burrone e scelga saggiamente di sbianchettare ulteriormente i programmi (ooops) per cancellare le proprie folli promesse elettorali. Nelle prossime ore capiremo quale sarà il coniglio che uscirà dal cilindro di Sergio Mattarella ma nell’attesa di capire che profilo avrà chi governerà l’Italia vale la pena spendere due parole per provare a immaginare che profilo dovrebbe avere chi farà opposizione al governo dei populisti.

 

In questo caso, non parliamo dell’opposizione politica o parlamentare ma parliamo di un’opposizione diversa, forse persino più importante, che è quella necessaria e doverosa che dovrà necessariamente maturare una volta che uno dei populisti finirà al governo. E il problema, se ci pensate, è piuttosto centrale: se abbiamo dato per assodato che l’informazione televisiva tende a rappresentare con più facilità le idee dell’opposizione, ovvero le idee dell’anti casta, che tipo di opposizione può nascere in Italia a un governo dell’anti casta se gran parte dell’informazione televisiva negli ultimi anni non ha fatto altro che alimentare la bolla populista? Si potrebbe dedicare qualche riga al modo in cui negli ultimi anni il sistema dell’informazione ha contribuito a creare un paese dove ciò che è percepito è infinitamente più importante di ciò che è reale. Si potrebbe dedicare qualche riga al modo in cui l’agenda della percezione ha contribuito a ingrossare la bolla del populismo. Si potrebbe dedicare qualche riga al modo in cui l’industria dello sfascio non ha fatto altro che ingrossare i partiti sfascisti. Si potrebbe dedicare qualche riga al modo in cui aver trasformato automaticamente chi governa in un sistema da eliminare ha prodotto in modo naturale un’alternativa anti sistema. Si potrebbero fare molte considerazioni anche sul dramma di avere avuto in Italia una classe dirigente che piuttosto che dirigere le coscienze del paese contro il populismo non ha fatto altro che impegnarsi per farlo digerire, il populismo.

 

Ma il vero elemento che oggi vale la pena mettere a fuoco è legato a una doppia scelta che chiunque si occupa di informazione dovrà fare nei prossimi mesi. Prima scelta: l’egemonia populista va combattuta o assecondata? Seconda scelta: l’opposizione al populismo deve essere portata avanti con argomenti populisti o con argomenti anti sfascisti? Per essere concreti e provare a non perdersi nel ragionamento la questione è fin troppo chiara e a suo modo Berlusconi l’ha messa a tema ragionando sul futuro di Mediaset: essere alternativi al populismo con argomenti populisti rischia di fare ancora il gioco dei populisti. Può sembrare uno scioglilingua ma se ci si pensa bene è uno dei grandi temi che toccherà affrontare nei prossimi mesi ed è una delle grandi chance che in un certo senso ha l’universo dell’informazione italiana: sfruttare l’occasione di avere dei populisti al governo, diciamo così, per creare uno spazio di resistenza strutturato più sui temi del riformismo che del moralismo. I populismi al governo si possono rincorre e incalzare scegliendo la chiave delle promesse tradite, della purezza persa, della verginità infranta e dell’essere diventati una casta “come tutti gli altri”. Si può scegliere di fare sempre il gioco dei puri epurati dai più puri. Oppure si può scegliere di fare un gioco completamente diverso scommettendo su un’altra chiave e provando cioè a dimostrare che il populismo sovranista va combattuto non perché tradisce le sue promesse ma perché le sue promesse erano sbagliate. Per fare questo, ovviamente, occorrerebbe dar vita a una rivoluzione copernicana dell’opinione pubblica.

 

Occorrerebbe spiegare che scaricare sull’Europa i problemi dell’Italia non è un modo per migliorare i problemi del nostro paese ma è solo un modo per peggiorarli. Occorrerebbe spiegare che usare il garantismo come se fosse un gargarismo per sbarazzarsi degli avversari politici non è un modo per redimere l’Italia ma è solo un modo per rafforzare il totalitarismo giudiziario. Occorrerebbe spiegare che i problemi che ha ancora la nostra economia non si risolvono trafficando con il protezionismo, con il nazionalismo o con le pazzie anti euro ma si risolvono raccontando la verità e spiegando perché, per esempio, la ragione per cui l’Italia non cresce come dovrebbe non dipende da un eccesso di auto blu o da un eccesso di liberismo ma dipende prima di tutto dall’incapacità del nostro paese di mettere a fuoco i suoi tabù: dall’efficienza fino alla produttività.

 

Scaricare tutte le armi offerte in questi anni ai populisti non è semplice se coloro che dovrebbero scaricare le armi sono gli stessi che quelle armi le hanno caricate. Eppure – come ha capito a suo modo anche Mediaset scegliendo di dar vita a un piccolo ma significativo rimpasto anti populista nel suo palinsesto informativo – l’occasione c’è ed è ghiotta: sfruttare l’opportunità dei populisti al governo per costruire uno spazio fertile per un’alternativa riformista. Sarà un lavoro lungo e complicato e non è detto che l’opposizione al populismo non sia ancora più populista dei populisti al governo. Ma quando un governo nascerà, quando una forza anti sistema arriverà a Palazzo Chigi, un pezzo importante di classe dirigente italiana dovrà scegliere da che parte stare. Se essere dalla parte di chi vuole dirigere un paese verso la via del riformismo. O se vuole essere dalla parte di chi vuole guidare il paese solo per fargli digerire il populismo. It’s time to wake up.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.