Massimiliano Fedriga e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Anche le regioni sono pezzi del complicato puzzle politico nazionale

Luciano Capone

Il nome del centrodestra per il Friuli e le aperture del M5s nei traballanti Lazio e Sicilia. Tutto dipende da cosa succede a Roma

Roma. La composizione di un quadro politico così frammentato, con pezzi che non si incastrano facilmente, è un affare complicato. Se il percorso si sta mostrando già più accidentato del previsto per l’individuazione dei presidenti di Camera e Senato, su cui c’è un accordo di massima tra centrodestra e Movimento 5 stelle sulla spartizione ma non sui nomi, non sarà affatto semplice aggregare una maggioranza per far nascere un governo. Nella soluzione a Roma di questo puzzle molto complicato bisogna però anche considerare i pezzi regionali e gli effetti sulle amministrazioni locali dove in molti casi la situazione è incerta. Un esempio lampante è il Friuli Venezia Giulia, dove si vota tra circa un mese: il centrodestra ha vinto in tutti i collegi alle ultime politiche, tutte le amministrative negli anni scorsi e la presidente uscente Debora Serracchiani ha deciso di non ricandidarsi. Forza Italia e Lega hanno la regione in pugno, ma hanno avuto non pochi problemi per la scelta del candidato presidente, perché la casella rientra nel grande gioco nazionale. Inizialmente il nome era quello dell’ex governatore Renzo Tondo, in quota Forza Italia. Ma siccome gli azzurri hanno ottenuto a Roma dalla Lega la presidenza del Senato, il frontman è cambiato. Non più l’azzurro Tondo, ma il leghista Massimiliano Fedriga.

 

Inizialmente, dopo le elezioni, si pensava che lo stallo nazionale potesse essere risolto da esperimenti di nuove formule politiche nei laboratori regionali che si sarebbero poi condensate a livello nazionale. Gli occhi erano tutti puntati sul Lazio, dove ha vinto il centrosinistra allargato di Nicola Zingaretti, ma senza una maggioranza in Consiglio. Sin dall’inizio in tanti hanno ritenuto che potesse essere un centro sperimentale per la formula Pd-Leu-M5s che in tanti desiderano a livello nazionale. Ma alla Pisana sono tutti molto cauti.

 

Zingaretti gioca su due tavoli, quello regionale e quello della leadership del Pd, ed è meglio non fare mosse azzardate: un patto con il M5s potrebbe precludergli la scalata al Pd e, in fondo, in Consiglio regionale gli manca un solo seggio per avere la maggioranza. Meglio aspettare gli sviluppi parlamentari. Allo stesso modo, in un partito verticistico come il M5s, Roberta Lombardi non può permettersi fughe in avanti o soluzioni che stridono con lo schema nazionale. Anche lei attende indicazioni dai vertici del partito. Per adesso, quindi, la parola d’ordine è quella pronunciata fino allo sfinimento da Luigi Di Maio: “Temi”. “Siamo pronti a lavorare con Zingaretti su temi concreti”, ha detto la Lombardi. “Con il M5s sarà importante ingaggiare una discussione su alcuni temi”, ha risposto al Foglio il vice di Zingaretti Massimiliano Smeriglio.

 

E i “temi” improvvisamente sono diventati importanti anche in Sicilia, dove il centrodestra ha perso pezzi e il presidente Nello Musumeci non ha più una maggioranza. Per questo si è rivolto alle opposizioni e ha ricevuto una inaspettata apertura dal M5s. Giancarlo Cancelleri, quello che dopo le elezioni non ha voluto neppure chiamare il candidato di centrodestra perché la sua vittoria era “contaminata” e che fino a poco tempo fa di Musumeci diceva “mi fa schifo”, ora parla di “stagione del dialogo sui temi concreti” con il centrodestra.

 

In linea generale la sensazione è che nelle amministrazioni locali non si sperimentino formule politiche, ma si attende che precipitino per sgocciolamento da Roma.

 

C’è un laboratorio che lavora incessantemente a nuovi esperimenti politici, è quello pugliese guidato da un alchimista come Michele Emiliano. A livello nazionale teorizza l’alleanza con il M5s e attacca il Pd per la questione morale, ma a Bari perde pezzi in giunta per comportamenti poco commendevoli e nomina nel cda dell’Acquedotto pugliese uno storico rivale ed esponente di Forza Italia come l’ex sindaco di Bari Simeone Di Cagno Abbrescia. Ma le alchimie del magistrato non sembrano dare buoni risultati, dopo il disastro elettorale del Pd in Puglia un sondaggio di Swg dice che Emiliano è il presidente di regione più impopolare d’Italia.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali