Le costole di Di Maio
Il M5s apre alle alleanze dopo il voto. Nella Lega Maroni ride (Salvini meno) e a sinistra ci sono Grasso e D’Alema
Roma. In privato Grillo ha sempre sostenuto le virtù dell’opposizione. “Dobbiamo diventare il nuovo Pci”, è una frase che ha spesso ripetuto ai suoi parlamentari. Ma nel M5s sono aumentate le ambizioni. E le ambizioni adesso rendono obbligata una politica delle alleanze. “Se dovessimo ottenere il 40 per cento, potremmo governare da soli”, ha detto ieri in radio Luigi Di Maio. “Ma se non dovessimo farcela”, ha aggiunto, “faremo un appello pubblico alle altre forze politiche che sono entrate in Parlamento presentando il nostro programma e la nostra squadra. E governeremo con chi ci sta”. Possibile? Difficile.
Per adesso i sondaggi danno il M5s compreso in una forbice tra il 28 e il 31 per cento. Anche se, nelle file del Movimento, sostengono di essere “sottostimati”. E dunque fanno discendere tutti i loro ragionamenti da un dato di maggiore ottimismo: 35 per cento, dicono. Pensano insomma di poter arrivare a circa 200 deputati, cui a quel punto basterebbe aggiungere un manipolo consistente di alleati minori capace di garantire una maggioranza. E così ecco le parole pronunciate ieri da Di Maio: “Governeremo con chi ci sta”. E’ da tempo che Di Maio, a questa bisogna, ha cominciato a guardare alla Lega e a Liberi e uguali di Pietro Grasso. Lanciando messaggi più o meno espliciti verso entrambi i partiti. Con la differenza che nella Lega ridono dell’eventualità, specialmente Roberto Maroni e Luca Zaia (Salvini molto meno). Mentre nel partito di Grasso, al contrario, l’idea di un’alleanza con il M5s ad alcuni piace. E non solo perché Grasso sa bene di essere diventato presidente del Senato grazie ai voti del M5s, e sa pure di poter ancora contare sull’esplicita simpatia di diversi influenti senatori grillini, come Paola Taverna e Vito Crimi. Pier Luigi Bersani, per esempio, lo ha detto, non troppo tempo fa, a “Porta a Porta”: “Io sono ancora quello dello streaming”. Vuol dire che si alleeranno? Per governare Grasso dovrebbe superare il 10 per cento, e il M5s dovrebbe sfondare di molto quota 30. Improbabile. Però, intanto, se ne parla.
Diceva dunque Bersani, rivolgendosi al mondo di Grillo: “Ho le mie idee e le propongo con umiltà. Se sarà possibile discutere è perché saranno cambiati loro, e sarebbe bene per la democrazia italiana”. E che “loro” siano cambiati, almeno nell’atteggiamento, intorno all’ipotesi di “convergenze programmatiche”, è evidente. Adesso lo dice esplicitamente persino Di Maio. Mentre alcuni dei suoi collaboratori spiegano, senza tuttavia sbilanciarsi, che ci sono parecchi punti di facile contatto con la sinistra di Grasso: l’articolo 18, la legge Fornero, lo smantellamento del Jobs Act e della Buona scuola, e persino il reddito di cittadinanza che piace pure alla Cgil. Certo, il Movimento contestò Grasso ai tempi dell’approvazione del Rosatellum. Ma sono state innumerevoli le occasioni in cui i Cinque stelle sono andati a braccetto con il presidente del Senato: riforme costituzionali e anticorruzione. “Non può essere escluso il dialogo con nessuno, a parte la destra”, dice allora Pippo Civati. “Magari saranno proprio i cinque stelle a trovare in Grasso una mediazione”. Rimangono distanze, certo. L’immigrazione, che però i Cinque stelle stanno stemperando. E poi la politica estera, che, nella sinistra istituzionale, è sostanzialmente sempre stata atlantista. Mentre i Cinque stelle sono arrivati, persino, a contestare la Nato. Ma qui – attenzione – ecco una svolta che non può essere ignorata. Massimo D’Alema intervistato domenica dalla Stampa. Dichiarazione uno: “Il governo sarà frutto di intese che verranno dopo”. Dichiarazione due: “Ho visto governanti che hanno passato anni a baciare la pantofola della Merkel e adesso sono passati alla pantofola di Macron”. Dichiarazione tre: “Andrebbe aperto un negoziato serio con la Russia”. Dicono che il vecchio D’Alema venderebbe l’anima al diavolo grillino, pur di fare il ministro degli Esteri. Chissà.