Commissione di inchiesta sul sistema bancario - Audizione di Vincenzo La Via (foto LaPresse)

È sempre l'ora di una commissione parlamentare

Enrico Cicchetti

Nella XVII legislatura sono 60. Il rischio è che si trasformino in campi di battaglia tra fazioni politiche. O, alla meglio, risultino inutili

La settimana scorsa il segretario pd Matteo Renzi ne ha proposta una sulle operazioni di disinformazione, da avviare nella prossima legislatura. Tra la più chiacchierate ci sono quella sul sistema bancario e creditizio, che ha iniziato i lavori a fine settembre e dovrà concluderli entro fine legislatura, un tempo che molti ritengono troppo breve per ottenere risultati soddisfacenti, e quella sul femminicidio, presidente la senatrice Francesca Puglisi (Pd). Le commissioni parlamentari, da quelle permanenti, a quelle d’inchiesta passando per le bicamerali e quelle speciali, sono un filo rosso nella Repubblica italiana, dal dopoguerra a oggi. Per i critici più feroci di questo strumento, servono solo a creare poltrone e a lasciare “gattopardianamente” le cose come stanno.

    

  

Nella XVII legislatura sono 60, ricorda l’associazione Openpolis, e variano in natura, funzione e composizione. Secondo Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione d'inchiesta sulle banche, c'è una tendenza preoccupante del legislatore, che istituisce troppe commissioni d'inchiesta: “sono come le medicine, vanno maneggiate con cura”, ha detto a La7 a fine novembre Casini, che teme siano uno strumento piuttosto facile da strumentalizzare. “Abbiamo gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria ma anche gli stessi doveri. Ero scettico e resto molto scettico”. Come abbiamo più volte segnalato nel Foglio, l'obiettivo delle commissioni dovrebbe infatti essere ben circoscritto, senza cercare le responsabilità penalmente rilevanti (ci penserà la magistratura) e screditare l’avversario politico.

  

Il rischio, insomma, è che le commissioni parlamentari si trasformino in campi di battaglia tra fazioni politiche. “La commissione d’inchiesta parlamentare ha i poteri e i limiti della magistratura inquirente e che la storia relativamente recente di queste commissioni (vedi Telekom Serbia o Mitrokhin) non è stata proprio una bella storia”, ricordava Alfredo Macchiati su queste colonne: conflitti con la magistratura e scontri duri tra maggioranza e opposizione, con una interpretazione paragiurisdizionale dei propri compiti assai discutibile, come osservato da diversi costituzionalisti, dimostrano che “questo strumento, previsto dai nostri Costituenti quando la dialettica politica aveva forse altre regole informali e altri stili, non è esattamente funzionale a favorire uno spirito cross bench”. C’è poi una lunga serie di richieste avanzate sui fronti più strani, spesso e per fortuna affossate: dalla commissione d'inchiesta sul morbo della lingua blu a quella proposta da cinque deputati grillini, fra cui Carlo Sibilia, Paolo Bernini e Tiziana Ciprini, per fare luce “sull’attività svolta dalle associazioni denominate Bilderberg, Commissione Trilateral e Gruppo dei trenta in relazione alle scelte economiche e istituzionali dell’Italia e dell’Unione europea nel biennio 2010-2011”.

     

Inoltre sembra di assistere a un incremento esponenziale delle commissioni. Al momento ci sono 14 commissioni permanenti sia alla camera che al senato, ricorda Openpolis – per un totale di 28 – oltre alle 10 bicamerali. 14 sono anche le commissioni d’inchiesta tra camera e senato, e 5 commissioni speciali, oltre alle 3 miste: per assurdo alcune delle 15 commissioni formate nella XVII legislatura non si sono neanche mai costituite. È il caso per esempio della commissione d’inchiesta al senato sulla ricostruzione dell’Aquila, deliberata dal senato il 10 novembre del 2016 ma mai realmente costituita. Insomma, una commissione non si nega a nessuno, soprattutto se inutile.