Renzi, Santoro, le mail, la laurea. Tutte le fughe e le scuse di Di Maio

Luciano Capone

Il candidato premier del Movimento 5 stelle ha un problema con i confronti politici. Ecco perché

"Non è una fake news: Matteo Renzi ha un accordo con Berlusconi. Voglio un confronto tv”. E’ partito tutto così, con una sfida su twitter del vicepresidente della Camera al segretario del Pd. Forse Di Maio non se l’aspettava, ma Renzi ha accettato e gli ha fatto scegliere data (martedì), rete televisiva (La7) e conduttore (Floris). Ebbene – non è una fake news – ora Di Maio ha cancellato il confronto. Ha deciso che al suo posto ci andrà Alessandro Di Battista e ha deciso anche che il confronto tra Dibba e Renzi sarà “indiretto”, due interviste separate. E con quale motivazione? Dopo aver deciso tutto questo, Di Maio ha deciso pure che Renzi non è più il leader del Pd: “Avevo chiesto il confronto con Renzi qualche giorno fa, quando lui era il candidato premier di quella parte politica. Il terremoto del voto in Sicilia ha completamente cambiato questa prospettiva. Mi confronterò con la persona che sarà indicata come candidato premier da quel partito”.

 

Con questa fuga c’è da aggiornare il catalogo delle scuse del candidato premier del M5s. Qualche giorno fa quando era stata Maria Elena Boschi a invitarlo a un confronto televisivo sulle banche, Di Maio l’aveva buttata in vacca: “Ok al confronto, però davanti alla sede di Banca Etruria, con la presenza dei risparmiatori truffati”. Quando a gennaio diede buca a Servizio Pubblico di Michele Santoro, non accampò neppure un pretesto: “Grillo, ha impedito a Di Maio di venire stasera in trasmissione – disse Santoro – è bastata una telefonata del solito Casalino. Un vicepresidente della Camera che agisce a comando come un soldatino non l’avevo mai incontrato”.

 

E prima della trasmissione di Santoro era toccato a Politics di Gianluca Semprini. Non si presentò perché era appena scoppiato il caso Muraro e non sapeva come difendersi: Di Maio aveva saputo da una mail che l’assessore all’Ambiente del comune di Roma era indagata ma l’aveva tenuto nascosto. In quel caso a sua discolpa disse una cosa del tipo: “Ho sbagliato a leggere la mail”. O meglio, l’aveva letta ma non l'aveva capita: più analfabeta funzionale che leader machiavellico. Una giustificazione disarmante, che però nel suo caso appariva terribilmente sincera.

 

Ma anche questa è nulla in confronto al vero capolavoro, a quella che rimane ancora oggi la vetta inarrivabile del giustificazionismo di Di Maio, la scusa fuoricorso e fuori concorso con cui ha spiegato perché non si è mai laureato: “Perché sono diventato vicepresidente alla Camera a 26 anni, e mai avrei approfittato del mio ruolo istituzionale per andare a fare gli esami”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali