LaPresse / Roberto Monaldo

Perché la bagarre in Bankitalia è un affronto secondo Napolitano

Alberto Brambilla

La difesa dell’indipendenza di una Banca centrale spiegata da Napolitano (con Volcker) quando premiò Draghi

 

Roma. Nelle ore successive la bagarre parlamentare a sfavore del rinnovo dell’incarico di governatore di Banca d’Italia a Ignazio Visco – così ricostruite dal Foglio – l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, colui che nominò Visco come successore di Mario Draghi nel 2011, ha criticato l’iniziativa del Partito democratico di Matteo Renzi in modo sprezzante. "Non devo occuparmi delle troppe cose che ogni giorno capitano e sono deplorevoli”, ha detto. L’Istituzione della Banca d’Italia è stata apertamente violata da polemiche partitiche alla vigilia della campagna elettorale, dal punto di vista di Napolitano.

  

  

  

Il senso di quella frase tagliente sull’intervento politico nella nomina, probabilmente, è presto spiegato da Napolitano stesso in un discorso del 13 settembre 2015 a Trento al conferimento del Premio Internazionale "Alcide De Gasperi - Costruttori d'Europa” a Draghi, all’epoca presidente della Banca centrale europea da circa quattro anni. Napolitano lo fa ricordando il pensiero di Paul Volcker, presidente della Federal Reserve dal 1979 al 1987, ovvero un mostro sacro che pose fine alla pluriennale stagflazione americana e che dimostrò l’importanza del gestire le aspettative di inflazione per influenzare il ciclo economico.

  

   

"Mi piace qui ricordare – ha detto Napolitano a Trento – quello che sul ruolo delle banche centrali disse diversi anni fa Paul Volcker, e che mi pare più che mai attuale: "In un mondo turbolento chiamato a fronteggiare nuove incertezze, la banca centrale indipendente rappresenta simbolicamente l'importanza che una società attribuisce alla stabilità finanziaria e garantisce un ambiente nel quale possono coltivarsi professionalità, continuità e integrità". Qualcosa che, secondo Napolitano, è messo a repentaglio in modo deplorevole.

  

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.