Luigi Di Maio durante la campagna elettorale per la Amministrative a Genova (foto LaPresse)

Il grande futuro dietro alle spalle dei grillini amministratori

Luciano Capone

Fuori dai ballottaggi, nessuna riconferma. Parma e le faide del partito “dal basso”. Il “rinascimento dai comuni” rimandato

Roma. “I risultati sono indice di una crescita lenta ma inesorabile”, si legge sul Sacro blog. Sembrano le comiche dichiarazioni del serioso Baghdad Bob, il ministro dell’Informazione di Saddam Hussein che annunciava in tv la vittoria dell’esercito baathista mentre sullo sfondo i carri armati americani invadevano la capitale irachena. E invece è il serio commento del comico Beppe Grillo, il garante del M5s, dopo la disfatta delle truppe grilline alle amministrative. Nessun comune medio conquistato né alcun ballottaggio in nessuna grande città tra i 25 capoluoghi in corsa. “Rispetto al 2012 abbiamo triplicato i ballottaggi (furono solo tre all’epoca) – prosegue Grillo – e siamo cresciuti in tutte le città in cui ci siamo presentati”. In realtà i ballottaggi del M5s nel 2012 non furono tre ma cinque: Grillo ricorda solo le città conquistate al secondo turno, dimenticando le altre due perse (Budrio e Garbagnate).

 

Ma omissioni e dimenticanze a parte, e più che nelle mancate nuove vittorie, il senso e la dimensione della disfatta elettorale del M5s vanno cercati nelle tre cittadine in cui cinque anni fa i grillini trionfarono: Parma, Comacchio e Mira. In nessuna delle tre città i grillini sono stati riconfermati. Il caso più noto ed eclatante è quello di Parma, la città di Federico Pizzarotti – prima idolo e poi dissidente del M5s – che ha avuto un ottimo riscontro nonostante la guerra scatenatagli contro dalla Casaleggio Associati. Situazione molto simile a Comacchio dove un altro sindaco espulso, Marco Fabbri, è stato riconfermato al primo turno con il oltre il 50 per cento di consensi. A Mira, in provincia di Venezia, l’amministrazione grillina non è arrivata neppure al ballottaggio, anche perché il sindaco uscente, il giovane Alvise Maniero, non si è ricandidato. La motivazione ufficiale è che Maniero vuole terminare gli studi universitari, ma molto probabilmente si tratta di un problema legato al vincolo dei due mandati: tanti grillini eletti nei consigli comunali hanno preferito saltare un giro per puntare a uno scranno in Parlamento.

 

Alle tre città perse dopo cinque anni per epurazioni e mancate candidature, vanno aggiunti i casi di Genova e Palermo in cui gli ex candidati sindaco del M5s correvano contro quelli attuali. A Palermo lo scontro tra Ugo Forello, candidato sindaco in questa tornata, e Riccardo Nuti, parlamentare sospeso dal M5s e candidato sindaco nel 2012, ha avuto strascichi che sono arrivati fino in tribunale. A Genova la faida è stata addirittura a tre: Paolo Putti, candidato sindaco nel 2012, Marika Cassimatis, vincitrice delle primarie e per questo espulsa, e Luca Pirondini, prescelto da Beppe Grillo.

 

Questi casi spiegano perché le ragioni della sconfitta del M5s siano molto più profonde di quanto sembri. E hanno a che fare con l’organizzazione di un partito che era nato come movimento democratico “dal basso” e invece si è trasformato in un partito verticistico e autoritario, inadatto a selezionare la classe dirigente a livello locale e senza un meccanismo democratico di risoluzione dei conflitti interni diverso dalle epurazioni.

 

I successi sporadici in grandi città come Roma e Torino hanno impedito di osservare il quadro complessivo: il M5s governa in meno di 40 comuni su 8 mila, ha perso tutte le città che ha amministrato (a parte un piccolo comune di 3 mila abitanti) e a questo giro non è arrivato al ballottaggio in nessuna grande città. Non si può dire che sia un buon ruolino di marcia per Luigi Di Maio, responsabile Enti locali di un partito che alle elezioni politiche del 2013 è arrivato primo in circa 2.700 comuni.

Fino ad adesso la struttura-partito con controllo “da remoto” è servita a conservare la “purezza” del movimento, a preservare l’immagine del brand di partito anti-sistema, ma si è dimostrata inadatta a selezionare e formare una classe dirigente capace di governare. “La democrazia può partire solo dal basso. Il nuovo Rinascimento avrà origine nei Comuni”, scriveva Beppe Grillo il 10 febbraio 2008 nel “Comunicato politico numero uno”. A quasi 10 anni di distanza sono proprio i comuni a mostrare tutti i limiti del M5s.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali