Matteo Renzi (foto LaPresse)

Cronache (serie, davvero) dalla campagna elettorale più pazza del mondo

Luciano Capone

Salvini a Mosca, casa Brunetta, Economist bipolare

Roma. Il punto più surreale di questa campagna elettorale si immaginava fosse stato raggiunto dalla visita di Matteo Salvini in Russia con la sua performance situazionista nella piazza Rossa: il leader filo putiniano della Lega si fa un selfie con il Cremlino sullo sfondo e in mano un manifesto per il No e contro la deriva autoritaria di Renzi, ma viene fermato dalle guardie perché da quelle parti non si possono esporre cartelli senza autorizzazione. Sublime. A corredo della foto pubblicata sui social network, Salvini ha dato anche, sempre involontariamente, la migliore descrizione dell’imprevedibilità di queste settimane pre referendarie: “Un saluto da Mosca, amici! – ha scritto, profetico, poco prima di essere fermato – L’aria è buona ma tutto può succedere”. Ecco, tutto può succedere. Persino che Beatrice Di Maio, l’account twitter al centro della “Struttura di cyber propaganda pro M5s”, la Rosa Klebb della Spectre grillina con il compito di spargere disinformazione attraverso un’architettura disegnata da chissà quali ingegneri informatici per raggiungere ogni meandro della rete e manipolare le menti degli elettori, altro non sia che Titti Giovannoni, la moglie di Renato Brunetta.

E poi c’è Silvio Berlusconi, che ritorna in grande spolvero dalla pausa forzata e si lancia anima e corpo nella campagna elettorale per il No ma lasciando tutti con il dubbio che sotto sotto sia per il Sì. In pochi giorni assesta dichiarazioni che lasciano tutti disorientati. Prima infiocina il suo ultimo delfino, il moderato e riformista Stefano Parisi, per i contrasti del manager con Salvini ma subito dopo tarpa le ali al Matteo leghista dicendo che in Italia “di leader veri nella politica ce n’è uno solo e si chiama Matteo Renzi” (d’altronde se Salvini rischia di farsi arrestare dal suo principale alleato in politica estera le alternative non sono molte). Il Cavaliere poi difende la sua “accozzaglia” dicendo che quegli altri “non sembrano il Real Madrid” e infine disorienta tutti con un altro doppio passo: lui è convintamente per il No, perché la riforma apre “alla possibilità di una deriva autoritaria”, ma a Mediaset sono per il Sì: “Hanno paura di una possibile ritorsione di chi ha il potere”. Silvio da un lato e l’amico fraterno Fedele Confalonieri dall’altro. Il referendum sconvolge i partiti come nel caso del Pd, le famiglie come nel caso dei Brunetta e anche i giornali come nel caso di Maurizio Belpietro che, dopo essere stato sostituito da Vittorio Feltri alla guida di Libero, ha fondato la Verità. Per un periodo hanno diretto insieme lo stesso quotidiano e ora sono divisi: Belpietro con la Verità per il No e Feltri con Libero per il Sì.

Anche l’antimafia militante si scinde. La procura di Palermo dice No attraverso i pm della trattativa Nino Di Matteo e Roberto Scarpinato che scorgono dietro il Sì l’ispirazione della P2 e la longa manus dei poteri finanziari internazionali. Antonio Ingroia nota gli indizi di una possibile trattativa Sì-mafia e perciò è ancora più diretto: “Chi vota per il Sì rende felice la mafia”. Ma per il Sì ci sono anche Beppe Lumia e soprattutto il governatore della Sicilia Rosario Crocetta, che non sarà “un’icona dell’antimafia” come Ciancimino jr, ma è pur sempre il datore di lavoro di Ingroia, avendolo piazzato a capo di una partecipata. In tanti altri casi la campagna ha attraversato, sdoppiandole, le personalità di chi – da Pier Luigi Bersani a Mario Monti, passando per Gaetano Quagliariello – ha votato Sì in Parlamento e voterà No al referendum. Questa forma di bipolarismo referendario peraltro ha colpito anche all’estero. Prendi il Financial Times che a luglio parlava di un rischio per tutta l’Europa in caso di vittoria del No e ora è contro la riforma. Oppure l’Economist che mentre in un editoriale spiega “perché l’Italia dovrebbe votare No”, nell’analisi della sua Intelligence Unit dice che una bocciatura della riforma sarà “negativa per l’economia”. Come direbbe Salvini, l’aria è buona e tutto può succedere. 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali