“Con Trump, a destra cambia tutto”, dice Daniela Santanchè

Salvatore Merlo
E se il Cav. non è d’accordo? “Amen”, dice la Pitonessa, con rullo di tamburi. E se Renzi perde il referendum? “Si vota”. Ma non siete pronti. “Siamo prontissimi. Siete voi della stampa che non l’avete capito”.

Roma. “E’ cambiato il mondo, chiaro? Gli intellettuali, l’intellighenzia, i giornaloni, i paroloni e i parolai, i politicamente correttissimi, non contano più niente. Niente. Voi giornalisti, ma su che pianeta state?”. E Daniela Santanchè già trumpeggia e spumeggia, un po’: “Pensavate di orientare e invece non orientate più nulla”, dice, e si riferisce al fatto che i giornali di mezzo mondo, compresi quelli americani, hanno sbagliato le previsioni. “Non è che sbagliate. Voi sbagliate apposta. Pensate di poter orientare le coscienze. E invece non lo fate più. Non orientate proprio nulla. Nada. Siete un po’ come la Confindustria, dove sono rimasti quelli meno bravi, mentre quelli bravi non sparano cazzate e vanno a lavorare in azienda”. E insomma la Pitonessa parla come Donald Trump, o forse come Beppe Grillo, “macché Grillo! Io Grillo lo rispetto, ma non lo capisco. Trump è un’altra storia, è un punto di svolta in tutto il mondo. E’ finita l’epoca autoreferenziale dei media e della politica, e si apre un capitolo nuovo anche per la destra italiana. Anche per noi è la fine di un mondo, di un vecchio sistema”.

 

Ed ecco il punto, ecco come la vittoria di Trump sta accelerando il metabolismo non solo della signora Santanchè, ma pure di Matteo Salvini, di Giorgia Meloni, e di un pezzo consistente di Forza Italia. “Adesso da noi ci vuole una grande aggregazione che metta al centro una battaglia di identità, di orgoglio, di appartenenza e di valori nazionali. In questa politica i valori stanno scomparendo. La destra non ha coraggio perché questi valori sono considerati politicamente scorretti. Ma chi se ne frega”. E Berlusconi è d’accordo? “E anche se non lo fosse?”. Mizzica! “Eh”.

 

Il tono è tambureggiante. “Adesso basta. Evviva il politicamente scorretto”. Ma che vuol dire? “Vuol dire che dobbiamo metterci insieme, tutti quelli che credono alla sovranità, all’interesse nazionale, all’identità, e non dobbiamo sembrare timidi: droga legalizzata, eutanasia, adozioni omosessuali… Noi non siamo quella roba lì. Chi non è per gli inciuci, chi non è solo per le poltrone, deve stare insieme. Gli altri vadano a fare gli inciuci, vadano a fare il Nazareno o il governo di unità nazionale”.

 

Si riferisce a Stefano Parisi? “Parisi è lì per fare la politica del Cavaliere, non quella di Forza Italia”. Perché, c’è differenza? “Eccome se c’è. Io non so cosa faccia Parisi. Forse è un dipendente di Berlusconi”. Ma, scusi, Forza Italia non è una cosa sola con Berlusconi? Non è forse “ontologicamennte” di proprietà del Cavaliere? Il partito azienda, l’azienda partito? “Non mi risulta che Forza Italia sia di Berlusconi. Non è il padrone. E comunque nella vita le cose cambiano”. Accidenti. Questa è una cosa forte da dire. “Dobbiamo svegliarci”. E se Berlusconi non la pensasse così? “Pazienza. Me ne farò una ragione. Andrò ad Arcore e gli chiederò: ‘Caro presidente, questa è la battaglia da fare, ci stai?”. E se non ci sta? “Amen”. Questa è sedizione. “E secondo lei lo decide Berlusconi chi sarà il nuovo candidato premier? Non funziona. Ha funzionato per tanti anni, ma non è più così. Berlusconi è stato un grande, ha interpretato la fine del secondo millennio, ha fatto in politica estera cose stupende, ma adesso il mondo cambia. Trump ha cambiato il mondo. Le 3 e 27 di mercoledì 9 novembre rimarranno scolpite nella storia. Non si torna più indietro. Se Berlusconi vuole fare un governo con Renzi gli faccio gli auguri. Ma Renzi è finito. Ci vuole una bombola d’ossigeno per farlo respirare”.

 

E chi farebbe parte di questa nuova destra? “Salvini, Meloni, i conservatori come Fitto e Quagliariello”. Ma lei ha sempre detto cose terribili su Fitto e Quaglieriello. “Tremende”. E allora? “E allora ci si riadatta, in politica”. Non ha citato nessuno di Forza Italia, però. “Perché? Giovanni Toti ad esempio è uno. Siamo in tanti”. Un altro nome? “Brunetta”. Con o senza Berlusconi? “Meglio con, ma si può anche senza”. E se Renzi perde il referendum? “Si vota”. Ma non siete pronti. “Siamo prontissimi. Siete voi della stampa che non l’avete capito”. Non faccia Trump, su, è ancora presto. “Ma io non sono capace di fare Trump. Mi accontento di far bene la Santanchè”.

 

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.