Roberto Maroni e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Maroni e Salvini, frontalieri rimbalzati

Maurizio Crippa
Il referendum svizzero e il bivio politico tra “prima noi” e lavoro. Perché i leader della Lega sulla decisione degli elettori del Canton Ticino rischiano di finire cornuti e mazziati.

Il rischio, anzi il paradosso, è finire come il Roberto Bussenghi di “Frontaliers”, la serie di culto (almeno sui canali YouTube riservati ai popoli insubrici) trasmessa dalla tv della Svizzera italiana e composta da brevissimi sketch nei quali il simpatico transfrontaliero brianzolo ogni mattina è alle prese con le guardie di frontiera elvetiche. Lui la ama, la Svizzera, la invidia pure per la sua economia, ma in fondo li odia, gli svizzeri: deve lavorare per loro, immigrato di serie B per sempre. Le guardie di confine lo conoscono, l’italiano di frontiera Bussenghi, e lo odiano e basta: in fondo, viene a rubare lavoro. E ogni mattina gliene fanno di ogni per non farlo passare alla dogana.

 

 

Il rischio paradossale, politicamente parlando, riguarda la Lega. Dopo il referendum (non vincolante) con cui il Canton Ticino ha deciso di privilegiare l’assunzione nei posti di lavoro per gli svizzeri, togliendo spazio agli stranieri, il governatore lombardo Roberto Maroni è stato tra i primi a dichiararsi pronto a “contromisure” in sostegno dei lavoratori italiani (60 mila) che potrebbero in futuro perdere l’impiego. E per un partito come il suo, che ha sempre invocato il federalismo all’elvetica, e che oggi con Salvini fa della libertà dei popoli di chiudere le frontiere, del “noi prima”, uno dei suoi punti fermi ideologici, doversi spendere in sostegno del diritto dei propri cittadini a scavalcare le frontiere per motivi economici è un paradosso. Ma può trasformarsi anche in uno smacco politico, perché bisogna decidere quale Europa si vuole. Il realista Maroni sembra saperlo più del suo capo Salvini. Ma rischiano tutti e due di finire cornuti e mazziati, come il Bussenghi.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"