Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

I voti non si conquistano sui social network

David Allegranti

Su internet ci sono più o meno 31 milioni di elettori su un corpo votante di 50 milioni, di questi solo 10 milioni stanno su Facebook, ancor meno su Twitter. Accesso alla Rete resta sotto la media europea, costi e infrastrutture: perché l'Italia è in ritardo.

Cari politici, smettete di cercar voti sui social network, non serve a nulla. Gli utenti-elettori sono troppo pochi, la domanda è limitata e l’offerta è tanta. Secondo uno studio di analisipolitica.it su internet ci sono più o meno 31 milioni di elettori su un corpo votante di 50 milioni (in totale gli italiani sono 60 milioni). Di questi oltre trenta milioni, solo 10 milioni stanno su Facebook e poco più di tre milioni e mezzo stanno su Twitter. Dunque, secondo la ricerca di Analisi Politica, la creatura di Mark Zuckerberg coinvolge solo il 21 per cento dell’elettorato, mentre Twitter ne coinvolge ancora meno, soltanto il 7 per cento. I numeri sono legati, naturalmente, alla quantità di persone che navigano su Internet in Italia, che non sono tantissime.

 

Nonostante i turbo-proclami del Digital Champion Riccardo Luna su Repubblica, l’accesso alla Rete resta sotto la media europea. Solo il 63 per cento degli italiani accede regolarmente a Internet, cioè una volta alla settimana. Meglio di noi i danesi con il 93 per cento, i tedeschi con l’84, i francesi con l’81 e gli spagnoli con il 75. Gli estoni (esempio super positivo) ci stracciano con l’86 per cento. Chi va peggio dell’Italia è la Grecia. Ma se non bastassero questi numeri, c’è anche la classifica basata sull’indice dell’economia e delle società digitali messo a punto dalla Commissione europea: l’Italia è al 25esimo posto su 28 Stati. Le concause del ritardo sono molteplici. C’è un problema di analfabetismo digitale, per esempio. Il 38 per cento degli italiani — secondo un’indagine Eurostat del 2013 — non ha le competenze sufficienti per usare Internet (poco superiore alla media europea). C’è un problema di infrastrutture e di costi. In Italia la media della velocità dell’adsl è di 6,1 megabyte al secondo, mentre in Irlanda è di 17,4 megabyte e in Svezia di 15,8. Meglio di noi pure la Repubblica Ceca, con 13,6 megabyte al secondo di media. Secondo uno studio commissionato dall’Ue, in Italia i prezzi degli abbonamenti a Internet sarebbero molto al di sopra della media europa. Non si parla di bruscolini: un abbonamento senza telefono o altri servizi (come la tv) costa il 78 per cento in più nella fascia 4–8 megabyte per secondo e il 107 in più nella fascia 8–12 megabyte.

 

Lo studio di analisipolitica.it oltre a smentire i luoghi comuni sul tasso di penetrazione della comunicazione politica ai tempi di Internet, ridimensiona anche l’appeal in Rete di alcuni movimenti politici. Si dice sempre che il M5s è tutto costruito in Rete, ma non è vero. Il tasso di connessione è molto più forte in presenza di un elettorato giovanile e gli elettori del Pd sono più giovani di quelli del M5S. Ancora più giovani sono quelli di Fratelli d’Italia, quasi il doppio in proporzione. E come commenta il sociologo Arnaldo Ferrari Nasi di Analisipolitica.it, ciò garantisce al partito di Beppe Grillo “quel costante 25 per cento non è il semplice messaggio on-line, ma piuttosto l’azione politica, amplificata dai media tradizionali, TV in primo luogo”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.