Matteo Renzi (foto LaPresse)

Rottamation leaks

Claudio Cerasa
Quattro cose che scoprirebbe l’Nsa se fosse all’ascolto anche delle telefonate di Renzi. Il Foglio è entrato in possesso dei nastri che la National Security Agency riceverebbe. Sgùb esclusivo!

Di Berlusconi, non solo grazie all’Nsa (National Security Agency) ma soprattutto grazie al Nop (National Origliator of Procure), sappiamo tutto da tempo, e i dettagli offerti negli ultimi giorni da Wikileaks, sui quali la procura di Roma ha aperto un’indagine che promette di essere comica (a testimoniare il dottor Barack Obama?), non fanno che confermare quello che tutti sapevano già. Nel 2011, ma va?, le cancellerie internazionali erano preoccupate dalla progressiva decomposizione del governo Berlusconi e le non riforme fatte dal Cav., ahinoi, contribuirono a far schizzare in aria lo spread e ad accelerare la fine di quel governo (più che evocare una commissione parlamentare d’inchiesta sul “complotto” del 2011 Forza Italia dovrebbe organizzare una seduta spiritica per ricordare gli errori fatti dal governo in quei mesi che portarono al suicidio di quello stesso governo). Del Berlusconi 2011, dunque, sappiamo tutto. Ma se la National Security Agency dovesse spiare il governo Renzi, per capire cosa sta combinando il Rottamatore, cosa ascolterebbe? Il Foglio è entrato in possesso dei nastri che la National Security Agency riceverebbe se fosse all’ascolto delle conversazioni private del presidente del Consiglio e in esclusiva planetaria, galattica (offre ai suoi lettori il contenuto di quei nastri, divisi in quattro file: file “Grillo”,  file “Europa”, file “Elezioni”, file “Riforme”. It’s a joke. Clic.

 

Grillo. “Angelino, hai visto? Ci sono cascati ancora. Come chi? I 5 stelle! Pazzesco, no? Ogni volta la stessa storia. Come se non avessero capito lo schema. Io faccio finta di coinvolgerli, mi mostro disponibile, gentile, fiducioso, allungo la mano verso di loro, come ho fatto nel 2014 con la legge elettorale. Poi aspetto il primo errore e appena sbagliano zac: via la mano. Perfetto, no? Io ho la possibilità, così, di dire che sono dei cazzoni, che sono inaffidabili, che sono loro a non voler riformare nulla, e che è colpa loro se il governo non si apre al civismo a cinque stelle ed è costretto, ah come non vorrei!, a stare con il centrodestra – ti offendi Angelino se ti chiamo ancora centrodestra? E anche questa volta mi hanno fatto, ci hanno fatto, tesoro, un bel regalo: la legge sulle unioni civili, come sai, non la volevo con le adozioni ma non potevo dirlo – in fondo sono sempre il segretario del Pd, e dovevo provarci, o almeno dare l’impressione. E così, zac, grazie ai grillini, grazie al loro passo indietro, il solito passo indietro, posso dire che sono stati loro a far saltare le adozioni, che sono stati loro ad aver fatto saltare una riforma di sinistra e che sono stati loro ad aver costretto il Pd a fare, ah poveri noi!, una legge con Ncd. Se permetti, un capolavoro. La sinistra non si arrabbia perché c’ho provato, anche se non ci sono riuscito. I cattolici non si arrabbiano perché c’ho provato ma non ci sono riuscito. Grillo, vedrai, perderà ancora un Quarto di consenso, e noi potremo arrivare insieme solidi e compatti fino alla fine della legislatura. Quando sarà la fine della legislatura? Angelino, ovvio: 2018, non 2017, stai sereno, di che ti preoccupi?

 

Riforme. “Mario, tu hai ragione, e fai bene a ricordarmelo, e lo so che ti creo problemi in Bce, che hai i tedeschi che ti soffiano sul collo, che hai paesi del nord che si lamentano, che hai Schäuble che è lì che ringhia. Ok. Ma credimi, davvero, altro non posso fare. Dimmelo, su: come posso mettere in piedi una revisione della spesa pubblica mastodontica, come quella che mi suggerisci di fare, senza avere un ritorno negativo sul consenso del mio partito? Sì, ho capito, le riforme di buon senso non sono sempre quelle che portano consenso, ma purtroppo, a differenza di Monti, io i voti devo guadagnarli, e a giugno ho le elezioni e a ottobre ho il referendum, e non avere voti significa, per voi, non avere più questo governo – e senza questo governo non vorrei dire ma non è vero che c’è il nulla: c’è Grillo, c’è Salvini. Perdonami, ma altro non posso fare. Quest’anno, per tutto il 2016, dovrò andare avanti con riforme a costo zero, come le unioni civili, e dovrò trovare un modo per avvicinarmi alle elezioni senza traumi, senza alzate di ingegno e soprattutto senza perdere consenso. Quindi, ascoltami, te lo dico con sincerità e spero con tempismo, e spero a viso aperto: non prenderla come una cosa personale se non taglierò il debito pubblico, se regalerò qualche euro e se chiederò più flessibilità. Mi tocca. Facciamo passare il referendum. E poi, forse, dopo ottobre, forse, qualcosa, forse, si potrà fare, forse.

 

Elezioni. “Luca, Maria Elena, io lo penso davvero, non sto scherzando. Non ho intenzione di andare a votare il prossimo anno: c’è pure il G7, via. Vedete. Sono convinto che la ripresa ci sarà, so che non sarà forte come dovrebbe essere, ma la strada, ora, comincia a essere in discesa e più questo governo durerà, più risultati potremo portare alle prossime elezioni. E poi lo so che può sembrare un dettaglio ma pensateci. Oggi il nostro governo è il sesto più lungevo della storia della Repubblica: 731 giorni. Tra due mesi supereremo il terzo governo Moro (852). Tra tre mesi il primo governo Prodi (887). Tra un anno il primo governo Craxi (1.093). Tra un anno e mezzo il quarto governo Berlusconi (1.287) e diventeremo il secondo governo più longevo della storia. Ci pensate? Sì, lo so, conosco l’obiezione: una volta approvata la riforma costituzionale e una volta sbloccata la legge elettorale, che si sblocca il primo luglio, che senso ha non capitalizzare il consenso e farci un Parlamento, e magari un governo, a nostra immagine e somiglianza? E’ un’obiezione che capisco, anche perché votare tra un anno ci permetterebbe di cogliere di sorpresa i nostri avversari, ma credo sia un’opzione realizzabile solo di fronte a due condizioni: trionfo totale al referendum e rallentamento dell’economia. A quel punto si potrebbe capitalizzare e andare al voto. E volendo ci sarebbe anche un modo semplice per farlo: sfidando l’Europa con una legge di stabilità strong studiata per tagliare le tasse. E se ci saranno le condizioni per andare al voto, in anticipo, la sfida la faremo proprio su questo: flessibilità per tagliare le tasse. Voglio vedere chi potrà dirci di no”.

 

[**Video_box_2**]Europa. “Angela, de-de-de-de, you are right, i know, lo so, ma come ho già detto a Mario non posso fare altro: Tina, there is not alternative. Io, con un sorriso, ti dico che ho bisogno di soldi, ok?, e che quel furbacchione di Juncker non ha dato all’Italia quello che aveva promesso con il suo piano per la crescita. Tu la vedi la crescita? Io no, ok? Sì, lo so, ricordo bene quel giorno. Ricordo quell’undici marzo 2014 , durante il mio primo Consiglio europeo, quando nessuno mi conosceva e tu mi prendesti per un braccio, love, e mi presentasti a tutti dicendo: this is my friend Matteo, together,  we will save Europe, o qualcosa del genere. La mia amicizia con te rimane, Angela, e mi spiace che tu sia delusa. Ma io sono convinto che serva una scossa. E converrai con me che non conviene neanche a te, e neanche alla Commissione, essere troppo rigidi con l’Italia. Che fai? Ci togli i viveri, ci togli i soldi, non mi permetti di comprare un po’ di consenso, e apri la strada al populismo? Angela, ricordalo: non c’è riformismo senza un po’ di populismo. Ma no, dai, non ti offendere. Lo sai che non faccio sul serio quando ti critico. Devo farlo per questioni interne, il consenso, Salvini, Grillo, Brunetta, gli anti europeisti. Non c’è un italiano che non sia con me quando dico che la Germania – non Angela, la Germania – non può esagerare con l’austerità. Lo fai anche tu, my friend, quando parli di immigrazione. Davvero pensi che il problema dell’Europa siano gli hotspot italiani? Bischerona! Angela, dai, diciamo la verità. Lo sai che François, lì a Parigi, non ha futuro, lascialo stare. Il futuro siamo noi. Datemi una flessibilità e solleverò il mondo. Un sorriso, Matteo”.
Clic.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.