Il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Un Renzi da leccarsi i baffi

Giuliano Ferrara
Ha l’aria di uno che si è messo a traballare, ho suggerito anche che faccia una cura ingrassante, ma la sua conferenza stampa di ieri (banche, Europa) è stata spiazzante, di un altro pianeta. E allora, sì, evviva il lecca lecca.

Sì, non dovrei leccare il presidente del Consiglio in carica. Ma ci sono abituato, è più forte di me. In tanti affettano disgusto per chi detiene il potere politico. In tanti pensano che il dovere di chi scrive sui giornali è la critica, la denuncia, la protesta, lo scandaglio dei misteri del male di palazzo, si abbiano o no le prove (come diceva PPP), il papà della Boschi, il lettone di Putin, i conflitti di interesse che si vedono. Siamo un paese di gente indipendente, che scommette la testa, bene attaccata sul collo, sulla libertà di dannare, la famosa liberté de blâmer senza la quale, diceva Beaumarchais, non vi è éloge flatteur: siamo gente forte, robusta, capace di far soldi e di far carriera nell’unico modo lecito, sputtanando il prossimo politico tuo, e magari alla fine ci si converte alla chiesa francescana, che è misericordiosa, e ci si fa contenti, ricchi e contenti. Io però sono fragile, sono un salariato di successo che non ha brigato per cariche e onori, a parte il seggio del Mugello che non mi hanno voluto dare preferendomi Di Pietro, quei disgraziati; a parte l’elezione alla Camera nella lista contro l’aborto, che non ha riscosso il successo clamoroso che ci attendevamo (oddio: alla televisione ci tenevo, il Parlamento europeo nell’89 con Craxi e De Michelis era interessante, fare il ministro nel primo governo Berlusconi era una bella prospettiva, roba che rende e prepara una lunga stagione alla direzione di un quotidiano, guarda tu). Sì, sono fragile, ho bisogno di adulare: una volta il partito, una volta Craxi, una volta il Cav., ora Matteo. E’ un impulso, qualcosa di tossico che implica dipendenza.

 

La conferenza stampa di ieri a Palazzo Chigi, che ho ascoltato su Radio radicale, era di un’esplosiva efficacia. Renzi come una volta Berlusconi ti fa stare su un altro pianeta. Sono due che spiazzano, e Renzi come l’altro ti dà l’idea di un’avventura giustificata: dalle circostanze, da tempi severi e allegri insieme, dalla necessità di fare qualcosa. A differenza dell’altro è un professionista politico, e questo lo aiuta, certo, ma lo storytelling non è tutto, non è solo comunicazione, e anche superba, ironica, goliardica, ma rassicurante, solida, perizia di stato. C’è l’elenco dei fatti, che accomuna Renzi e il Cav., e l’orgoglio di averli prodotti in poco tempo. Il Cav. magari bluffava un tantino, perché sapeva il che ma non il come, guidava coalizioni del cazzo con i Casini e i Fini, s’appigliava a tutto un po’, doveva difendersi dagli sciacalli, in tribunale per di più, e dai guardoni che facevano girotondo, lo hanno fatto per vent’anni anche senza la partecipazione di Renzi. Era geniale e regale, ma insomma. Questo che è un pro, un pierre e uno statista boy-scout pieno di energia, giovanissimo, rivolto a un lieto futuro nel settore privato, subito dopo la fine dei due mandati nel 2023, parla da Dio.

 

[**Video_box_2**]La crisi borsistica? Turbolenza. L’Europa? La smettano di metterci in riga, ora tocca a noi. La critica? E’ sempre lecita e benvenuta. Però, dice, ecco che una sfilza di riforme di ogni genere è stato possibile inanellarla, forse, perché abbiamo rottamato qualcosa e qualcuno. Vuoi dargli torto? Puoi dargli torto? Impossibile. Ma la cosa importante è il tono. La sicurezza di tratto, in partenza per Losanna dove lo aspettano i due mejo bellimbusti della scena nazionale, i Malagò e i Montezemolo, per la conquista improbabile delle Olimpiadi nella città della mafia, Roma. Ho scritto che me ne fido. Ed è così. Ha l’aria di uno che si è messo a traballare, ho anche suggerito che faccia una cura ingrassante, ma la conferenza stampa era un capolavoro tecnico. Congratulazioni.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.