Beppe Grillo (foto LaPresse)

La Cosa di Casaleggio al posto della Casa del Grande Fratello

David Allegranti

Nel reality show di Livorno il Movimento 5 stelle scopre che il marchio di Grillo eccome se c’è ancora. Lunedì tre consiglieri comunali dissidenti del M5S di Livorno, contrari al concordato preventivo in continuità di Aamps, la super indebitata municipalizzata che si occupa di rifiuti, sono stati espulsi dallo “staff di Beppe Grillo”.

 

Via il nome dal simbolo, per aprirsi verso altri mondi, altri elettorati, più liberi e più belli. Un mese fa, il M5S aveva annunciato il nuovo simbolo con l’enfasi del Grande Evento: niente più Beppe Grillo sul marchio del MoVimento, di cui però resta il proprietario. Persino il tour programmato e il ritorno all’attività di comico avevano consegnato nuovi scenari ai posteri. Macché.

 

Lunedì tre consiglieri comunali dissidenti del M5S di Livorno, contrari al concordato preventivo in continuità di Aamps, la super indebitata municipalizzata che si occupa di rifiuti, sono stati espulsi dallo “staff di Beppe Grillo”. E come? Con un’email, naturalmente, che è la purga staliniana nell’epoca del 2.0.

 

“Le scriviamo in nome e per conto di Beppe Grillo…”, si legge nella lettera recapitata ai consiglieri, che dieci giorni fa erano già stati sospesi per aver criticato l’attività politica del sindaco Filippo Nogarin. Un tempo sarebbero stati considerati colpevoli di attività controrivoluzionarie, oggi invece sono rei di aver fatto “attività propagandistica contro lo stesso MoVimento 5 Stelle” e di aver manifestato “pubblicamente sfiducia assoluta” nei confronti della giunta livornese: “Non avendo ricevuto sue controdeduzioni in merito atte a rivalutare la sua posizione - scrive lo staff - si conclude il procedimento avviato con la predetta email del 4 dicembre disponendo la sua espulsione dal MoVimento 5 Stelle. Se pensa che questa decisione sia basata su informazioni non corrette può proporre il suo ricorso entro 10 giorni da questa email al Comitato d’Appello”.

 

“Pensavo di ricorrere direttamente in Cassazione”, dice sarcastico uno dei consiglieri espulsi, Giuseppe Grillotti, che si è rifiutato di presentare appello. “Non servirebbe. Sono i vertici del M5S - aggiunge - che hanno chiesto la nostra testa”. Ma queste non sono le uniche espulsioni a Livorno. Nei giorni precedenti, all’assessore all’ambiente Giovanni Gordiani, critico come i consiglieri sul concordato preventivo, erano state revocate le deleghe da Nogarin. Secondo il sindaco l’attività dell’assessore dissidente - ex iscritto al Pd di Pistoia - non era stata “sufficientemente efficace”.

 

“Nogarin e il M5S a Livorno - ha detto Gordiani in un’intervista a l’Unità - sono un bluff: non c’è democrazia, non c’è partecipazione. Il M5S nazionale sta avallando questo comportamento e ne è partecipe. I meetup dovrebbero essere luoghi di partecipazione e proposte e invece sono portatori di interessi di parte”. Insomma, ormai il M5S è una sorta di reality show, degno del collettivismo oligarchico del fantautore Emmanuel Goldstein narrato da George Orwell. Solo che in questo show, al posto della Casa del Grande Fratello, c’è la Cosa di Gianroberto Casaleggio. Tutto un inno al gentismo, alla libertà e alla partecipazione, poi però si scopre che si chiama democrazia diretta perché c’è qualcuno che la dirige e ti dice: “Per te il MoVimento finisce qui”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.