Non è Buzzi che non è attendibile, è Mafia Capitale che è tutta da dimostrare

Redazione
Buzzi denuncia a destra e a manca, e questo ai pm va bene. Ma non corrobora la tesi della procura sulla associazione mafiosa di Gianni Alemanno. E questo, allora, non va più bene.

La procura romana diffida delle dichiarazioni di Salvatore Buzzi, e può avere, tecnicamente, ragioni valide per farlo. Però ha scelto l’unica ragione che appare inaccettabile. Buzzi denuncia a destra e a manca, e questo va bene, ma non corrobora la tesi della procura sull’associazione mafiosa di Gianni Alemanno. E questo non va più bene. Le dichiarazioni degli imputati (che secondo il Codice penale hanno il diritto di mentire) non possono essere valutate in base alla loro adesione alla strategia e alle tesi dell’accusa. Questo è il metodo usato già in molti altri casi, da Tangentopoli ai “pentiti” di mafia, con conseguenze poco edificanti.

 

La procura ha il dovere di raccogliere prove a sostegno delle imputazioni, non può pretendere che teoremi traballanti vengano tenuti in piedi da confessioni più o meno manovrate. L’inversione del principio dell’onere della prova ha poi effetti distruttivi sull’attendibilità di tutta la procedura giudiziaria. Quando l’ambiente interessato ha connotati politici, è evidente il rischio di una selezione partigiana, che accoglie le indicazioni che vanno contro imputati di una parte e trascura quelle che vanno nella direzione opposta. Un imputato come Buzzi può avere interesse a chiamate di correità le più estese possibile, ma giustamente la procura pensa che quelle restano ipotesi di reato finché non siano suffragate da elementi di prova oggettivi. Lo stesso deve valere per le presunte omissioni: la procura deve trovare prove a sostegno delle proprie accuse o farle decadere, del tutto indipendentemente dalla strategia difensiva di Buzzi e di altri.

 

[**Video_box_2**]Se non si torna rapidamente a un metodo di indagine rigoroso, alieno dal protagonismo e dall’esercitazione in teorie politico-giudiziarie, non si potrà dare corso a un procedimento limpido, che non venga considerato come una azione guidata da pregiudizi (o forse anche da giudizi) di natura politica che non competono ai magistrati. La grande bolla giudiziaria costruita attorno alla presunta “Mafia Capitale” e al monstrum giuridico che rischia di generare deve essere ricondotta alla ricognizione su specifici reati e su responsabilità personali, che sono l’ambito di azione proprio della magistratura. Ma questo sgonfierebbe la bolla politico-mediatica. E il comportamento della procura sembra andare nella direzione opposta e sbagliata.

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